Nell’anniversario della morte di Dominique Venner, suicidatosi a Notre Dame il 21 maggio del 2013, Barbadillo si confronta con Marcello Veneziani su cosa rimane, oggi, del pensiero dello storico francese.
Sette anni fa, per scuotere l’Europa intorpidita da decenni di materialismo e depauperamento spirituale, Dominique Venner si toglieva la vita nella cattedrale di Notre Dame. Cosa resta, oggi, della potenza di quel gesto supremo da “samurai” d’Occidente?
“Resta la sua denuncia, il suo gesto, il suo simbolo; ma insieme resta lo sconcerto per aver profanato una chiesa proprio mentre ne denunciava la profanazione. Venner si toglieva la vita nel nome di una Tradizione che reputa la vita un dono e una milizia, di cui noi non disponiamo. Un gesto tragico ed epico che scuote, certamente, ma che non può essere elevato a modello ed esempio”.
L’idea di Europa secondo Venner non si risolveva nell’esaltazione o nella critica alla Ue, come invece credono sia tanti sostenitori globalisti che moltissimi avversari populisti. Anche alla luce di ciò che ha svelato la crisi da Covid, aveva ragione lui o ha intravisto una chimera?
“Il tema dell’Europa deprivata del sacro, della tradizione e dei principi che l’hanno animata nei secoli, resta irrisolto; la pandemia ne ha ulteriormente mostrato la fragilità, la vulnerabilità e al tempo stesso l’incapacità di pensare oltre la “nuda vita”, al punto che – come scriveva Giovenale – propter vita vivendi perdere causas, per salvare la vita si perdono le motivazioni che rendono la vita degna d’essere vissuta. Ci sono temi esistenziali e temi di civiltà che vanno ben al di là degli europeisti e dei nazionalisti, dei globalitari e dei sovranisti. Sono orizzonti di vita, non etichette, scelte e visioni, non chiacchiere e distintivi”.
Di autoproclamati ribelli, sia nel mondo progressista che in quello più conservatore e giù fino ai populismi del web, ce n’è fin troppi. Vale ancora la pena di ribellarsi in un mondo sempre più virtuale e meno reale? E se sì, perché?
“Il pericolo maggiore è il conformismo della ribellione, che poi discende dal conformismo della trasgressione di matrice sessantottina; ovvero la convinzione che si stia infrangendo della regole, si stia violando un canone, e invece si fa esattamente quel che il nuovo codice del conformismo indica…Da questo punto di vista il rischio di una ribellione finta, uniforme, prescritta, è molto più alto nel mondo radical, progressista o liberal che sia. La perdita del reale pone invece un altro problema, il trasferirsi del conflitto una zona virtuale, fino a farsi imponderabile, irrealizzabile se non attraverso la fiction, l’alienazione radicale. Il problema è quello di non alterare la realtà e non sostituirla con l’immaginazione, con la falsa rappresentazione: bisogna saper distinguere ciò che attiene alla sfera ideale e ciò che attiene alla sfera reale, il sogno dalla veglia”.
Ci sono immagini potenti. Venner amò la celeberrima incisione di Durer, “Il Cavaliere, la Morte e il Diavolo” a cui, peraltro, un altro genio francese – Jean Cau – dedicò una delle sue opere più belle. Valgono ancora quelle riflessioni, quei pensieri di allora sono ancora utili al “ribelle” di oggi?
“Ero innamorato di Jean Cau e del suo cavaliere, ma ben presto mi accorsi che l’etica della disperazione, l’eroismo della disperazione, non porta da nessuna parte. Lo scrissi sin da ragazzo su Intervento, mi pare nel 1979. E continuo a sostenerlo ora, come ho scritto nel recente Dispera Bene, un manuale di consolazione e di resistenza al declino. C’è il rischio di una ribellione solitaria, se non solipsistica, suicida, estetica e gestuale”.
Notre Dame è bruciata. Le chiese europee, con difficoltà, riaprono ai fedeli dopo le gravose restrizioni per la pandemia. Alcune non riapriranno più e finiranno riadattate a supermercati. Anche su Venner splende il bianco sole dei vinti?
“Venner ha colto la crisi della civiltà; in una riflessione che ho pubblicato questo mese sul Borghese, ho messo in relazione il gesto di Venner con il pontificato di Bergoglio (nello stesso anno) e la “profanazione” di NotreDame con suicidio con l’incendio dello scorso anno. Chi crede nei simboli e nelle liturgie, non può che restare turbato da certe coincidenze. L’irrilevanza della religione cristiana, l’automarginalizzazione della chiesa cattolica, la rinuncia alla salvezza per la salute, è emersa con evidenza nel tempo della pandemia. Non era mai accaduto che davanti a un contagio la gente non potesse contare sulla religione e rifugiarsi nella consolazione della fede, se non come fatto intimo, privato. Il segno di una Chiesa che si ritira dal mondo o lo insegue facendosi assistente sociale, ong globale, è la conferma che la scristianizzazione parte purtroppo dal cuore stesso della cristianità”.
