O Sancta Simplicitas!
(Jan Hus)
L’usato sicuro che fa mangiare la polvere ai giovani motori scoppiettanti. Lento ormai, pensano. Eppure affidabile, al punto da eguagliare una leggenda del futbol che si chiama Gabriel Omar Batistuta.
Fabio Quagliarella, da Castellammare di Stabia, fu l’eterna promessa. Sempre sul punto di sbocciare, sempre frustrata. Ora dal club del mate, ora dai ricatti fasulli (e un processo gli ha dato ragione e soddisfazione), adesso dai top player delle plusvalenze, talora dall’indolenza dei sazi compagni di nazionale in Sudafrica.
Bandiera, in senso stretto, non lo è. Perché ha cambiato tante maglie, irreconciliabili tra loro. A Napoli, alla Juve e al Toro. Oggi con la Sampdoria. Poi quel vezzo di non esultare contro le sue ex squadre, che pure sono tante.
Sabato, Quaglia è entrato nel record che poi è l’unica cosa che conta nella narrazione del calcio di oggi. Undici volte a segno in altrettante partite consecutive. La Sampdoria scanzonata di Giampaolo vola e sogna. Sa che non durerà ma finché dura, almeno, ci si diverte.
Con Fabio Quagliarella, un signore di 36 anni che si diverte ancora a segnare e a non esultare, il pallone italiano incontra una figura quasi mitica. Il bomber affidabile che si diverte lontano dai riflettori, che segna come più gli piace, che dipinge capolavori, quando e se gli va mentre il mondo si strugge appresso all’adipe di Higuain, ai capelli di CR7, ai paraustielli di De Laurentiis.
Il calcio pensa alle wags, lui segna. Il pallone va appresso alla Var, lui fa gol. Il futbol impazzisce per la rabona di un talento oscuro gestito dal procuratore ammanicato, lui fa i record. Come, prima di lui, Antonio Di Natale. Che, non per caso, è napoletano anche lui.
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