Spalazzi, Colautti, Galli, Muccini, Spimi…bastava ascoltare o leggere l’inizio formazione del Bari, poco prima di un qualsiasi match, per poter affermare: Con una difesa del genere nessuna squadra avversaria potrà passare. Aurelio Galli, classe 1947, milanese, Bandiera del Bari dal 1968 al 1976, è stato una colonna portante di quella difesa con circa 240 presenze e due goal realizzati.
Com’è nata la passione per il calcio per Aurelio Galli?
“Fin da ragazzino giocavo a pallone. Ogni estate andavo con la mia famiglia in vacanza a San Pellegrino, località scelta dal Milan per il ritiro precampionato ed ogni giorno seguivo gli allenamenti dei rossoneri. Giocavo a calcio nella mia parrocchia, ero uno dei migliori risultando imprendibile perfino dai coetanei di stazza maggiore. Un giorno mi fu chiesto da persone che abitavano nella mia zona in quale ruolo giocassi. La buttai lì: “Terzino”.
Mi invitarono a fare un provino per l’Ambrosiana Monreale. Superato il provino divenni tesserato della squadra giovanile dell’Ambrosiana. Successivamente, esordii con la Solbiatese in serie C”.
Nel 1966 avviene il balzo in A, nel Bologna, dove resti per due stagioni giocando una sola partita. Ma c’è, intanto, chi ha messo gli occhi su di te: il Bari. Come avviene il trasferimento in B, alla squadra biancorossa?
“Nel 1968 venni ceduto in comproprietà dal Bologna al Bari. Sicuramente mi volle Toneatto che, oltre ad essere un ottimo allenatore era anche un attento osservatore. Sicuramente aveva una rete di informatori e non escludo che abbia chiesto informazioni anche a Manlio Muccini, ceduto dal Bologna al Bari l’anno precedente il mio arrivo nel capoluogo pugliese. Ma in quel 1968 vi fi un affare di mercato clamoroso perché il Bari, cedendo al Bologna l’attaccante Mujesan, ricevette in cambio soldi, il portiere Spalazzi, l’ala destra Fara, il centrocampista Tentorio, l’attaccante Paganini”.
Che ricordi hai dell’allenatore, Lauro Toneatto, e del presidente, Angelo De Palo?
“Con Toneatto mi sono trovato bene, è stato il migliore allenatore. Anche del presidente De Palo ho degli ottimi ricordi. Era una persona cui non sfuggiva nulla. Non era un industriale, ma un medico, un ginecologo. I miei due figli sono nati a Bari, nella sua clinica”.
Che ricordo hai di Bari?
“Mi trovai subito bene in città. Noi scapoli, la sera andavamo a dormire allo Stadio della Vittoria. Agli sposati toccavano invece degli appartamenti che si affacciavano sul mare, a Palese. Quando mi sposai ebbi proprio uno di tali appartamenti anche se, con il tempo, uno lo acquistai. Eravamo una bella compagnia. Alle volte andavano a cena al ristorante La Pignata o al Leon d’Oro vicino alla stazione. Ero legato maggiormente a Vittorio Spimi in quanto coetaneo. Essendo stato ceduto in comproprietà chiesi al professor De Paolo: “Presidente mi riscatti perché a Bari mi trovo bene”. Fui riscattato e rimasi a Bari per diversi anni”.
Il primo torneo che disputi con il Bari, 1968-69, inizia alla grande: promozione in A. Ma perché Toneatto lasciò i biancorossi?
“Sinceramente non ho mai capito il perché, raggiunta la promozione in A, Toneatto abbia lasciato il Bari. Vi fu chi ipotizzò la firma di un contratto con un’altra squadra prima che terminasse il campionato vincente con il Bari”.
Pare che Toneatto dovesse allenare una squadra in A, cosa non avvenuta; si ritrovò ad allenare il Pisa, in B, con scarso successo. Che ricordo hai invece di Oronzo Pugliese, successore di Toneatto?
“Mi sono trovato bene con Pugliese. Non ho mai capito, però, se venne a Bari per allenare i biancorossi o perché aveva necessità di ritornare a casa sua”.
Perché il Bari retrocedette in B?
“Retrocedemmo perché la squadra costruita non fu all’altezza della A. Vi furono degli innesti, ma insufficienti”.
