Non tutti i bravi calciatori diventano bravi allenatori, e così non tutti i bravi attori diventano bravi registi. Con il suo “C’è ancora domani”, Paola Cortellesi, da tempo affermata nel suo ruolo d’interprete, dimostra di saper stare dignitosamente anche dietro la macchina da presa, così promettendo un futuro anche a se stessa nella sua nuova veste. Quello che sta riscuotendo un successo di pubblico forse inaspettato è infatti un film che parte dal passato per lanciare un messaggio di speranza sul futuro, prendendo spunto dalla condizione femminile.
I film a tema espongono gli autori al rischio non tanto del partito preso, quanto della esasperazione dei toni, e se un addebito si può muovere alla Cortellesi, è proprio quello di non aver saputo – o voluto? – “dosare” i caratteri, attribuendo ai protagonisti una caricatura – alla lettera – simbolica: siamo a Roma nel giugno del 1946, all’indomani della guerra perduta e alla vigilia del referendum “monarchia o repubblica”, in occasione del quale, per la prima volta, alle donne verrà riconosciuto il diritto di voto. Questo il dato temporale; quanto al luogo, la vicenda di Delia (impersonata dalla Cortellesi) e del marito Ivano (un imbolsito Valerio Mastandrea), genitori di una ragazza in età da marito e di due pestiferi maschietti, si svolge nel popolare quartiere di Testaccio.
Le strade di Roma sono ancora pattugliate dalle jeep della ”Military Police”, i generi alimentari sono razionati, le sigarette sono un bene prezioso (ma si può fumare dovunque) e, come il vino, si vendono anche sfuse; i bambini giocano nei cortili dei caseggiati popolari e per il lavoro ci si arrangia: così Delia ripara ombrelli, fa iniezioni, stira panni per conto di altri e, naturalmente, accudisce la famiglia, che include un suocero infermo e dispotico.
Tanto per far capire l’atmosfera – e la cultura – dell’epoca, il film si apre col risveglio dei coniugi nella camera da letto del loro appartamento in un seminterrato, quando, senza alcun motivo – a mo’ di buongiorno… – Ivano molla un ceffone alla moglie. Ma questa è solo la prima delle esagerazioni “imposte” alla regista dall’esigenza di dimostrare il suo teorema: c’è infatti tutta una sequenza di situazioni dove l’uomo di casa non perde occasione per denigrare la moglie, anche davanti ai figli, e lei a questi ultimi – e ai vicini – si mostra docile fino ad un’esasperante passività.
Chi scrive non era nato in quel 1946, ma ha vissuto la realtà degli anni 50 del Novecento, tanto da poter dire che non ricorda simili eccessi di quella cultura dominante, indubbiamente ispirata al patriarcato. Del resto, nel film quello sminuire la figura femminile non è esclusivo di una classe sociale: quando Delia entra in un appartamento altoborghese per consegnare un suo lavoretto, assiste a una tirata del padrone contro la consorte, non troppo dissimile da quelle che le infligge Ivano.
Ma c’è un’altra lacuna in questa narrazione: in un periodo in cui ancora si cantava l’antico successo di Beniamino Gigli, “Mamma”, proprio non vi è traccia, nella protagonista, di un sentimento materno che vada oltre i doveri di accudimento. E’ vero, Delia si preoccupa per la figlia maggiore, nel momento in cui sta per sposarsi con un ragazzo che le vuol bene, ma manifesta quell’istinto di possesso che, lei teme, sarà alla base delle prepotenze fatali in un rapporto coniugale, una volta esaurita la passione ed attenuato l’amore. Tuttavia, quella preoccupazione sembra scaturire più che da un sentimento materno, da una solidarietà di genere e cioè dal timore che alla ragazza tocchi un destino come il suo. “Pensaci bene, figlia mia, il matrimonio è per sempre!”: e già, il divorzio, le famiglie allargate, le convivenze senza neppure le unioni civili erano di là da venire…
Gli ambienti, va riconosciuto, sono ben ricostruiti ed è suggestiva la fotografia in bianco e nero; di sicuro, la Cortellesi ha tenuto presente la lezione del neorealismo, con particolare riguardo a un film come “Bellissima”, con il quale però sarebbe ingeneroso stabilire paragoni, data la classe irraggiungibile della Magnani e l’efficace misura di un regista come Visconti. Si colgono poi echi del Paolo Sorrentino di “Young Pope”, nella sfilata di personaggi per le vie del quartiere, e spiazzano lo spettatore momenti d’incongrui squarci di musical americani, nelle movenze goffe dei due protagonisti, che tra uno schiaffo e l’altro danzano come una caricatura di Ginger e Fred.
