La terra è una risorsa in tutti i sensi: offre cibo e bellezza ai territori. Dà lavoro a molti ed oggi è una nuova speranza per le giovani generazioni.
Infatti andando a leggere le statistiche del 2017, si nota come l’Italia si pone come leader europeo di aziende agricole giovani con un aumento del 7% di imprese giovani rispetto al 2016. Un dato che va in controtendenza rispetto all’andamento del settore che vede perdere 2.400 aziende nel 2017. Il Sud ed il centro Italia guidano la classifica dello sviluppo di queste nuove imprese.
Un’interessante comparazione è quella tra i cervelli italiani in fuga ed i giovani che, invece, investono in attività nel nostro paese:nel 2016, i giovani emigrati, con un’età compresa tra i 18 e i 39 anni, sono 61mila, mentre gli under 35 che aprono nuove attività sono pari a 114mila nello stesso periodo, di cui 9850 in agricoltura il 9% del totale.
Di notevole rilevanza è l’identikit del giovane che ci propone la Coldiretti: 1 su 4 è laureato, amano viaggiare e girare per il mondo, abbastanza forte è la presenza di donne. Hanno un forte potere innovativo e sono capaci di creare nuova occupazione e aprirsi a nuovi mercati; il loro fatturato è il 75% più alto della media e hanno una superficie lavorabile più alta della media.
I fondi PSR europei sono un elemento che hanno prodotto la crescita di queste attività: i dati ci dicono che il 61% di tali fondi sono investiti per il Sud. Tuttavia i costi da affrontare sono molto elevati: infatti l’impegno economico di partenza oscilla tra i 30mila e i 50mila euro.
I dati ci hanno mostrato un trend positivo per il futuro del settore primario, ovviamente sta alla politica cogliere quest’opportunità: accompagnare il settore primario per il rilancio dell’occupazione giovanile e per lo sviluppo di nuovi sistemi agricoli potrebbe essere una sfida da cogliere. In tal senso, servirebbe al settore il rilancio di una nuova riforma agraria a 360°.
In tal senso bisognerebbe ascoltare tutti i potenziali portatori di interessi del settore per dar vita ad una nuova agricoltura che sappia diminuire i costi senza però andare a discapito della qualità, che crei cooperativi e distretti agricoli capaci di competere nel mondo globalizzato e che si apra al mondo sociale e culturale attraverso partnership con le scuole e la cultura.
In più sarebbe opportuno ricreare un sistema fiscale incentivante che premi la produzione delle terre, che ammortizzi i costi delle aperture di nuove aziende e che premi la maggiore occupazione. Non da meno va sottovalutato il discorso agricolo sociale capace di inserire la disabilità nel primario e di rintrodurre nel mondo del lavoro che esce da percorsi di droga o detenzione. Invocare una nuova riforma agricola 3.0 è doveroso per riportare l’agricoltura al centro di una nuova società neo agricolo-industriale.