Che una fabbrica di carrelli elevatori cominciasse a sfornare auto ibride sembrava strano fin dall’inizio. Che poi quella stessa fabbrica diventasse una sorta di «hub» mondiale di taxi ecologici per Londra e le altre metropoli del mondo è apparsa una favola, una bella favola natalizia, fin dal 22 dicembre 2011. Ma poiché l’annuncio era stato dato in un contesto autorevole da persona autorevole, l’opinione pubblica e (soprattutto) gli operai della Om a quella favola hanno creduto. «Abbiamo trovato l’accordo. Nessuno sarà licenziato. La fabbrica avrà un piano di rilancio e ricerca grazie ai cofinanziamenti della Regione legati all’innovazione e allo sviluppo intelligente della produzione». Con queste parole il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola diede la buona novella — in una sorta di remake di La vita è meravigliosa di Frank Capra — alla vigilia del Natale 2011 a margine della presentazione di un libro del segretario nazionale Fiom Maurizio Landini. Il progetto di riconversione, chiamato Hybrid, avrebbe dovuto produrre dal 2013, ogni anno, dai 4 mila ai 6 mila taxi con motori ibridi (elettrici e a scoppio), con un investimento di 45 milioni di euro.
Oggi, che il 2013 è passato quasi per metà (e anche le politiche del febbraio scorso nella cui campagna elettorale Vendola ribadì la promessa dei taxi), gli oltre 200 operai della ex Om possono solo sperare di evitare il licenziamento a fine giugno, eventualità nefasta che potrebbe concretizzarsi se non venisse riconosciuta la proroga di un anno della cassa integrazione. Piuttosto che interrogarsi su perché Frazer Nash — l’azienda britannica che avrebbe dovuto dar vita al progetto Hybrid — non abbia ancora fornito una motivazione ufficiale del suo ritiro, i politici pugliesi e italiani dovrebbero chiedersi come abbiano potuto dar credito a un’ipotesi di produzione di taxi londinesi a più di 2 mila chilometri da Buckingham Palace in un Paese da cui le aziende cercano sempre più di delocalizzare in aree a basso costo della manodopera. Perché cercare di convincere Bridgestone a non abbandonare Bari, puntando su una produzione a costi più bassi, è possibile; cercare di riconvertire — pur tra mille difficoltà e ormai da tre anni — la ex British American Tobacco di Lecce è l’unica via percorribile per salvare gli ex lavoratori (e ad oggi il processo di reindustrializzazione del sito che prevedeva 4 insediamenti in vari settori e il riassorbimento di tutte le unità lavorative è fermo al solo sito della Iacobucci che produce piccoli arredi di aerei); far insediare a Ginosa la Q-Bell che trasformerà gli operai del tessile della ex Miroglio in addetti tecnologici alle prese con tv e monitor è stata impresa ardua e faticosa, per non dire miracolosa, di quelle che riescono una volta ogni dieci anni.
Ma credere alla favola che l’Om Carrelli di Bari potesse produrre i taxi londinesi (se qualcuno alla Regione ci ha creduto) è imperdonabile. Alla prossima crisi industriale pugliese chiunque potrà dire di voler chiudere, ma di aver pronta la sostituzione produttiva indolore: dopo aver creduto ai taxi londinesi, sembrerà lecito proporre alla Regione Puglia qualsiasi cosa. A più di 24 ore dalla chiusura negativa della trattativa Om e a 18 mesi dall’annuncio dei taxi l’opinione pubblica e (soprattutto) gli operai attendono le giustificazioni di Vendola.
* dal Corriere del Mezzogiorno