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La lettera. C’è bisogno di una destra che non piaccia alla sinistra

Quando la nostra area esprime un parere discordante dal mainstream viene subito tacciata di “fascismo”, ma, paradossalmente, accade che, spesso, siano gli stessi destri a prendere le distanze da posizioni nette e coerenti della propria comunità politica di appartenenza

by Giovanni Flamma
25 Novembre 2021
in Parola ai lettori
11
Una manifestazione di destra a Roma

Passeggio per il corso “II giugno” della mia città natale Senigallia, ridente località turistica della costiera adriatica, da circa un anno amministrata da una giunta, finalmente, non più rossa. D’improvviso, mi accorgo che l’azzurro di questa bellissima giornata è stranamente colorato: ombrellini arcobaleno regalano al centro storico un’inconsueta ma strana gajezza.

Che succede? Mi dicono che l’ “addobbo”, definito come “stravagante idea di colorare le strade cittadine con numerosissimi ombrelli fluttuanti, creando delle vere e proprie opere d’arte all’aperto” nasce nel 2012 in Portogallo. Dal 2013 in poi, si è diffuso in Italia come “iniziativa contro la violenza sulle donne” (sic!). Non solo: l’idea di realizzare questa carnevalata nella città di Pio IX è frutto dell’immaginazione di una giunta cui piace definirsi di “destra”. L’Assessore con delega ai servizi alla persona, pari opportunità (forse meglio chiamarla AssessorA, in ricordo della accademica della Crusca ad honorem Boldrini) è orgogliosa di tutto ciò e lo dimostra sui canali social.

A me, invece, questa trovata non piace. Potrà sembravi una sciocchezza, ma rifletteteci: è possibile che una destra, sia essa nazionale o locale, debba avere risonanza mediatica solamente quando realizza idee che piacciono alle Sinistre (idee, oltretutto, molto discutibili sotto il profilo etico ed estetico, che non le appartengono né come storia né come forma mentis politica)? E’ possibile che la Destra, per essere tale, debba sempre piacere alle Sinistre? 

Quando la nostra area esprime un parere discordante dal mainstream viene subito tacciata di “fascismo”, ma, paradossalmente, accade che, spesso, siano gli stessi destri a prendere le distanze da posizioni nette e coerenti della propria comunità politica di appartenenza: esempio eclatante ne è la triste vicenda che ha visto un noto esponente regionale di “Fratelli d’Italia” venire isolato dal suo stesso partito nel momento in cui ha condannato l’aborto e, colpa ancora più grande, ha osato lamentare una crisi di natalità, che è talmente oggettiva da essere sotto gli occhi di tutti. Ma tant’è. 

D’altra parte, in tante altre occasioni questo è accaduto: penso alla facilità con cui dopo il primo governo Berlusconi, Alleanza Nazionale tentava di rifarsi il trucco per raccogliere consensi “democratici” e finiva per rinnegare pensatori che, da sempre (nel bene e nel male), avevano costituito il suo “pantheon” ideale, come il “terribile” Julius Evola.

Ombrellini colorati

Tornando agli ombrellini colorati: vi sembra possibile che un tema delicato ed importante come quello della violenza sulle donne (che, più in generale, dovrebbe essere quello della violenza in sé) possa essere affrontato con un linguaggio tardo-sessantottino che finisce per banalizzare tutto? Ogni tematica, ecologica, sociale, lavorativa, è ridicolizzata dal progressismo imperante e i partiti di destra, anziché proporre al popolo italiano valori forti provenienti da lontano e tramandati da uomini e donne che hanno visto la guerra ed hanno affrontato l’odio delle piazze, cosa fanno? Seguono la via più facile, in discesa, che ovviamente conduce alla perdizione politico-culturale: copiano intuizioni sinistre e finiscono per appropriarsene con orgogliosa, insopportabile sicumera.  

Mi sia consentito un sano e necessario pessimismo: non ci mancano le idee, ci mancano persone capaci di esprimerle e di realizzarle. Siamo alle solite: ci manca una classe dirigente seria, preparata e fedele al proprio sacrario di valori, che sappia realizzare ciò che deve essere fatto, in silenzio, senza alcun complesso di inferiorità, senza alcun ruffiano spasmodico bisogno dell’altrui comprensione, senza tanti piagnistei, senza alcuna necessità di scimmiottare quella penosa esigenza di presenzialismo mediatico e social tipico dei vari Renzi, Di Maio, Bersani, Grillo e compagnia cantante…

Abbiamo bisogno di una Destra che non piaccia alla Sinistra.

