Nacqui a legami d’amore, non d’odio.
(Antigone, Sofocle)
Nell’attesa che si compia la beata speranza del gol di CR7, la Juve si gode l’ultima intuizione di Max Allegri. Lui l’ha difeso, l’ha blindato. Per lui ha ceduto Gonzalo Higuain, non proprio l’ultimo arrivato.
Mario Mandzukic è l’eroe del giorno. Ma in realtà, eroe, lo è da tempo e da ben prima dei Mondiali in Russia che hanno rappresentato la sua epifania al pianeta del futbol. Al Tardini, l’attaccante tuttofare croato ha trasformato in un gol semplicissimo una cosa difficilissima (liberarsi di due difensori nell’area e trafiggere il portiere in uscita). Poi, nel secondo tempo, s’è inventato un tacco davanti a cui gli dei del calcio non possono che inchinarsi. Ha mandato così in gol il signor Matuidi per l’1-2 che vale ai bianconeri la terza vittoria consecutiva.
In mezzo, tanta frustrazione. C’è la Juve che gioca praticamente sempre all’attacco, porta almeno quattro giocatori (quasi) fissi nell’area parmigiana, senza concludere granché ma anzi esponendosi così al contropiede emiliano. Che quasi costa, nel secondo tempo, l’uno-due che solo l’eleganza zen del Conte Sczewszny riesce a disinnescare.
Cristiano Ronaldo, nel frattempo, le prova tutte. A tratti diventa quasi irritante la sua voglia matta di far gol, di esultare in faccia ai provoloni dell’Uefa che è lui il più forte calciatore d’Europa e non il pur benemerito capitano croato Luka Modric. Ma è dalla parte del torto, CR7. Perciò, anche da Parma, ritorna a bocca asciutta.
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La gloria, dunque, è tutta per Mandzukic. È lui l’uomo che risolve le partite della Juventus. Non solo a Parma, dato che le vittorie su Chievo e Lazio portano la firma del suo lavoro, fatto di grinta e sacrificio. Eppure avrebbe tutti i mezzi per mettersi lì e farsi adorare. Invece no, lotta, sbraita, non molla di un centimetro. Ha cazzimma (ché dre solo grinta è ancora poco) da vendere, duttilità d’altri tempi e fame. Lo sguardo perenne imbronciato gli è valso la fama di “Mister No Good”, lo spietato, lo scatenato, il sanguinario che non si commuove mai. Manco davanti ai gattini tenerelli.
Quando arrivò Ronaldo, il suo nome iniziò a circolare tra quello dei papabili partenti. Max Allegri, sussurrano le cronache sportive, ha combattuto come un leone per far sì che la squadra non se ne privasse. Per la società sarebbe stato un affare: Mandzukic arrivava da un mondiale impressionante in cui insieme a Modric, s’era caricato sulle spalle una squadretta portandola alla soglia del sogno Mondiale.
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Il tecnico bianconero non è certo uno di quelli che sbraita per nulla, anzi è un aziendalista convinto. Ma guai a toccargli Mariolino. Per forza: può farlo giocare su tutto il fronte d’attacco senza perdere un’oncia del suo potenziale, può piazzarlo in copertura o da centravanti puro. Può fargli fare quello che vuole, persino metterlo in porta: Mandzukic si accomoderebbe tra i pali senza fiatare, come un soldato di ventura pronto a tutto per la vittoria, darebbe comunque e sempre il massimo.
Non ha la faccia d’angelo di Dybala, non ha gli uffici stampa che lo imbrodano come Neymar, non ha l’appeal superglamour di CR7 né la collezione di Palloni d’Oro di Messi, non segna trenta gol a stagione come Higuain, non è manco guascone come Ibrahimovic.
Mandzukic è (ben) altro: lui risolve partite, è il sicario spietato che fa il lavoro sporco e consegna alla Juve la testa dell’avversario.