Ancora: la colonna sonora comprende “Perdonami”, cantata da Giorgio Consolini e, concedendosi una licenza temporale d’autore, “Aprite le finestre al primo sole” (che vincerà il festival di Sanremo nel 1956), brani che illudevano le fanciulle d’allora sulla delicatezza e la persistenza dell’amore; ma di tali sentimenti aurorali vi sono soltanto tracce illusorie nel racconto filmico; anzi, sembra che i soli amori duraturi siano quelli che non sfociano nel matrimonio (che, secondo il bizzoso suocero, andrebbe contratto solamente fra cugini e si dovrebbe fondare sulla silente obbedienza della donna, comunque da picchiare ogni tanto).
Il finale
Per preparare il finale – simbolico e liberatorio – non mancano, in Delia, nascoste trasgressioni: fa la cresta sui suoi stessi guadagni, al momento di consegnarli al marito despota; a proposito di amori infelici, indugia a chiacchierare con un suo antico e insistente corteggiatore, che le propone di seguirlo nella sua avventura lavorativa a Milano; accetta la classica cioccolata da un MP americano di colore e, soprattutto, grazie a questi, manda a monte il matrimonio della figlia, che già vedeva invischiata in una famiglia di spocchiosi neoricchi.
Ma viene il giorno della liberazione, che coincide non tanto con la morte nel sonno del suocero, quanto con il giorno del referendum, la cui eco risuona discreta in tutto il film, senza mai sfociare in considerazioni politiche: si vota, fra l’entusiasmo di masse di nuove elettrici, per il nuovo ordine di libertà e democrazia e, quanto alla storia privata di Delia, ci si prepara per una nuova vita, forse lontano dalla famiglia e comunque sciolta dalla schiavitù maritale. Insomma, c’è ancora un domani, carico di speranze ma anche di illusioni e disillusioni, oggi che quel futuro è sopraggiunto e che la parità di genere, pur tra tanti progressi, resta da completare, senza ignorare che il prezzo pagato per la loro emancipazione – compresa la nostra società – appare molto alto anche per le donne.
Questo ‘femminismo ideologico ed antistorico’ ha rotto gli zebedei….
L’ennesimo esercizio di autodenigrazione nazionale…
A forza di produrre film a tesi come questo, dubito ci sarà ancora un domani per il cinema italiano(tra l’altro in crisi nera da almeno 40 anni)…
L’ emancipazione di un essere umano è a prescindere dal genere che sia uomo o donna quindi trovo che aver danneggiato un altro essere umano in questi secoli perché donna, è a dir modo spregevole e non esiste maggior luogo comune nel dire che l’ emancipazione della donna ha portato rischi come se un essere umano pensante e con lo stesso sangue rosso nelle vene uguale a quello maschile non deve avere diritto di vivere e di essere libero.
Quando si guarda ma non si vede, si ascolta ma non si sente… Il film può piacere oppure no, ma quanto qui scritto è segno di scarsissima intelligenza, ovvero capacità di vedere. Capita a chi guarda, ascolta sempre e solo per partito preso. È infine segno di scarsa libertà, chi si muove per partito preso è catturato dai suoi dogmi, in questo caso l’antifemminismo a prescindere. Peccato, ennesima occasione persa per imparare. Dal confronto si impara.
Brutta bestia l’invidia…..
Si anche a me hanno dato fastidio fino a quasi meta’ del film i personaggi troppo caricaturale,ha conciato ad interessarmi dall’esplosione del negozio in poi perché si intravedeva una direzione diversa fino alla piacevole “sorpresa” del finale, che proprio perché ben resa come sorpresa mi ha fatto in parte rivalutare il tutto
Non mi piace questo articolo maschilista perché invece è profondamente vero che i maschi sono pesantemente così anche oggi.
Francamente il suo articolo è illeggibile, pieno di astio e di una partita persa dagli uomini meschini che non accettano un rapporto che non sia quello di dominio.
Le auguro di rinascere donna nella prossima vita.
Un uomo che critica una donna regista e attrie per come ha raccontato il vissuto delle donne…lei scivola, lei esagera, lei racconta una donna con troppo poco istinto materno…dice lui…direi un ottimo autogoal complimenti se ne sentiva il bisogno.
