Caro Barbadillo,
accolgo volentieri il tuo invito a rispondere alla valanga di critiche, per un articolo che ha avuto oltre 60mia lettori, sparate sulla mia recensione al film della Cortellesi, “C’è ancora un domani”. Si vede che, del tutto involontariamente, ho messo il dito in una delle tante piaghe della nostra società. Della vostra selezione, metto da parte le invettive personali, che non meritano risposta, e mi riferisco in particolare a quelle che da uno scritto pretendono di dedurre gli aspetti della personalità dello scrivente, a loro ovviamente ignoto. L’articolo poi si può condividere o meno, possibilmente argomentando puntualmente le critiche, ma si va fuori dal seminato – e dalla buona creanza – quando ci si limita a sputare sentenze sulla “scarsissima intelligenza” dell’autore e sul suo “partito preso” (da che pulpito!).
A quelle esagitate, se ne valesse la pena, dovrei rispondere con tutta un’esistenza dedita alla famiglia, donne incluse (ci mancherebbe!), ben lieto dei traguardi raggiunti da moglie, figlia e nipoti (femmine). A queste signore, tuttavia, sono certo che nulla importerebbe di tale testimonianza, condivisa da tutti quelli che mi hanno conosciuto; a loro importa solo agitare i vessilli di un’ideologia che troppo spesso ha prodotto frutti avvelenati, in particolare incidendo negativamente sui rapporti uomo-donna.
Qui il discorso sarebbe lungo e non affrontabile nello spazio di un articolo; dico soltanto che le estremizzazioni di ogni posizione sono sempre nocive: giusto il cammino verso l’emancipazione civile e politica delle donne, ma questo non dovrebbe sfociare nel livore che non traspare certo dal mio articolo e che invece impregna quegli attacchi. Fra l’altro, vorrei capire dove hanno visto “l’astio” nelle mie critiche – garbate, secondo altri – ad un lavoro che, proprio in apertura, avevo definito “dignitoso”…
Quanto alla “partita persa dagli uomini meschini che non accettano un rapporto che non sia quello di dominio (sulla donna)”, forse chi ha scritto questo ha in mente soltanto i casi di stupri e di stalking (spesso imputabili a soggetti provenienti da altre culture) e quelli di femminicidio, ma è giusto ispirarsi alla sola cronaca nera per stilare un ritratto della società e individuarne le linee evolutive? Se si guarda alla società nel suo complesso, grazie al cielo, di questa prevaricazione resistono tracce quasi soltanto nel mondo del lavoro, ed è qui che dovrebbero intervenire educatori, legislatori, sindacati, in una prospettiva di totale effettiva parità e di conciliazione generalizzata. Insomma. Dov’è questa cappa d’ingiustizie e prepotenze a danno del genere femminile nel nostro paese? Non certo nelle leggi e nelle sentenze, non nel diritto di famiglia, non nell’accesso alle professioni – perfino le più, come dire, mascoline – e meno che mai nel comune sentire, e non solo delle giovani generazioni.
Quanto alla mia esperienza di bambino degli anni 50 del Novecento, comune a quella di tanti miei coetanei, non ricordo episodi paragonabili a quelli del film, caratterizzati da violenza e disistima nei confronti delle donne di quella storia; del resto, ne sono testimonianza altri film dell’epoca, a partire proprio da quel “Bellissima” che ho citato e – a proposito di emancipazione civile e politica – da quella “Onorevole Angelina”, che ritrae ancora una splendida Anna Magnani in veste di popolana sanguigna che tenta le vie della politica nel nome della giustizia sociale. Insomma, la buona causa delle donne – che, mi perdoneranno, mi ostino a distinguere dalle femministe – si sarebbe giovata, stavolta, da qualche mossetta e smorfietta in meno, ma poco importa: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire e non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere (e capire).
Concordo con Del Ninno. Anch’io bambino a Torino negli anni ’50 non ho mai visto o sentito di violenze contro le donne nella mia famiglia, parecchi zii compresi, ed anzi mi sovvengo di ‘donne piuttosto dominanti’ nei rispettivi ambiti familiari. Solo un ricordo, per il poco che vale. Avrò avuto 10 anni e, con scandalo ed indignazione, mia madre commentava, a tavola, quanto le aveva riferito una conoscente siciliana: che in Sicilia era ancora abbastanza comune che gli uomini picchiassero le mogli! (ma della Sicilia la maggioranza dei conterranei aveva una conoscenza popolare, ridotta, filtrata dalla massiccia presenza di emigrati nella grande città industriale, come di un’isola in fondo più africana che europea, non di grandi scrittori ed aristocratici…)
Sono nato a Palermo nel 56, 10 anni dopo dell’ambientazione del film. In casa mia si è respirato un clima sereno, niente prevaricazioni nei confronti delle donne di casa, mia madre e mia sorella. Eppure il film mi ha fatto riflettere. Mia sorella, che era la più grande dei 4 figli, ha fatto solo la scuola dell’obbligo, mentre i figli maschi hanno proseguito gli studi. Tornando ai giorni nostri, ho un nipote che dice alla sorella “stirami la camicia” e lei non lo manda a quel paese. Media borghesia. Cose che mi sono ritornate in mente con il film. Paragonare il film, bellissimo, della Cortellesi ai classici con Anna Magnani è un’operazione ingenerosa. Il panorama è il cinema italiano di oggi e il film della brava Paola risalta come un diamante.
Gianni
Condivido pienamente.
Giovanni. Sei proprio sicuro: Tornando ai giorni nostri, ho un nipote che dice alla sorella “stirami la camicia” e lei non lo manda a quel paese. Ma chi ti crede? O sei una femminista donna sotto mentite spoglie?
Penso che leggere la società solo partendo dai casi personali sia fuorviante e possa essere utile solo a livello statistico
Se ne potrebbero raccontare altrettanti che smentiscono la bucolica visione di una società ideale , anche perché queste problematiche hanno rivestito e rivestono un carattere estremamente trasversale ai ceti ed al livello culturale
Il delitto d’onore è stato formalmente abrogato dal Codice solo nel 1981
Mi sembra uns migliore chiave di lettura
Comunque il fatto di aver scatenato un simile dibattito(tra decine di analisi critiche che si dimenticano in fretta o lasciano indifferenti)è già un grande successo per il recensore.