@barbadilloit

Giovanni Flamma

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Tags: Destragiovanni flammasenigallia

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Comments 11

  1. Guidobono says:
    6 mesi ago

    Il fascismo non era ideologicamente di destra, anche se con la destra andò al potere e ci rimase fino alla guerra perduta, ed il populismo non è di destra. La destra, in Italia, è De Maistre, Solaro della Margarita, Pareto, Einaudi, Malagodi ecc. Oggi non vedo personaggi di valore a destra se non qualche buffo evoliano…

  2. Guidobono says:
    6 mesi ago

    Nelle donne, come nelle leonesse, è più forte l’identità di genere che quella ideologica…

  3. Ferna says:
    6 mesi ago

    Perfetto Giovanni..Quei poveretti che attingono imitando a sinistra,si troveranno come Alemanno poi.

  4. luciano zippi says:
    6 mesi ago

    Finalmente un articolo che condanna l’ipocrisia, il trasformismo, la vigliaccheria di chi non sa difendere il proprio passato, le proprie idee che poi sono quelle fondanti l’Italia moderna che “stava” per liberarsi dal clericalismo, dal moderatismo borghese, dalle utopie pauperiste egualitarie.
    Dispiace leggere commenti di chi cita Malagodi come se, in questa rivista, in cui scrivono intellettuali che io già leggevo quaranta anni fa quando frequentavano le sedi del MSI (vedi Firenze, Roma, Napoli), non si riuscisse più neanche a distinguersi dai liberali.
    Ma quando mai, se non marginalmente, il mondo di cui, su Barbadillo, sempre si parla, ha mai avuto legami con il liberali?
    Sì, c’è chi, fra di noi, parla di Croce (ma per contestarlo), ma su 1000 citazione di Gentile forse se ne può rilevare una di Croce, magari ricordando che manifestò simpatia per la marcia su Roma. Stesso discorso su Einaudi. Malagodi, poi, cosa c’entra? Io me lo ricordo solo perché facevo politica, ma saremo in dieci in Italia a ricordarci di lui, cioè io Guidobono ed altri 8 che non conosciamo.

  5. luciano zippi says:
    6 mesi ago

    Mi dispiace dirlo, ma se uno parla di identità di genere non credo che provenga dal nostro ambiente

  6. Guidobono says:
    6 mesi ago

    Oddio, adesso condanniamo anche l’identità di genere? Che cosa ha di male? Tutto diventa liquido? E Malagodi che per decenni rappresentò il liberalismo politico in Italia, dopo Einaudi, non quello dell’Arco Costituzionale di Bignardi e Zanone, ma l’autentico liberalismo anticomunista? Non è questo un Magazine ‘controcorrente’? O bisogna, secondo l’amico, identificarsi dogmaticamente con una corrente del vecchio MSI? Quello che aveva tante anime, peraltro?

  7. Guidobono says:
    6 mesi ago

    Nella battaglia contro l’istituzione delle Regioni, Giovanni Malagodi, Segretario Nazionale del PLI dal 1954 al 1972, poi Presidente, fu in prima linea… Non volle entrare nella Destra Nazionale di Almirante? Vero, ma chi ci entrò non ci rimase molto, tranne eccezioni, del resto…

  8. Fernando says:
    6 mesi ago

    Liberali?? Chi!? Francesco De Lorenzo, Valerio Zanone, Altissimo l’ultimo per fortuna….

  9. Guidobono says:
    6 mesi ago

    Che non piaccia alla sinistra comunistoide, certo. Al fasciobolscevichi neppure…

  10. luciano zippi says:
    6 mesi ago

    Scusami Guidobono, ma quando si parla di “identità di genere” si usa il peggior linguaggio della peggior sinistra, quella arcobaleno. Chi usa questo linguaggio sta con la Boldrini: legittimo, ma non c’entra né con la destra né con il fascismo.
    L’inquinamento del pensiero unico è così penetrante che, ormai, lo si trova ovunque ma questo non vuol dire che ci si debba arrendere.

  11. Guidobono says:
    6 mesi ago

    Liberali erano quelli fino a Malagodi. Poi venneri molti liberal-tangentari…

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