Io ho intravisto nel suo articolo solo molta acidità verso un’attrice che, non può e nemmeno pretende di essere una Magnani, ma che comunque, nonostante alcune sbavature, riesce a coinvolgere lo spettatore/spettatrice fino all’ultimo, piacevolmente sorpresi per il finale inaspettato.✌️
Grazie dei vostri commenti. La nostra è una recensione. Solo una recensione. E come tale va letta e condivisa o meno.
Sei superficiale e storicamente incapace di cogliere la realtà di quell’epoca come invece è riuscita perfettamente la Cortelloni. Barbadillo come critico sei penoso
Scusi, ma che film ha visto?
Per prima cosa, andrebbe scritto spoiler per rispetto di coloro che il film non lo hanno ancora visto.
Come sempre ho cercato di capire, di leggere senza preconcetti ma quando ho letto che ha accettato la cioccolata, che ha fatto la cresta sui suoi soldi, ho compreso che lei il film non l’ha proprio capito. Provi a riguardarlo, cercando di non mettersi lei al centro, lo guardi con altri occhi, provi a vederlo con quelli di sua nonna o di sua madre.
Un bel film. Con un messaggio chiaro e ricco di speranza. È un film per non dimenticare da dove sono partite le donne. Certamente vi sono delle esasperazioni, delle ripetizioni, ma resta un film delicato, che tratta un tema difficile con una certa leggerezza. Vi sono punte di comicità ed un finale a sorpresa. A me è piaciuto tantissimo. Ci sono sfumature che un uomo difficilmente può comprendere. Lo riveda senza avere preconcetti. Lo riveda senza pensare che la regista è una donna.
Per niente d’accordo con questa recensione (non a caso scritta da un uomo). È un film bellissimo che tutti dovrebbero vedere. L’ho amato dall’inizio alla fine.
Io trovo il film bello e originale. Paola Cortellesi ha confezionato un buon prodotto, anzi il film esprime una sensibilità tutta femminile, e nonostante l’ignoranza che domina l’ambiente sono poi i sentimenti e gli ideali a emergere. Questo articolo invece non ha aggiunto nulla anzi e’ assolutamente inutile leggerlo, si percepisce solo un po’ d’invidia. Delia e’ una mamma che come donna pensa molto al futuro di sua figlia. Brava Paola Cortellesi
I miei nonni amavano le proprie mogli e non facevano nulla di quello che suggerisce questo film. È il guaio dei film a tesi : partire con un’ idea preconcetta(in questo caso la malvagità del patriarcato) e, di conseguenza, sovraccaricare continuamente il tutto pur di dimostrare la propria tesi,fino al punto di ridurre i personaggi(universalizzati come figure archetipiche) a macchiette. Lodi a questa recensione che non si è unita alle altre(positive,spesso, per partito preso)…
Caro Walter, in Italia c’è ancora la libertà di critica e d’opinione. Su un film della Cortellesi come di qualsiasi altro regista. Non è obbligatorio condividere la nostra recensione. Evitare di insultare è invece una questione di stile. E ci fermiamo qui.
Viva il dissenso e la libertà
Caro Fausto,
ci faremo una ragione del fatto che non ti è piaciuta la nostra recensione. W il pluralismo d’opinione
Non condivido affatto tale recensione…purtroppo la realtà era quella. Una realtà caratterizzata dallo svilimento della figura femminile. Che in molte famiglie si manifestava con abusi e violenze
Io non ho insultato nessuno. Inoltre questa tattica di provocare e’ tipica di chi non ha idee. Forse dovreste cercare di aprire un po’ la mente
Trovo completamente fuori luogo il suo commento,animato soltanto da acido spirito ipercritico,non scorgendo assolutamente il significato e ,mi dispiace per lei la poesia di una storia quasi vera drammatica ma al contempo divertente. . È la vita . .dura ma è la vita di allora . .
Ho trovato il film molto bello,bravissimi gli attori,per me è stato rivivere anni in cui io sono nata,per tante donne la violenza e la prepotenza maschile erano pane quotidiano, potremmo riflettere poi che la violenza si può esprimere in tanti modi,non necessariamente fisica e che le donne hanno fatto tanta strada,non credere alla libertà raggiunta andando in giro mezze nude,ma che la strada per la vera libertà è ancora lunga e faticosa,basti pensare ai tanti femminicidi
Rispetto la tua libertà di critica, anche se non condivido, ma non rispetto lo spoiler che hai fatto in questa recensione; manchi di sensibilità verso il prossimo.
A me pare che sei tu che stai “sbavando”, per invidia ovviamente!!!
