La Confederation Cup si chiude con i verdetti più scontati. Vince il Brasile padrone di casa, superando in finale la Spagna campione di tutto. Al terzo posto l’Italia che si impone sull’Uruguay di Tabarez. In fondo, niente che non fosse ampliamente prevedibile.
Dato che, in buona sostanza, la finale non l’abbiamo giocata noi, e poiché non abbiamo la minima intenzione di sciorinare inutile fair play di maniera commentando con finto distacco la finale che ci è stata scippata dall’ennesima e sfortunata roulette dei rigori, è meglio badare ai casi nostri e credere che, anche stavolta, la nazionale dei ‘perdenti’ ha dato uno schiaffo in faccia ai suoi detrattori. Sì, perché se giochi con Candreva inesauribile sulla fascia destra, con Maggio che si spinge per due volte a sfottere Iker Casillas, se Diamanti insegna al mondo che in Italia le punizioni non le sa tirare solo Pirlo, se il ‘pensionato’ Gigi Buffon para tre rigori alla Celeste (mica Tahiti) forse qualcuno agli azzurri deve delle scuse. Pure perché la squadra che sta mettendo insieme Cesare Prandelli sembra proprio orientata a giocare sui nervi, non solo sul campo, sulle tattiche. La Spagna avrà il tiquitaca, l’Italia avrà il cuore. Come paragone ci sta tutto. Alla faccia dei corvi, improvvisati e non, dell’eterna vigilia.
E, diciamocela tutta, del codice etico non ce ne può fregar di meno. In primo luogo perché è una boutade, lanciata lì da una Federazione in cerca d’autore (e di popolarità) che annaspa nella tempesta dell’inconsistenza internazionale. Un po’ come l’Italia ‘politica’. Cesare Prandelli, in pratica, si è adattato alle indicazioni dei suoi superiori. Senza scomodare, però, il processo di Norimberga, non è che ci vuole chissà che scienza per capire che un commissario tecnico (ruolo che da sempre trasforma chi lo accetta nell’uomo nel mirino per eccellenza in Italia) pur di lavorare in pace si presti a piccole campagne di stampa che, in questo maledetto calcio moderno, stanno facendo del pallone uno strumento di propaganda politica sempre più asfissiante. Prendetevela con i pupari, non solo con chi, per un motivo o per un altro, appare in luogo degli oscuri signori delle mosche che preferiscono osservare questo bel teatrino avvolti nella coltre buia delle loro stanzette dei bottini (pure i bottoni sono scomparsi…) a discutere di diritti tv…
Certo, potrebbe essere un atteggiamento non certo da imitare. Anzi, un precedente pericoloso. Anche perché, sia detto senza nessuna piaggeria, l’unica cosa sana del calcio rimangono solo i tifosi, una fetta di calciatori, qualche allenatore poi basta.
@GiovanniVasso