Meglio tardi che mai. Il vecchio adagio si addice alla notizia secondo la quale un gruppo di dipendenti di Google è riuscito a fondare un sindacato. E’ il primo della Silicon Valley: il mitico fortilizio dell’innovazione e della nuova tecnologia, il tempio delle big tech, la Valley diventata la capitale del lavoro targato Terzo Millennio. Emozione e fantasia, oltre che naturalmente grande capacità innovativa nei prodotti, sono stati – per decenni – gli strumenti attraverso i quali Google, Facebook e le tante aziende della Valley hanno saputo costruire la loro immagine, intrecciandosi con le vite dei loro dipendenti. Al punto da considerare inutile ogni intermediazione sindacale. Non solo perché contraria alle modalità organizzative delle rispettive aziende, ma alla stessa economia della conoscenza, che le legittimava sul nascere.
Il nome del nuovo soggetto sindacale è Alphabet (l’azienda holding a cui fa capo Google) Workers Union, affiliato al Communications Workers of America, un sindacato che rappresenta i lavoratori delle telecomunicazioni negli Stati Uniti e in Canada. Ad aderire qualche centinaio di lavoratori (tra i duecento ed i quattrocento): poca cosa rispetto ai 260.000 dipendenti della Google, sparsi per il mondo, ma certamente un segnale importante che rompe con una prassi consolidata ed inizia a squarciare il velo di conformismo che ha segnato fin qui le relazioni sociali nella Valley e nello specifico in Google, dove a novembre sono stati licenziati quattro dipendenti, impegnati a costituire un’organizzazione sindacale e per questo accusati dall’azienda di violare la privacy dei colleghi.
A quali principi si richiama l’ Alphabet Workers Union ? Ecco in sintesi gli orientamenti di base:
- Tutti i lavoratori di Alphabet meritano una voce: dipendenti a tempo pieno, dipendenti temporanei, appaltatori e fornitori. “Ci prendiamo cura e ci sosteniamo a vicenda lottando per un dialogo aperto e continuo tra i membri del sindacato”.
- La giustizia sociale ed economica è fondamentale per ottenere risultati giusti. “Daremo la priorità ai bisogni dei più poveri. La neutralità non aiuta mai la vittima”.
- Tutti meritano un ambiente accogliente, libero da molestie, fanatismo, discriminazione e ritorsioni indipendentemente da età, casta, classe sociale, paese di origine, disabilità, razza di genere, religione o orientamento sessuale.
- Tutti gli aspetti del nostro lavoro dovrebbero essere trasparenti, inclusa la libertà di rifiutarsi di lavorare su progetti che non sono in linea con i nostri valori. “Dobbiamo conoscere l’impatto del nostro lavoro, che si tratti di lavoratori di Alphabet, delle nostre comunità o del mondo”.
- Le nostre decisioni vengono prese democraticamente, non solo eleggendo i nostri leader che stabiliscono l’agenda, ma ascoltando attivamente e continuamente ciò che i lavoratori ritengono importante.
- Diamo priorità alla società e all’ambiente invece di massimizzare i profitti a tutti i costi. Possiamo fare soldi senza fare il male.
- Siamo solidali con i lavoratori e i sostenitori di tutto il mondo, che stanno combattendo per rendere i loro luoghi di lavoro più giusti e chiedono che l’industria tecnologica si rifiuti di mantenere le infrastrutture di oppressione.
“Siamo entrati in Alphabet – hanno scritto sul “New York Times” i responsabili della Alphabet Workers Union – perché volevamo costruire una tecnologia che migliori il mondo. Eppure, più volte, i leader aziendali hanno anteposto i profitti alle nostre preoccupazioni. Ci stiamo unendo – temporanei, fornitori, appaltatori e dipendenti a tempo pieno – per creare una voce unificata dei lavoratori. Vogliamo che Alphabet sia un’azienda in cui i lavoratori abbiano voce in capitolo nelle decisioni che riguardano noi e le società in cui viviamo”.
A chi ha alle spalle una forte consapevolezza sociale (con le relative ricadute contrattuali) certi richiami sembrano essere minimalisti. In realtà essi testimoniano come anche nel cuore del nuovo capitalismo tecnologico e post industriale stia crescendo una volontà di rappresentanza sociale che, proprio per il particolare contesto in cui è nato, la Silicon Valley, ha un valore simbolico di non poco conto e da non sottovalutare. Se sono fiori, fioriranno.
Se leggete l’Ansa di ieri alle Molinette di Torino hanno operato con un robot una paziente, da sveglia , affetta da tumore maligno.
In questo specifico caso il rapporto tra le figure a rischio di estinzione e “nuove professioni” è di 3 ( chirurgo, anestesista e strumentista) contro 1 (tecnico robotico)
La cosiddetta disruptive innovation è un fenomeno globale a cui non so quanto possano essere attrezzati i sindacati e i vari Governi occidentali nell’affrontarla per sperabilmente gestirla
La priorità all’ambiente dei Musk e Tesla è non solo una menzogna, una grande ipocrisia, ma è un insulto all’intelligenza.