Costa d’Avorio. Natura selvaggia, a tratti primordiale. Gli occhi degli anziani saggi dell’etnia che trasudano pulsante tradizione, riti ancestrali. Sapere. Rumori. Qui Assane Gnoukouri, ragazzo con la faccia da uomo, passa le giornate, calde, frenetiche, silenziose. È sempre in un campetto improvvisato, innamorato giocoliere. Passa le ore a calciare, calciare, calciare. E in una delle tantissime partite sulla fanghiglia il procuratore Drago, lì di passaggio, lo nota e capisce che non può lasciarselo sfuggire. Lo porta in Europa: passa il provino con il Marsiglia, ma non viene tesserato per problemi burocratici.
E allora piomba l’Inter grazie al procuratore Giavardi: Gnoukouri approda in Italia, girato in prestito al Marano (serie D): qui ritrova anche il padre, carrellista. Ma la carriera dell’ivoriano è destinata a bruciare le tappe. Viene presto richiamato dalla primavera dell’Inter, il mister Vecchi lo usa da perno imprescindibile nella squadra vincitrice di Viareggio. Il diciottenne è così forte, però, che già in quell’anno (2015) viene convocato in prima squadra da Roberto Mancini, che lo fa esordire contro l’Hellas, riconfermandolo titolare nel derby – prestazione ottima – e contro la Roma: fa venire giù San Siro con un sombrero a De Rossi. Dopo una stagione a rilento, nella sfida contro il Bologna è subentrato a un opaco Kondogbia (che sul mercato vale – o valeva – trenta milioni più di lui), dirigendo la squadra. Geometrie e ordine. Perché forse il calcio moderno, tramortito da valanghe di soldi, tycoons disinteressati (Thohir dormiva in tribuna durante il derby d’Italia), inondato, violentato dal politicamente corretto che pugnala alle spalle Di Canio – unico alleato in terra “nemica” -, da icone mediatiche vuote, gonfiate, bacchettoni, profeti, Trimalchioni privi d’ogni qualità, dovrebbe ripartire anche dall’espressione cristallina del gioco.
Da chi ha fame e non ha bisogno di dimostrare niente ai tifosi. Da chi suda. Da chi sarebbe andato d’accordo dai componenti di uno spogliatoio-Pantheon dell’old football, antitesi delle mostruosità sopraelencate, espressione vitale di un mondo puro per cui siamo pronti, ancora una volta, a dare la vita.