Campionato di Serie B 1970-71: vi fu la possibilità di ritornare in A, nuovamente con Toneatto. Erano però da superare degli ostici spareggi a tre per stabilire le due squadre che fra Bari, Atalanta e Catanzaro sarebbero andate ad aggiungersi al già promosso Mantova.
“Degli spareggi non ho un buon ricordo, anche perché vi arrivai molto affaticato causa un virus che mi aveva colpito, un qualcosa di simile all’epatite. Ero stanco, affaticato, non in buone condizioni”.
A Bologna, il 20 giugno 1971, l’Atalanta vinse 2-0 non solo sul campo, ma anche a tavolino, causa intemperanze di alcuni tifosi biancorossi che, nel contestare il secondo goal nerazzurro ritenuto in fuorigioco, provocarono la sospensione dell’incontro.
“Nella partita di esordio a Bologna fui sostituito nel secondo tempo perché affaticato”.
Ma il Bari era inferiore all’Atalanta?
“No, l’Atalanta non era favorita anche perché, in campionato ci scontrammo ad armi pari e finì in pareggio sia all’andata che al ritorno”.
Il 23 giugno l’Atalanta sconfigge il Catanzaro e si guadagna la promozione. Risulta decisiva, per la conquista della A, la sfida Bari-Catanzaro in programma domenica 27 giugno, al San Paolo di Napoli.
“A Napoli non giocai per il malessere di cui ho fatto cenno. Ce ne volle per convincere Toneatto e De Palo che, non essendo in forma, non ero nelle condizioni di giocare. Loro insistevano perché giocassi, io replicavo di non essere in buone condizioni. Mi ascoltarono, ma non mi perdonarono. Seguii la partita da uno spicchio dello stadio San Paolo, a poca di distanza da un gruppo di tifosi che ogni tanto volgevano lo sguardo verso di me. Finì 1-0 per il Catanzaro. Alla fine dell’incontro mi resi conto che quei tifosi erano del Catanzaro perché, nell’esultare, mi indirizzarono il gesto dell’ombrello. Raggiunsi la squadra negli spogliatoi ed i miei compagni mi confidarono la soddisfazione dei calciatori calabresi quando, poco prima della partita, vennero rese note le formazioni:
“Galli non gioca, va bene così”.
Io avrei dovuto marcare Gori, ala destra pericolosa, autore del cross che permise a Mammì, a pochi minuti dalla fine, di realizzare il goal della promozione in A del Catanzaro”.
Nei campionati successivi il Bari non brillò né con Toneatto, né con Carlo Regalia. Che ricordo hai di Regalia?
“Con Regalia alla guida del Bari la squadra venne ampiamente rinnovata. In Regalia era innato il talento dell’osservatore. I tanti giocatori che portò al Bari come Butti, Ardemagni, Marcolini, Martini, furono frutto di questa sua dote”.
Non vanno meglio le cose l’anno successivo, Campionato 1973-74, quello della retrocessione in C. Ricordo, in particolare, un Bari-Arezzo del 25 novembre 1973 con gli amaranto aretini che annoveravano nelle proprie fila gli ex Fara, Marmo, Mujesan; un quarto, Pienti, non giocò. Finì 1-0 per l’Arezzo con un goal di Fara su punizione, in apertura. Che ricordo hai di quell’annata disastrosa?
“In Bari-Arezzo i nostri ex pensavano di trovare un Bari in disarmo e che tutto sarebbe stato facile. Non fu così perché, anche se vinsero, il Bari si impegnò a fondo. In quell’anno mi colpì un particolare del professor De Palo. Mentre la salvezza si allontanava, con il trascorrere delle giornate notai nel presidente una crescente serenità. Tale serenità derivava dal fatto che, pur essendo spacciato, per unanime giudizio della stampa sportiva, compresa quella del nord, che il presidente seguiva, il Bari veniva lodato perché non faceva favori a nessuno. Quei riconoscimenti rasserenavano il professor De Palo. La serie C fu inevitabile nonostante l’avvicendamento in panchina fra Regalia e Pirazzini”.
Che ricordo hai di Luciano Pirazzini, che per un pelo non riportò il Bari in B nel Campionato 1974-75?
“Anche con Pirazzini mi trovai bene. Era un allenatore serio, preparato, non a caso proveniva dalla scuola di Toneatto. Inspiegabilmente, però, veniva contestato da una parte dei tifosi. Gli davano dell’ubriacone. Addirittura lo accusavano di portarsi il vino in panchina, cose queste non vere”.
