Joseph Marie Minala al suo arrivo in Italia divenne lo zimbello dei social. Adesso, dopo tre anni, è diventato l’idolo di tutta una tifoseria, per giunta una delle più calde, accese, passionali ed esigenti del panorama calcistico italiano. Minala, con un colpo di finissima freddezza che è rimbalzato fin su PornHub (sissignori) ha regalato, al 96esimo, l’insperata vittoria corsara alla Salernitana, in casa dell’Avellino.
È stata una gara da 118, il derby Avellino-Salernitana. Gli irpini vanno sul doppio vantaggio, agganciano la vetta in solitaria della classifica. Al Partenio, fino al 75esimo, è l’ubriacatura di Ceres (nuovo sponsor che ha esordito proprio nel sentito derby campano) e di quei sogni di gloria inconfessabili che hanno solo un nome, anzi una sola lettera: A. Poi succede che per la Salernitana entra Rosina, Sprocati si sposta più al centro, entra pure Bocalon e Rodriguez lancia la carica estorcendo il 2-1 su calcio d’angolo. Poi è Sprocati che sale in cattedra, prendendosi il pareggio e ispirando, in ultra recupero, il gol partita (2-3) del camerunense che è già uno slogan: Minala al 96esimo.
Dopo il gol del centrocampista, è successo di tutto. Il calciatore ha esultato come un matto, s’è portato il dito alla bocca e ha zittito la curva dei padroni di casa. Quell’immagine è diventata un meme virale. Intanto ha rischiato il linciaggio in campo, l’ha salvato il diesse della Salernitana dalla furia dei calciatori biancoverdi. Lui, ai microfoni, ha stemperato i toni. Alla fine s’è lasciato andare. Era una settimana che li sfottevano, da Avellino. Calciatori contro calciatori, in Irpinia c’erano state feste, slogan, dichiarazioni di guerra e sfottò. Come è bello, giusto e normale che ci siano nel calcio. “A Salerno c’è aria di funerale”, aveva tuonato il centravanti irpino Matteo Ardemagni poche ore prima della partita. Solo che, alla fine della fiera, i biancoverdi hanno perso in maniera a dir poco drammatica. E si buscano, stavolta loro, i più sanguinosi degli sfottò.
Così è stato che Joseph Marie Minala, lo zimbello dei social, è diventato un idolo per i tifosi della Salernitana. Una storia che va più in là della cronaca sportiva o dell’epica strapaesana delle sfide pallonare. Sembra proprio una (bella) storia di riscatto.
Ricordate, quando Lotito lo portò alla primavera della Lazio? Quel viso marcato e duro, scavato e grosso, tradiva a prima vista, molti più anni di quelli dichiarati. Si riaprì la questione degli africani che dicono di essere ragazzini ma che in realtà sono molto più vecchi (anche se il caso più clamoroso del genere nel campionato italiano fu quello di Luciano-Eriberto, brasiliano). Fu letteralmente massacrato.
Un ragazzetto con la faccia da vecchio divenne il trastullo del momento. Battute, offese, accuse. Fu affogato nel ridicolo, qualcuno lo trattò da delinquente, invocando inchieste e sanzioni. I siti africani, nel 2014, riportarono follie, tipo che avesse dichiarato che aveva 42 anni invece che diciassette. Dovette intervenire la Federcalcio a sancire l’età del ragazzo della Lazio. Tutti risero, pure i più buoni tra i buoni. Nessuno lo difese, nemmeno quelli che oggi scendono in piazza a digiunare. Del resto, solitamente, ci si batte per farsi notare da qualche generalone ben nascosto dietro le quinte. Il povero Minala, che (era) un povero cristo mica uno dei ragazzetti superchic che fanno tanti clic con i loro giochetti da prestigiatori e con tutte le loro supercazzole nelle partitelle dell’oratorio, rischiò seriamente di lasciar perdere tutto. Niente batterie di fuoco web alle spalle, nessun supporto dalla contraerea degli osservatori fighi di Twitter, nessuno che per lui avesse sprecato una parola buona.
Lui però è andato avanti. Ma nessuno gli ha regalato niente: prima gli infortuni, poi la prima esperienza (fallimentare) col Bari in B, l’arrivo tra lo scetticismo a Salerno.
Finalmente domenica è arrivata l’esplosione. Il gol rifilato all’Avellino, l’esultanza scomposta è figlia di un riscatto e di una dedica. Minala, infatti, ha perso il papà da qualche settimana. E a lui ha voluto offrire la perla che lo ha consacrato nel calcio italiano, seppur quello meno patinato della serie B.