Con buona pace delle panzane oggi veicolate dal politicamente corretto, scrivere e tradurre in e dal latino, rivela straordinarie qualità spirituali e intellettuali. Sulla scorta dell’ultimo libro del latinista Guido Milanese, chiediamo al prof. Marco Leonardi, studioso e docente di Storia Medievale all’Università di Catania, collaboratore del quotidiano «Il Giornale» e, si parva licet, intellettuale impegnato, di spiegare perché conviene a tutti utilizzare una lingua, il latino, sempre viva e affascinante.
Qual è, a suo parere, la prima impressione che ciascuno riceve al solo sentire una frase in latino?
“Arcaica, criptica, impenetrabile: queste parole imperversavano sui mezzi di comunicazione globale a partire dalle ore 11 di lunedì 11 febbraio 2013. In quella data, Papa Benedetto XVI stava annunciando, in latino, le sue dimissioni da Sommo Pontefice. La testata del New York Times fu una delle prime a decifrare, leggi provare a tradurre, le motivazioni addotte “nella lingua della Santa Romana Chiesa” da Joseph Ratzinger, che portava anzitempo a conclusione il suo pontificato, per la mancanza di quelle forze, intellettuali e fisiche, necessarie a guidare la barca di Pietro in mundo nostri temporis rapidis mutationibus subiecto. Nel nostro tempo, ritengo che proprio l’atemporalità del latino sia la prima ‘barriera’ che percepiamo tra noi e questa bellissima lingua. Una volta iniziata ad apprezzare, quando la padroneggi, ti rendi subito conto di come l’atemporalità possa diventare un punto di forza, anziché di debolezza. La lingua latina contribuisce a creare quella personalità intellettuale forte, di cui oggigiorno avvertiamo un disperato bisogno”.
Quali sarebbero gli eventi culturali in grado, nel nostro confuso 2024, di dare visibilità allo studio del latino?
“Nel Maggio di quest’anno, nello specifico dal 9 al 12 del prossimo mese, si terrà ad Arpino (sindaco Vittorio Sgarbi benedicit) la 43a edizione del Certamen Ciceronianum, l’ormai ‘classico’ derby tra i più talentuosi liceali dell’orbe terracqueo per tradurre, dal latino nella propria lingua madre, un brano di Cicerone. Il 2024, a detta degli organizzatori, segnerà un nuovo record di partecipanti. Lo si ami o lo si detesti, lo si valorizzi o lo si bistratti, il latino rimane, sempre e comunque, la base sulla quale la nostra civiltà occidentale ha definito, in oltre due millenni fitti di storia, modi di pensare e di agire, norme comportamentali, il nostro rapporto con gli ambiti più disparati della nostra esistenza”.
Potrebbe farci almeno un esempio concreto sulla necessità della conoscenza di questa lingua, troppe volte ‘bollata’ come obsoleta?
“Dopo avere chiesto, al vostro salumiere di fiducia, un tris di antipasto per guarnire il piatto forte della giornata che intendete offrire ai vostri ospiti, siete stati guardati con aria stranita per aver chiesto tre diversi tipi di antipasti? Leggete, cum grano salis, ovvero con la giusta moderazione accompagnata da un ragionato entusiasmo, il libro di Guido Milanese (Le ragioni del latino, Morcelliana, Brescia 2024, pp. 152, Euro 16), appena uscito sulla necessità di leggere e apprezzare il, latino in alternativa a quanti lo hanno già condannato all’autoestinzione. Le cinque parti che compongono il libro si leggono così bene da lasciare perplessi su una questione: come trasmettere, con efficacia, l’amore per il sermo latinus a quanti non hanno mai avuto la possibilità di conoscerlo?”.
Ergo, come procedere per diffondere l’apprezzamento e l’utilizzo del latino?
“Riprendo quanto detto da uno dei più grandi (e mai veramente conosciuto dal grande pubblico) esegeti e valorizzatori della lingua latina: Agostino d’Ippona (354-430). Nella scrittura del secondo libro del De Doctrina Christiana, il Vescovo d’Ippona sottolineava, grazie all’uso di una prosa latina limpida e cristallina, come «molte volte vengono trasferite in latino non solo singole parole ma anche intere espressioni che ripugnano completamente all’uso della lingua latina». Con oltre duemila anni di storia scritta alle spalle, morfologia, sintassi e vocabolario sono stati armonizzati così bene tra loro, da offrire a noi una lingua tanto solida quanto completa da ogni punto di vista”.
Torniamo al libro appena pubblicato da Guido Milanese, latinista dell’Università Cattolica «Sacro Cuore» di Milano. Il titolo del pamphlet, «Le ragioni del latino», ha una forte valenza esemplificativa. Perché mai uno studente 2.0 dovrebbe cimentarsi con questa lettura?
“Lascio, per un momento, la parola allo stesso autore. Nella presentazione, egli rimarca come «combattere perché l’abisso della non-memoria, il gorgo dell’oblio, non divori la trasmissione della nostra cultura, rendendo impossibile qualunque autocoscienza culturale, è dignum et iustum». Mi associo ben volentieri allo svolgimento di quella «Buona Battaglia», di paolina memoria, finalizzata a fare amare, dagli anziani ai giovani, una lingua che trasmette amicizia, autorevolezza, cristianità, diritto, solidarietà e tradizione in ogni singola parola del suo vocabolario”.
Cosa intende dire a chi vuole intraprendere lo studio della lingua latina?
“Da Dante a Tolkien, le biografie degli estimatori del latino rivelano sempre l’affermazione di una persona sana ed equilibrata, capace di vivere un’esistenza all’insegna di mete grandi e nobili. A quanti si cimenteranno con lo studio di questa lingua, non posso che augurare il raggiungimento della sapienza più appagante che possa esistere, quella di vivere un’esistenza nella quale ragione e passione, spirito e materia, anima e corpo possano procedere in armonia e pienezza di senso: ad maiora!”.