Trovo la recensione e giusta e aggiungo che non ho visto il film proprio per le ragioni ben esposte nel descriverlo. Le donne che hanno vissuto la guerra erano tutt’altro che succubi del maschio. Sono i
Cresciuta nel dopoguerra in una famiglia patriarcale ma mia madre era il contrario di docile. E icone lei le zie e le nonne.
Film bellissimo in tutti i sensi… bravissima la Cortellesi sia come attrice che come regista. Purtroppo ci sono gli invidiosi ed i maschilisti.
Il film della Cortellesi è un gran bel film,certo questo può disturbare qualche critico maschietto..certo Delia, che in una prima lettura, può sembrare passiva irritante,diventa una donnaforte quando impedisce il matrimonio alla figlia, e ancora quando i soldi destinati all abito nuziale ,li regala alla figlia per consentirle di continuare a studiare.Poi,l’effetto sorpresa che colpisce tutti..il voto per l’ inizio di un percorso che sarà l’unico a dare libertà alle donne…altro che debole donna Delia.Lode alla Cortellesi.
Primula Nera, i tuoi nonni sono solo i tuoi nonni, non esauriscono tutta la realtà di un Paese, questa autoreferenzialità è davvero spicciola, ingenua e fortemente viziata da una tensione all’auto assoluzione, evidentemente perché ci si sente “parte integrale e integrante” di quel patriarcato che si rimpiange con nostalgia. Lascia stare il colore rosso o nero, lei è una primula, dice la “prima” cosa che le viene in testa, ma svanisce subito per riaffiorare carsicamente. Mi saluti Meloni e amici tutti.
La critica mi sembra fin troppo severa, Cortellesi non è Magnani, ma soprattutto “non vuole” esserlo. Ha un suo percorso, lineare e coerente, una grande onestà intellettuale (merce rarissima!), nessuna spocchia (una rarità assoluta, visto il suo successo). Quelle che lei critica a me paiono, al contrario, una sua caratteristica, continuità e discontinuità che viaggiano tra passato e presente, come a richiamare lo spettatore, “non è finita”, sembra dirgli, e la scena del “balletto” mi è piaciuta perché molto attuale, la violenza vista come gioco sadico dei violenti sui più fragili. Un giudizio complessivo più che positivo, dunque, le sbavature pur presenti assolutamente scusabili, “la ragazza si farà, anche con le spalle strette”.
Il film di Paola Cortellesi è un capolavoro, geniale ed originale, emozionante ed istruttivo. Mi dispiace leggere commenti denigratori, provocatori ed arroganti: probabilmente si tratta di giudizi affrettati e superficiali.
Caro Walter, non c’è nessuna provocazione da parte nostra. Hai “solo” scritto che la nostra recensione “è inutile leggerla”. Su questo ovviamente non siamo d’accordo. Che bel mondo avremmo se si potessero leggere solo le recensioni approvate dai gestori del Truman Show…
Caro Walter, non c’è nessuna provocazione da parte nostra. Hai “solo” scritto che la nostra recensione “è inutile leggerla”. Su questo ovviamente non siamo d’accordo. Che bel mondo avremmo se si potessero leggere solo le recensioni approvate dai gestori del Truman Show…
Una recensione critica significa “sbavare” o avere invidia? Di film si può scrivere solo in maniera elogiativa? Chi lo ha deciso?
E’ solo recensione critica della pellicola. Lasciamo perdere invidia e maschilismo.
Cara Stefania, è una recensione critica. Non si vuole denigrare nessuno. Si può scrivere (ancora) che un film non ci è piaciuto, spiegando con garbo le motivazioni del nostro dissenso. Grazie
“spiegando con garbo le motivazioni del dissenso ” , tipo quello che usa Sig.Guidobono quando afferma che le “femministe gli hanno rotto gli zebedei” ?
Ciao Walter, ci appelliamo al suo buon senso. Noi rispondiamo dei testi pubblicati da Barbadillo. Buona giornata
Walter. Ho scritto un’altra cosa: ‘questo femminismo ideologico ed antistorico ha rotto’….
“E’ solo recensione critica della pellicola”. È vero, ma che brutta recensione. Sembra che tu abbia visto un altro film! Secondo me dovresti rivederlo con meno pregiudizi.
Sono un uomo del 1955, padre ferroviere e madre casalinga, mio padre di cui ho un bellissimo ricordo, persona socievole e affabile, impose, com’era normale a mia madre di lasciare il lavoro con prospettive di carriera, perché doveva fare la mamma. Il patriarcato all’ora, come adesso, non sempre si imponeva con la violenza fisica ma, spesso col: “è giusto è normale così”. La potenza di questo film è che la storia non è cambiata, i numeri dei femminicidi e delle violenze domestiche, ci dicono che spesso, il maschio non è cambiato. Credo che criticare questo film, che come tutti i film, avrà anche qualche difetto, dia visibilità e quindi rientri nel marketing dell’informazione. Care donne, non vi fate ingannare dalle battaglie vinte, la guerra contro noi maschietti è, purtroppo, ancora lunga.
