Gentile Direttore,
con riferimento all’intervista al dottor Marco Valle apparsa su Barbadillo col titolo “I prossimi banchi di prova per le destre (oltre gli elogi del Corsera): dalla svolta green alle comunali”, vorrei fare un paio di osservazioni.
Premetto che concordo con buona parte dei giudizi espressi dall’intervistato. Ed è certamente lodevole e condivisibile porsi il problema di allargare della destra odierna ai temi ecologici, come già fece con perspicacia e straordinaria levatura culturale Pino Rauti negli anni ’80 del secolo scorso. «La transizione verde è l’altro grande tema… si tratta… di un passaggio epocale che modificherà in profondità le nostre società», dichiara infatti il dottor Valle. D’accordo.
Ma è qui il punto da approfondire. «Quando vi dicono: è il progresso!, domandate sempre: quale progresso?», ammoniva lo scrittore satirico polacco Stanislaw Lec. E, dunque, chiediamoci: quale transizione verde viene prospettata? Si tratta di una svolta radicale o di una verniciatura verde? Quando il dottor Valle elogia Boris Johnson che ha annunciato «la rivoluzione industriale verde del Regno Unito, con l’obiettivo di diventare il Paese leader al mondo per energia eolica», al di là della formula che suona un po’ contraddittoria (la rivoluzione industriale non è mai verde!), ci chiediamo: quale modello energetico si ha in mente? Perché un conto è puntare su un modello di produzione e distribuzione dell’energia centralizzato, che genera sprechi e perdite di energia, un altro conto invece è puntare su un modello distribuito, che si fonda su un uso virtuoso dell’energia; un conto, per intenderci, è il mega parco eolico, che deturpa il paesaggio, un altro conto sono le piccole centrali autogestite del minieolico. Qui l’approccio fa la differenza. D’altra parte, la nostra civiltà, fondandosi sulla crescita e dunque sul crescente fabbisogno energetico, è in rotta di collisione con la natura vivente. Non ci sono fonti rinnovabili bastevoli, se non si riduce la domanda di energia, se non si riducono gli sprechi grazie ad uno stile di vita più sobrio e grazie all’efficienza tecnologica (una lampadina a LED, ad esempio, consente di risparmiare fino all’80% di energia rispetto alle precedenti lampadine).
Noi di Fare Verde – e qui vengo alla seconda osservazione – a questo proposito usiamo una significativa metafora, quella del secchio con i buchi: se non si chiudono i buchi, il secchio non potrà mai riempirsi. Accanto alle fonti rinnovabili, occorre l’efficienza energetica per poter chiudere i buchi del secchio.
Fare Verde da più di trent’anni continua senza soste la sua elaborazione dottrinale (ecologia profonda), i suoi approfondimenti tematici (sui rifiuti, sul consumo critico, sull’energia, ecc.), e la sua battaglia ambientale con azioni mirate (come mare d’inverno o l’energy tour del 2015). L’ecologia per Fare Verde è una questione di civiltà (come recita l’opuscolo fondativo dell’associazione del 1986) ed è anche una articolata proposta per uscire dallo sviluppo (che è il titolo di un ragguardevole documento del 2006).
Possiamo concordare sul fatto che la questione ambientale dovrebbe «ispirare l’intero programma socio-economico dei partiti», ma perché mai le iniziative di Fare Verde sarebbero «ormai lontane e superate»?
Cordialità
*dirigente Fare Verde
Ma la transizione dalla dilagante idiozia verde al buon senso nessuno la prende in considerazione? Che Paese di palta sta diventando l’Italia, che processa pure il suo ex Ministro dell’Interno per cercare di far rispettare la Legge…