La crisi del Covid19 ha messo in luce alcune verità che nessuno osava rivelare, ma tutto sommato latenti nell’inconscio collettivo. I grandi ragionamenti sulla solidarietà globale e sull’amicizia senza confini sono velocemente stati smentiti da una realtà in cui gli stati, principalmente in Europa, si sono messi a litigare per le forniture di mascherine, cercando di rubarsele l’un l’altro senza troppi scrupoli. Qualche secolo fa nell’Atlantico, i corsari fedeli all’Inghilterra depredavano le navi spagnole, oggi Italia, Francia e Germania si litigano i presidi medici.
Questa situazione disvela una verità ben più grande. In tempi di magra, ogni governo fa per sé e, prima di aiutare gli altri, pensa ai propri connazionali. Ciò che un tempo era logico, ora fa sobbalzare dalla sedia come sardine. Dunque, è ora di pensare al nostro futuro in un mondo che nei prossimi anni potrebbe essere un po’ meno globale di come lo conosciamo, aspettandoci che un giorno la lotta non sia per le mascherine, ma per la farina, il latte, la frutta. Chi garantisce infatti che i produttori stranieri a cui oggi abbiamo demandato una parte importante della nostra produzione alimentare, in tempi di magra, smettano di produrre per noi e inizino a produrre, banalmente, per i loro vicini?
E’ ora di urlare a gran voce un’ulteriore e scomodissima verità. L’Italia non è autosufficiente in campo alimentare. Il Bel Paese compra all’estero materie prime di ogni tipo, basti pensare che non produciamo neanche tutto il grano che mangiamo, ma ne importiamo circa il 30%. Stesso discorso per settori in cui non dovremmo avere bisogno di nessuno, fra cui pomodoro, latte, olio o barbabietole da zucchero. Appare chiaro che un sistema che non produce ciò che mangia è preda delle tempeste economiche, dei prezzi che salgono o scendono senza controllo e rischia, soprattutto, di non avere i mezzi produttivi adeguati per fare fronte a crisi economiche di lunga durata.
La contrazione del settore agricolo e dell’allevamento è soprattutto un disastro dal punto di vista occupazionale, perché proprio l’ambito che dovrebbe fornire una maggiore sicurezza e stabilità lavorativa a tutte le fasce di popolazione, viene inesorabilmente meno.
Si tratta di un problema sociale, perché i borghi rurali si spopolano e laddove sorgevano decine di cascine ne sopravvivono pochissime sempre più in difficoltà. Le terre diventano aride, il paesaggio e la qualità della vita peggiorano.
Qualcuno (non ricordo chi) in un altro intervento disse che il progetto comunitarista di Adriano Olivetti era possibile solo nella zona di Ivrea e che Olivetti era solo un visionario eppure la Olivetti fu una grande azienda che prospero’ e fece prosperare tutta la zona intorno a Ivrea. Forse questa sarebbe l’occasione buona per recuperare quel progetto
Non solo in Italia bisogna puntare all’autosufficienza alimentare con il potenziamento del settore agricolo, ma bisogna soprattutto puntare sulla meccanizzazione agricola per avere più produzione in tempi brevi e impiegando poca manodopera, qualificata e possibilmente locale. Perché diciamolo, gli italiani che snobbano il lavoro nei campi sono sempre più numerosi poiché comporta solo fatica e scarsi guadagni, ed è per questo che in molte zone a raccogliere frutta e verdura sono solo esclusivamente stranieri, i quali si accontentano di paghe basse e di lavorare in nero. E la proposta dell’attuale Ministro delle Politiche Agricole, che vorrebbe fare l’ennesima sanatoria di irregolari, non elimina per niente il problema dello sfruttamento e del caporalato. Un esempio da seguire, per valorizzare l’agricoltura, viene dall’Olanda, che pensate, produce più pomodori di noi: https://www.corriere.it/opinioni/18_agosto_09/pomodori-olandesi-2dd9ba3e-9b20-11e8-935d-1b6371349412.shtml?refresh_ce-cp Ma su questo temo che gli imprenditori agricoli italiani, soprattutto al Sud, facciano orecchie da mercante.
Da noi, come in Argentina, tutti vogliono fare i proprietari o almeno i direttori generali! Tempo perso… E lasciamo le teorie bizzarre e anacronistiche…
Quell’Olivetti è finita da 40 anni… anzi già a inizio ’70, quando ancora offriva l’elettromeccanica di Divisumma e Logos ad un’utenza che già conosceva l’elettronica ed il digitale… Poi ebbe possibilità nel settore dei computer, ma le sue forze non lo permettevano (oltre a cattive gestioni). Quel modello industria-campagna era già obsoleto, economicamente impraticabile 60 anni fa, di che cosa stiamo cianciando? Rimpiangiamo l’autarchia…’La lana di coniglio è la lana degli italiani’ecc…?
basta che non ci rompano i coglioni, al resto ci pensiamo noi agricoltori italiani!