Le immagini che si susseguono in rete danno il senso della disfattissima di Matteo Renzi. Accoccolato sul sedile posteriore di un’auto, camicia aperta, lo sguardo tenta invano di nascondere lo sconcerto. Gli occhi non mentono mai, quelli dell’ex premier sono spauriti, c’è un barlume di paura: come quelli di chi aveva il mondo in mano e tutto gli si è disintegrato davanti.
Il Partito democratico scende persino sotto la soglia di sicurezza del 20%, un tracollo che non si spiega (solo) con la scissione di Liberi e Uguali (uno striminzito 3% che ricorda più la Sinistra Arcobaleno di Bertinotti che i fasti dei Ds).
Il Sud ha letteralmente travolto le residue ambizioni democratiche. Due dati bastino su tutti, anzi uno: Piero De Luca, figlio di Vincenzo, ha perduto solennemente nel collegio uninominale del feudo che gli sarebbe dovuto capitare in eredità. Una dèbacle senza precedenti, in una città in cui mai s’era scesi sotto il 70%.
Il tracollo è clamoroso e incontrovertibile. Minniti che perde contro lo scomunicato Cinque Stelle, Franceschini che non la spunta, Padoan che perde a Siena. Le liste di supporto falliscono senza speranza, nemmeno quella della Bonino riesce a varcare l’ambito quorum. È una disfatta come mai, prima, nella storia della sinistra. Manco l’esecrato Achille Occhetto. Per regalare alla Boschi un seggio blindato con la Svp, s’è mandato al massacro un intero partito.
La sinistra italiana s’è cozzata contro se stessa: non era l’antifascismo l’emergenza democratica in Italia, la tenuta sociale non è a rischio per colpa di bandiere nere ma per le prospettive (più fosche ancora) delle famiglie. La classe media, per i figli, non aveva a cuore l’Erasmus o la possibilità d’andarsene a fare lavoretti a Amsterdam. Tutta la retorica renziana, che tanto aveva affascinato (soprattutto i moderati, specialmente a destra) è tramontata. Non gli rimane altro che quel barlume di paura negli occhi, quello di chi aveva il mondo in mano e, adesso, gli è sfuggito.