«Si freta, si terrae pereunt, si regia coeli,
in chaos antiquum confundimur.»
(Ovidio, Metamorfosi, libro II, vv. 298-299)
«Se finisce il mare, se finiscono la terra e la reggia del cielo, torniamo alla confusione dell’antico Caos». È questa l’invocazione e insieme la velata minaccia che una Terra dalla voce infiochita (“sicca voce”) rivolge a Giove, perché Fetonte cessi di condurre i cavalli del sole. L’inesperta e forsennata guida di Fetonte aveva infatti prodotto ingenti danni: «Ecco che grandi città vengono distrutte con le loro mura e gli incendi riducono in cenere intere regioni con le loro popolazioni. Bruciano i boschi coi monti. (…) Fu allora che la Libia divenne un deserto (…) Il mare si contrae e dove poco fa c’erano distese d’acqua ora ci sono distese d’arida sabbia».
Al mito di Fetonte, figlio del dio sole, che incurante degli ammonimenti paterni, si mette a guidare il carro solare rischiando di ridurre in cenere tutta la terra, Ovidio dedica i primi 339 versi del secondo libro delle Metamorfosi. Com’è risaputo, Giove accogliendo la preghiera della Madre Terra pose fine alla vita di Fetonte con una folgore.
«La contiguità tra dèi e esseri umani – osserva Italo Calvino – è uno di temi dominanti delle Metamorfosi, ma non è che un caso particolare della contiguità tra tutte le figure o forme dell’esistente». Il mito di Fetonte corrisponde infatti perfettamente «alla sola, certa filosofia delle Metamorfosi», quella della unità e parentela di tutto ciò che esiste al mondo, cose ed esseri viventi.
La filosofia dell’interdipendenza di tutte le cose e del loro limite naturale, che Ovidio desume dal pitagorismo, lo spinge coerentemente a professare nel XV ed ultimo libro del poema la scelta vegetariana. L’elogio della figura di Pitagora fa quasi da pendant a quella di Epicuro nel De rerum natura di Lucrezio:
«Qui c’era un uomo, nativo di Samo, ma che da Samo era fuggito e dai suoi signori, e che per odio della tirannide viveva in volontario esilio. Costui avvicinò con la mente gli dèi, per quanto sperduti nelle profondità del cielo, e ciò che la natura sottraeva agli sguardi umani, lo colse con gli occhi dell’intelletto. (…) E per primo denunciò come una vergogna che s’imbandissero animali sulle mense».
Subito dopo mette in bocca a Pitagora queste parole: «Astenevi, o mortali, dal contaminarvi il corpo con pietanze empie! Ci sono i cereali, ci sono frutti che piegano con il loro peso i rami, grappoli d’uva turgidi sulle viti. Ci sono verdure deliziose (…) e nessuno vi proibisce il latte e il miele che profuma di timo. La terra generosa vi fornisce ogni ben di dio e vi offre banchetti senza bisogno di uccisioni e di sangue (…)».
A ben vedere, il principio dell’interdipendenza di tutte le cose, insieme a quello di limite, che è parimenti desumibile dal mito di Fetonte, come pure da altri miti trattati nel poema, lo ritroviamo pari pari nell’ecologismo. L’uomo moderno, che pensa di potersi sostituire a Dio e alla natura vivente, ignorando i limiti, consumando suolo, avvelenando la terra coi pesticidi, procreando a dismisura, è per certi versi simile a Fetonte e non si accorge, o finge di non accorgersi che sta correndo verso il baratro. Ha disimparato che «l’acqua ha dèi azzurri» e che «la terra nutre uomini e città e boschi e animali e fiumi e ninfe con le altre divinità della campagna». Non ascolta le ammonizioni e le preghiere. Come Medea può dire di vedere il meglio ed approvarlo, ma di seguire ciononostante il peggio («Video meliora proboque, deteriora sequor», libro VII).
I comportamenti umani sono il frutto della necessità, non dello spirito distruttore. Se l’umanità passa da 1.5 miliardi di persone quando io nacqui agli attuali 7, in poco più di 70 anni, da qualche parte bisogna trovare alimenti e combustibili. E nessuno vuol logicamente vivere oggi come 150 anni fa, senza elettricità, acqua calda, riscaldamento, frigorifero ecc. Una volta molti morivano giovani per il freddo ed i cibi avariati… Inutile ululare alla Luna…Si cerchino soluzioni di compromesso e si smetta di filiare follemente come in Africa o in India..