È stato l’ultimo a uscire dal campo dello stadio Arechi. Non avrebbe dovuto nemmeno giocare, per via di certe noie muscolari.
“Ma lui è una sorpresa continua, una passione mai vista”, ha detto di lui il tecnico Fabrizio Castori che di pallone ne ha visto tanto, dalla Terza categoria fino alla Serie A.
Franck Ribery ha colto il primo successo con la Salernitana. Una partita non proprio bellissima eppure apertissima, contro il Genoa di Ballardini. Risolta da una capocciata di Milan Djuric, più di un semplice lungagnone bosniaco: uno dei leader della squadra, magari non proprio un goleador, ma un ragazzone che in campo butta il sangue, rinunciando a qualche gol in più per caricarsi la squadra sulle spalle.
Ribery ha un altro passo. E si vede, anche se viene da un’estate in cui s’è allenato da solo, a casa. Non è in formissima, ecco. Dove non arrivano i muscoli, c’è il cuore. Di un leone. Fa la differenza. È un leader. Un combattente. È uno che dà tutto ciò che ha. Potrebbe tranquillamente traccheggiare in campo, in attesa del bonifico a fine mese. E chi s’è visto s’è visto. Come tanti suoi colleghi. Invece Franck si danna in mezzo al campo, corre avanti e indietro, è ovunque. Penetra le linee avversarie con una facilità impressionante. Accelerazioni improvvise, disegna arabeschi e tesse ricami preziosi altrimenti invisibili all’occhio mortale; un talento mostruoso svela una grazia guerriera, ne fa quasi un danzatore sufi sulla trequarti. Con lui in campo, i compagni si sentono invincibili. E non doveva manco giocare, sabato.
A fine gara, dopo la prima vittoria che schioda la Salernitana dall’ultima posizione in classifica, ha alzato le braccia al cielo. Ha ringraziato l’Altissimo: Elhamdoulillah.
Poi a torso nudo, con la maglia granata sulle spalle sudate dopo la battaglia, ha chiamato tutta la squadra a raccolta. Sotto la curva, di corsa. Non ha voluto sentir ragioni, lo spogliatoio aspetterà.
La festa è degli ultras, dei tifosi, della gente. Tutto il resto è fuffa, byte sprecati e burocrazia.
Alla faccia di quelli che dicevano che era un campione finito