Gentile Roberto,
una recensione critica non è “marketing”. E’ semplice libertà d’opinione. Grazie
Quello che è dato cogliere in quella recensione è solo una incommensurabile boria di chi è pervaso da un drammatico generale senso di inferiorità nei confronti della donna , e che cerca disperatamente di superare con una malcelata stucchevole autoreferenzialità:altro che libertà di opinione! Fare critica cinematografica è tutt’altra cosa.
Caro Elio,
qui si discute di un film. A molti è piaciuto, ad altri meno. “Un drammatico senso di inferiorità” è una valutazione di merito sul recensore che stona nel nostro piccolo dibattito. Per una lezione di critica cinematografica passiamo a registrarci al corso la prossima volta.
Film bruttino(poi ,per carità, tutto è soggettivo…)ma sembra se ne debba parlare bene per forza…Ci sono film o libri (generalmente vicini all’ideologia progressista dominante)trascinati spesso da tutta una serie di recensioni generose. Niente di male, ma si dovrebbe tollerare anche qualche rara voce discorde. Deve piacere per forza a tutti? C’è gente che ha criticato i film (questi davvero capolavori)di Kubrick o Fellini, mi volete dire che non si può criticare la Cortellesi?
Baobab, “la realtà di un Paese” non la esauriscono neanche personaggi immaginari concepiti a tavolino (a favore di una tesi)per un film…
Sembra ci sia un passaparola per correre a difendere online questo film. La “lesa maesta” ora riguarderà anche i prodotti culturali di area progressista….
Non condivido l’articolo.
Finalmente un film italiano, dopo “La vita è bella”, fatto decisamente bene.
La prima regia della Cortellesi fa comprendere il suo talento, direi indiscutibile, paragonando le prime regie di altri italiani.
Il film ha toccato l’anima dei più con argomenti al passato ma che sono ancora attuali, purtroppo.
Parla di conquiste fatte che però sono ancora da conquistare del tutto.
Parla di donne, tante, ma si rivolge agli uomini.
Ha una storia “vissuta” da molti spettatori che ne riconoscono anche gli odori.
Ha un Mastrandrea quasi perfetto nel suo ruolo ed un entusiasmante ed inaspettato finale da applauso.
Per me un film didattico.
Complimenti alla Cortellesi, bravissima!
Clap, clap, clap.
Concordo sull’essenza di Primula Nera, fondamentale sarebbe interessante scoprire il finanziatore del film, conseguentemente il fine “di proposito” politico promulgatore.
Femminismo conformista funzionale ai poteri forti. Povero cinema italiano (storicamente eccellente e di rottura).
Mulignana, è tipico di chi non ragiona con la propria testa e non vive del proprio lavoro insinuare che gli altri siano burattini senza cervello manovrati da altri, magari quei famosi “poteri forti” (che stranamente perdono sempre, ma saranno davvero così forti?), un bel paio di mutande unisex e antiodore per nascondere tutta la vergogna di genitali inadeguati e infertili.
Dico l’ultimissima cosa e poi mi taccio. Di fronte a una critica negativa
ben argomentata e dettagliata (che sia condivisa o meno) da parte dell’autore dell’articolo,i giudizi positivi qui dentro si riducono (quasi sempre)a banalità come dire che il film è un capolavoro,che ha toccato l’anima e altre amenità varie(a parte le “eleganti”spiritosaggini di Baobab). Non una grandissima difesa del film mi sembra….
“…un’ultimissima…”
Non basta camuffarsi cambiando nome, l’intruso provocatore si fa’notare sempre per le sue castronerie
da vero henchman del sistema oramai in rotta..
Gualtieri lo hanno votato i romani, di cosa ci si meraviglia,ovviamente con il supporto dei vari Floris,Ranucci,Formigli con tutta la lunga e ben atrezzata famiglia PD.Avendo il monopolio mediatico sia televisivo che di stampa tirono a campare fregandosene. Se facessimo affidamento solo su DelDebbio Porro e company continueremo ad infilarci nel solito cul de sac sterile.
Togliendo la tanto vituperata Meloni dove sarebbe la destra? Senza dimenticarsi che la lega ha eletto molti parlamentari con i voti di FDI