“Resta la sua denuncia, il suo gesto, il suo simbolo; ma insieme resta lo sconcerto per aver profanato una chiesa proprio mentre ne denunciava la profanazione. Venner si toglieva la vita nel nome di una Tradizione che reputa la vita un dono e una milizia, di cui noi non disponiamo. Un gesto tragico ed epico che scuote, certamente, ma che non può essere elevato a modello ed esempio”.
Ok, Veneziani non ha capito nulla del gesto di Venner, cosa che invece ha compreso Solinas (la differenza tra i due è infatti abissale). Probabilmente non ha manco letto il Venner del suo libro-testamento “Un samurai d’Occidente”.
https://www.ilgiornale.it/news/sogno-rifondare-nostra-civilt-1252994.html
@Andrea Lombardi: secondo me Veneziani ha capito benissimo il gesto di Venner(e sicuramente ha anche letto “Un samurai d’occidente”) , semplicemente non lo concepisce e non lo approva come atto spirituale, non tanto e non solo per un mero fattore religioso derivante dalle sue credenze cattoliche ma per una visione organica di tipo tradizionale che vede nel “combattere anche su posizioni perdute” e nel “restare in piedi fra le rovine” una linea di condotta esistenziale fondamentale… So che mi attirerò le critiche di molti amici qui su Barbadillo dicendo ciò., ma il suicidio di Venner rimane un gesto solipsistico e personale nonchè contraddittorio all’atto pratico seppur dall’innegabile valore simbolico, che però in uno scenario di desolazione come quello liquido della modernità purtroppo non può assumere lo stesso significato che avrebbe avuto nella Roma antica per dire, così come non può essere secondo me paragonato ad un Seppuku rituale che era compiuto con uno spirito totalmente diverso e come gesto estremo di espiazione che poteva essere legato ad una sconfitta disonorevole… Allora si potrebbe dire che l’atto di Venner equivale al gesto di Mishima, ma nemmeno in questo caso in realtà ci può essere analogia, in quanto il gesto di Mishima fu innanzitutto preparato in modo molto certosino e interessando la sfera pubblica, e poi ebbe una rilevanza ben diversa nella società e nella cultura nipponica moderna seppur anch’esso non abbia suscitato completamente gli effetti sperati e solo in questo particolare in qualche modo si potrebbe legare al gesto di Venner che però avviene in un contesto ancora più infencondo e privo di capacità ricettive… Insomma tutti noi abbiamo apprezzato il francese per le sue battaglie ideali,per i suoi scritti etc e condividiamo la sua avversione radicale al modello di società demo-liberale e corrotta in ogni ambito dell’esistenza, ma il suo suicidio purtroppo non può essere un esempio di ribellione a tutto ciò perchè semplicemente non può produrre niente di positivo anzi in fondo si fa anche un favore ai padroni del discorso che non si aspetterebbero altro da noi, certo rimane un atto di rivolta personale che a noi suoi estimatori ha colpito molto, ma è un seme gettato in un terreno sterile e soprattutto che ci ha privato di un grande intellettuale che ancora oggi avrebbe potuto dire la sua con le sue lucide analisi ed il suo sguardo di verace uomo europeo… Insomma non posso che concordare con tutto quanto ha detto Veneziani, mi duole dirlo ma bisogna essere capaci anche di accettare che un grande uomo possa morire inutilmente, ed è questo secondo me il caso, e se dovessi portare ad un ragazzo, ad un militante di oggi un esempio di lotta porterei quello dei ragazzi della RSI, quello del Capitano C.Z.Codreanu, quello del barone von Ungern Sternberg, quello dello stesso Julius Evola , quello insomma di chi se è andato con le armi in pugno fino alla fine(anche solo metaforicamente s’ìntende), che siano armi intellettuali nella guerra delle idee o armi vere in una battaglia sul campo fa poca differenza per come la vedo io, ma ecco nella mia modesta visione della Rivolta Ideale sono questi i riferimenti , e se suicidio dev’essere che serva almeno, sempre a livello metaforico, per far saltare qualche postazione nemica come gli stessi kamikaze nipponici, moderni samurai, ci hanno insegnato…
Il seppuku è riscatto estetico che diventa etico. Un bel morir tutta la vita onora, diremmo noi. Non è il caso di Venner, il cui suicidio è estetica testimonianza, ma che non riscatta, semmai vorrebbe risvegliare coscienze smarrite… Però si pone, per l’ennesima volta, una questione tipica di molte ‘destre’: si continua a guardare ostinatamente al passato, a denunciare la crisi di civiltà, i valori (veri o immaginari non importa) perduti, ad invocare impossibili cambi di rotta… Il seppuku da molto è finito in Giappone, dal tempo dei samurai e dell’occidentalizzazione durante il periodo Meiji, la fine del shogunato ecc.. A metà del secolo XIX. Gesti, come quello di Venner, che a ben poco servono perchè non raggiungono nessuno scopo. Semmai vengono scambiati come atti di esibizionismo – alla pari di tanti altri – per concludere una vita con clamore mediatico… Già Don Chisciotte aveva detto tutto….
