Il secondo gol del Tottenham ha riaperto il grande dibattito crepuscolare del nostro pallone. Complice la cattiveria deutsch dell’ex panzer Mario Basler, s’è rimestato il calderone delle polemiche. Per Gigi Buffon è giunto il momento di appendere i guanti al chiodo?
Iniziamo dall’ultimo casino. Una barriera piazzata malissimo consente a tale Eriksen di bucare la porta juventina e strappare un pareggio che già al decimo minuto del primo tempo – dopo il terrificante uno-due di Gonzalo – pareva ormai impossibile per gli Spurs. Il decadimento fisico e di concentrazione si fa sentire, dicono. Ha quarant’anni e il calcio moderno ha le sue ragioni, comprensibili solo agli uffici stampa, ai registi delle paytv e ai social media manager. E poi ci sono i meriti di Buffon, campione del mondo nel 2006, primo sempre in campo e ultimo a uscirne.
Con quel titolo sprofondò in B con la Juve, vivendone il calvario post-Calciopoli fino allo strame di titoli e coppe degli ultimi anni. Roba che lo piazza, probabilmente, un gradino sopra Zoff. Non citato a caso, l’ultimo hombre vertical del calcio italiano fu letteralmente massacrato dopo i mondiali del ’78 e, poi, nell’83 quando si fece uccellare dal famoso gollazo dell’amburghese Magath. Poi vinse il mondiale ’82 (quel paratone contro il Brasile) e divenne santo a furor di popolo.
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A Gigi Buffon l’ultimo mondiale lo ha negato la peggiore nazionale degli ultimi decenni di cui lui è stato capitano. Non si lascia il calcio se non si raggiunge l’irraggiungile. Totti, sia detto col massimo rispetto, all’Olimpico ha sempre quello sguardo triste che se uno fosse feroce, ci vedrebbe dentro gli occhi dei pensionati stregati dai cantieri stradali.
Non ha che un modo per chiudere alla grandissima, in modo da essere in pace con se stesso, da sottrarsi al ruolo deplorevole del paredro della bella D’Amico: vincere la Champions League, finalmente. Per farlo, però, piazzi meglio la barriera. E ricordi ai suoi compagni che non si deve mollare mai; il Tottenham l’ha fatto e ha strappato l’impossibile pari.