Nel novembre 1975 Pirazzini venne sostituito da Giovanni Seghedoni.
“Con la venuta di Seghedoni accadde un qualcosa di spiacevole. Dopo diverse giornate persi il posto da titolare non riuscendomene a spiegare il perché. Venni a sapere, da alcuni miei compagni di squadra, di una certa operazione che avrebbe dovuto comportare la mia cessione. Qualcuno parlò di un influente giornalista che, in combutta con Seghedoni ed all’insaputa del presidente De Paolo, avrebbe dovuto portare a Bari, al posto mio, un terzino proveniente dalla A. Alcuni particolari della costosa operazione non è il caso che li riporti perché sono passati tanti anni, Seghedoni non c’è più, come pure il professor De Palo. La mia estromissione non sfuggì al presidente che era persona attenta. Una domenica, durante un ritiro pre-partita, il presidente De Palo volle vederci chiaro ed incontrò me e Seghedoni. Chiese all’allenatore il motivo della mia esclusione da titolare e, Seghedoni, riferendosi a me, rispose:
“Ma questo è un lavativo, non si vuole allenare”.
“Ma come, Galli è da tanti anni a Bari, non ha mai creato problemi e adesso è un lavativo?”, replicò De Palo coinvolgendomi nella discussione.
Precisai:
“Presidente so che è in atto, a sua insaputa, una operazione costosa che dovrebbe portare alla mia cessione trasferendo al Bari un terzino dalla A”.
“Vai a pranzo”, mi disse De Paolo che rimase da solo con Seghedoni.
Poco dopo Seghedoni mi raggiunse dicendo:
“Ma cosa hai combinato, mi hai messo in mezzo alla strada”.
“No mister, è lei che vuol mettere me in mezzo ad una strada”, replicai.
Seghedoni mi restituì il posto da titolare, ma venne subito esonerato. Ignoro i motivi di tale decisione”.
Strana sorte quella di Seghedoni. Sostituì Pirazzini alla guida del Bari nel novembre 1975 vincendo la prima partita a Reggio Calabria; lasciò i biancorossi, nell’aprile 1976 – girone di ritorno – causa la sconfitta interna ad opera della Reggina allenata da Regalia. Nel Campionato 1976-77 non fai più parte del Bari – con Losi allenatore promosso in B – ma del Brindisi. Perché?
“La cessione al Brindisi scaturì dal fatto che volevo giocare e non ero disponibile a fare la riserva. Chiesi con insistenza al presidente De Palo di essere ceduto. Fui accontentato anche se non ci lasciammo nel migliore dei modi. Venni ceduto al Brindisi dove restai per un anno continuando ad abitare a Bari. Pendolavo da Bari a Brindisi”.
Anche Spimi in quell’annata venne ceduto al Brindisi, che, a sua volta, aveva tra le sue fila l’attaccante barese Angelo Carella, ex biancorosso. Giungiamo al famoso Bari-Brindisi del 24 aprile 1977, una partita che stava per terminare 0-0 quando, in zona recupero, il Bari realizzò con Beppe Materazzi il goal vittoria. Goal che suscitò durissime proteste da parte vostra. La palla entrò o no in rete?
“No, la palla non entrò in rete perché Spimi, ben appostato sulla linea di porta, con una sforbiciata riuscì ad allontanarla. Le proteste furono vivaci, ma inutili visto che l’arbitro accordò il goal”.
Le proteste brindisine furono talmente vibranti, quasi a non voler riprendere la partita; Spimi, ma anche Carella furono i più duri nel contestare.
“Infatti, alla fine fui io a prender palla e, rendendola al direttore di gara, gli dissi: “Tenga, finalmente è riuscito a fargli fare goal””.
A Brindisi hai concluso la tua attività agonistica. Che consiglio vuoi dare ai giovani calciatori?
“Come in ogni lavoro, tenere sempre i piedi per terra”.
Dopo Brindisi cosa hai fatto?
“Per anni ho fatto parte del Milan in qualità di osservatore. Ho fatto parte anche del settore giovanile rossonero vincendo, in qualità di allenatore, un Campionato Nazionale Under-15. Mi ha fatto piacere incontrare in quel periodo Leonardo Generoso, già mio compagno di squadra nel Bari, allenatore dei giovanissimi biancorossi. Per me è sempre un piacere parlare del Bari”.