Grande Andrea Lombardi (ci siamo incrociati mi pare a Cpi Parma anni fa durante una conferenza); condivido l’opinione su Veneziani ; un solo (cameratesco )appunto, quando possibile cerchiamo di evitare parole tipo ok.
Caro Tullio, sapendo come la pensi immaginavo che mi avresti bonariamente criticato ed hai fatto benissimo perchè il tuo parere è sempre da me tenuto in massima considerazione. Premetto che le considerazioni sulla profanazione della Chiesa lasciano il tempo che trovano ed infatti non è assolutamente questo il punto della situazione nonostante capisca il punto di vista del cattolico Veneziani in proposito. Sulla questione seppuku ed harakiri ovviamente mi sono espresso in modo semplicistico, in effetti hai spiegato benissimo la differenza ed io ho tralasciato di considerare gli altri casi in cui il suicidio rituale assumeva altri caratteri, questi sono molteplici e vanno dalle considerazioni che hai perfettamente esposto ai casi in cui ad esempio con la propria morte si onorava quella del proprio Signore, per esempio nel celebre seppuku dell’ex Daymio Meresuke alla morte dell’Imperatore Mutsuhito… Quindi su questo hai perfettamente ragione ed anzi mi devo scusare per aver non aver trattato in maniera consona la questione, però , ed è qui il punto del mio dissenso, io non riesco a vedere nel gesto di Venner, pur provando a comprenderne l’essenza, la stessa portata sia sacrale sia diciamo psicologica dei casi del console romano o del samurai tradizionale, ovvero io giudico il gesto di Venner, compiuto al di fuori di un esplicito ricollegamento tradizionale diretto come un gesto che non può raggiungere, sotto un profilo sia diciamo rituale sia a livello sociale, lo scopo prefissato di risvegliare determinate forze sottili… è vero il luogo in cui è stato compiuto ha un alto valore simbolico e su questo punto sono assolutamente daccordo, però diciamo che questo non basta per far si che il sacrifico possa essere considerato compiuto in ogni senso, perchè la modalità attraverso il quale è stato realizzato è a mio modesto avviso assolutamente di tipo personalistico e fuori da una prospettiva di ordine sacro, forse si potrebbe più paragonare al caso di Jan Palach che ad altri(seppur anche qui si parla di contesti molto differenti) e quindi più vicino ad un sentimento di estrema ratio per provare a suscitare attraverso la propria testimonianza delle forze di reazione al presente, insomma un suicidio dall’alto valore simbolico ma non aderente, a mio modesto avviso , allo spirito ed alla prassi del sacrifico rituale per il ricongiungimento con forze divine così come previsto nell’ottica della Tradizione… ma ovviamente questa è la mia personale e forse troppo burocratica interpretazione, sicuramente altre critiche si potrebbero muovere alle mie considerazioni, per esempio il fatto che in un epoca come questa in Europa non c’era altro modo corretto di compiere quel gesto, oppure che più che la “cerimonia” conta l’atto in se e tante altre questioni su cui per entrare veramente nel merito ci sarebbero molte sfumature da considerare, per esempio anche la questione se dei rituali ispirati ad una Tradizione è passata possano essere considerati ancora validi oggi ed in che misura e con quali prerogative, insomma quello di Venner è sicuramente un caso complesso in cui penso entrino in gioco anche componenti di tipo esistenziale, quindi ognuno a seconda della propria sensibilità e della propria equazione personale potrebbe vedere la cosa secondo un aspetto diverso… Ti ringrazio comunque Tullio della tua esplicativa risposta su cui continuerò ancora a riflettere mettendo in discussione il mio punto di vista che forse partendo da una prospettiva spirituale leggermente differente dalla tua non riesce a comprendere completamente la portata del gesto di Venner ed ha dargli il suo giusto senso. Come sempre un caro saluto.
La storia dell’umanità è storia di crisi di civiltà. Perchè pensare di poter tornare indietro?
Venner era autore per circoli ristretti di estimatori. Sconosciuto al gran pubblico, che ha appreso della sua esistenza solo con il suo suicidio. Ma il pensiero comune è stato, piaccia o no: un altro a 75 anni magari si butta dal balcone, tanto per risparmiarsi gli ultimi non felici anni di vita, anticipando Parkinson, Alzheimer, paralisi da ictus ecc. Lui si è sparato a Notre-Dame, un po’ come chi si fa seppellire in America nella sua Ferrari…
Non c’entra direttamente. Leggo: “Non sono piaciuti tanto alla sindaca di Torino, Chiara Appendino, gli assembramenti che si sono verificati questo pomeriggio in alcune piazze della città per assistere al sorvolo, sul capoluogo piemontese, delle Frecce Tricolori”. Per il 25 aprile va tutto bene, per le Frecce Tricolori no? Altro che uccidersi, come Venner, qui bisogna ormai pensare ad affilare i coltelli, come predicava Codreanu… Con la scusa del Covid-19 la marmaglia comunistoide-vaffanculista vuole far tacere ogni voce dissonante. Viva l’Italia!!!