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La Libreria Editrice Fiorentina (LEF) di Giannozzo Pucci è erede di una storia che va da Giovanni Papini a Don Lorenzo Milani, fino alla rivista-libro The Ecologist, fondata da Edward Goldsmith.
L’ultimo numero, intitolato La nuova agricoltura contadina (pp. 185, euro 20), manifesto per la “rinascita della Terra” e contro l’economia usuraia, vince il premio Acqui Ambiente 2024, che sarà consegnato a villa Ottolenghi di Acqui Terme (Al), domenica 7 luglio.
Dottor Pucci, da quali scelte è dettata la trasversalità della LEF?
“Si tratta di una trasversalità solo apparente, legata al suo interno da un filo verde. La conversione di Papini si situa dentro la coda della condanna del modernismo, che ha tante sfaccettature, ma certamente il contributo dello scrittore fiorentino insieme a quello di Domenico Giuliotti non è affatto secondario e resta nell’underground del cattolicesimo”.
C’è un underground cattolico?
“Sì, se Ivan Illich amava ripetere di essere l’unico sacerdote di sua conoscenza rimasto fedele al giuramento antimodernista”.
Prosegua, la prego…
“Anche Don Milani – che amava usare la schiuma del linguaggio dei comunisti diffuso fra i suoi popoli operai e contadini – nella sostanza delle sue condanne della società e della ideologia borghese ha più venature di anti-modernismo, che disegnano a tratti elementi di una società comunitaria, sempre in fermento, ispirata alla semplicità e alla fede cristiana”.
Dunque?
“Tutto ciò trova nell’ecologia di Edward ‘Teddy’ Goldsmith più di un riverbero perché, aperta al trascendente dei popoli indigeni, tende a ridisegnare tutti gli aspetti dell’economia e della società”.
Nelle scuole cattoliche degli anni ‘60, Don Milani non era citato, sebbene i suoi testi fosserogià celebri. Invece Papini, l’Accademico d’Italia di ieri, è il Dimenticato d’Italia di oggi…
“Papini è dimenticato per il suo schierarsi col fascismo. Perciò e stato silenziato, come tutto quello che riguardava il fascismo, condannato, ma senza analisi. Senza neppure quella critica radicale nel merito che, già in epoca fascista, La Pira ne aveva fatto. Semplicemente il fascismo è stato chiuso come lo scheletro nell’armadio”.
Di conseguenza…
“… Non c’è stata abbastanza riflessione e profondità culturale nel superamento del fascismo e dei suoi errori di fondo, molto simili a quelli dell’ideologia marxista e liberista”.
Così…
“… Anche ora, quando siamo in un’epoca di fine delle ideologie ottocentesche, continuiamo a essere circondati di fantasmi: i fantasmi del fascismo, del comunismo, del liberismo, l’ultimo dei quali, già superato dalla storia, sta conducendo le danze della distruzione della terra e della sua trasformazione in denaro ed evasione virtuale”.
Torniamo a Don Milani.
“Don Milani non era mai citato in classe, perché era più avanti di quello che veniva insegnato nelle scuole cattoliche, sempre un po’ indietro e allineate sull’economia prevalente nella società”.
Esule in patria?
“Don Milani è stato mandato a Barbiana, scontando la sua scarsa esportabilità metodologica in una Chiesa molto curiale e poco laica. Invece lui praticava la laicità della fede cristiana, cioè una fede di sostanza, come quella del papa attuale”.
Il suo schierarsi per l’ambiente, dottor Pucci, quando ancora in Italia pareva un atteggiamento elitario, ha una connotazione che lascio definire a Lei…
“Ha una connotazione aristocratica, ma non elitaria, cioè risponde alla necessità di portare il Paese verso i traguardi più alti raggiungibili e quindi a prendere, se possibile, la guida del mondo da una città come Firenze o dalle sue campagne, secondo l’adagio di Alce Nero che ogni luogo è il centro del mondo”.
Goldsmith è morto presso Siena nell’agosto 2009. Lei, dr. Pucci, lo ha frequentato. Un giorno mi ha detto che Teddy riteneva superato il punto di non ritorno per l’equilibrio ambientale.
“Teddy si era fatto convincere dai suoi amici scienziati dell’IPCCP che oramai non si poteva fare molto. Allora si è sentito come la sentinella che non è riuscita a dare l’allarme alla città, anche se ci aveva provato per più di trent’anni”.
Atroce.
“Sì, questa cosa lo aveva colpito nel profondo, nella parte irrazionale, e si è lasciato morire, come se avesse perso il senso della sua vita. Non c’era verso di convincerlo, avevo provato a criticarlo con l’idea che, così, rinunciava all’interpretazione della natura, da cui era cominciata la sua conversione in mezzo ai boscimani del Kalahari, la quale andava ben al di là della scienza. Ma niente da fare”.
E…
“… E così abbiamo perso uno dei più grandi interpreti della rivoluzione ecologica”.
Il rispetto per gli equilibri ecologici credo che nessuno lo contesti. Ma mi sta invece sulle scatole l’eccesso green, che non conduce da nessuna parte, perchè non tiene conto della realtà della gente comune, solo dei sogni più o meno elitari…