“Seguiremo il Chelsea per terra, per mare..e a Leicester” era un vecchio coro della Shed End del Chelsea, cuore pulsante del tifo dei blues all’epoca di quando gli hooligans terrorizzavano le vecchie signore inglesi, Zola e Vialli non erano nemmeno sbocciati e i londinesi annaspavano nel limbo del centroclassifica. Leicester, nella mitologia dei cori da stadio inglesi, non apparteneva né alla terra né al mare, vai sapere il perché. Forse perché ai viziati tifosi della Greater London questa località dava l’idea di essere così grigia ed anonima che non meritava neanche di essere annoverata nel globo terracqueo e, ciò nonostante, sarebbero stati pure lì a seguire la propria squadra, non appena l’avessero trovata sulla cartina.
La sorpresa. Lo so, vi starete chiedendo perché ho cominciato un articolo sul Leicester e su Ranieri parlando del Chelsea e dei suoi tifosi? Ci arrivo, sembra che stia andando fuori traccia come a scuola, ma calmi che ci arrivo. Ricordavo questo strano coro di dileggio verso una città e la sua squadra, invischiata nel limbo della mediocrità per più di un secolo, e che attualmente s’è messa in testa di rompere le scatole al ventennale asse vincente Londra-Manchester. Insomma, calcisticamente parlando è una rivincita di chi è stato sempre preso in giro, una specie di brutto anatroccolo che diventa un cigno bellissimo.
D’accordo, non è il caso di esaltarsi. Il campionato è ancora lungo, siamo appena alla tredicesima giornata e già la prossima settimana c’è la sfida contro il Manchester United secondo, finora l’unica grande incontrata è stato l’Arsenal che li ha pure battuti 2-5 in casa (unica sconfitta in campionato), e il calendario sta per diventare quasi proibitivo. Va bene tutto, però i Foxes per il momento si stanno togliendo lo sfizio di sfidare i colossi multimilionari al loro stesso gioco, con un’umiltà, un’umanità e uno spirito che in Premier League non si vedevano da un bel po’, sepolti com’erano dall’arroganza dei milioni e dei campioni strapagati. E si stanno pure divertendo.
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I protagonisti. Secondo miglior attacco dopo quello stellare del City, difesa un tantino allegra ma tutto sommato più che dignitosa per una squadra nata per strappare la salvezza a morsi. La musica che risuona allo Stadium non è tecnica, non è fatta per palati fini, di quelle d’élite che ti ci metti con tutta la buona volontà ma proprio non la capisci. È rumorosa, caciarona, a volte poco spettacolare ma viva e soprattutto efficace. È la musica del collettivo operaio guidato dal maestro Ranieri insomma, già sentita a Roma, a Firenze, a Valencia, a Londra e nel Principato, e su tanti altri palcoscenici. Sembra sempre vecchia e pure sa sempre essere d’attualità, con le piccole storie e alcuni assoli dei singoli che sanno risaltare nel gruppo.
Come ad esempio il bomber 28enne Jamie Vardy, 13 gol in 13 partite. Tre anni fa giocava nei dilettanti, allenandosi solo la sera, e faceva davvero l’operaio in un’industria di materie plastiche. Ora è diventato un attaccante professionista, rapido, concreto, con un fiuto del gol notevole e una fame che fa sentire sul collo dei difensori avversari quando li pressa. Il trequartista 24enne algerino Ryhad Marhez è invece figlio di Sarcelles, una delle tante banlieue parigine diventate ghetti per i disperati nordafricani di tutte le generazioni. Fino ad un anno e mezzo fa giocava nelle riserve del Le Havre, in Ligue 2. Fu preso per nemmeno mezzo milione di euro e adesso sfoggia velocità e tecnica in Premier League, con 7 gol all’attivo e 5 assist. A centrocampo il giovane maliano N’Golo Kanté sta rubando il posto ad Inler, vecchia e talentuosa conoscenza del nostro campionato. Ma anche l’argentino Ulloa, sbocciato nel San Lorenzo in Argentina e poi persosi nelle nebbie della Serie B e C spagnola e inglese. I guantoni di Kasper Schmeichel, figlio del grande Peter, difendono la porta dei blu delle Midlands.
Sor Claudio. Ma soprattutto il merito è da ricercarsi in mister Claudio Ranieri. Il presidente thailandese Srivaddhanaprabha (benedetta sia la funzione copia-incolla) lo ha chiamato per condurre il Leicester ad una dignitosa salvezza, e chi meglio di Sor Claudio da Testaccio (o San Saba, a Roma è ancora oggetto di discussione) è in grado di risollevare le squadre in ginocchio? Certo, Ranieri non predica un gioco rivoluzionario, non costruisce niente di nuovo, anzi il suo è un calcio piuttosto essenziale e senza fronzoli ma al tempo stesso efficace ed elegante. Non è uno di quegli allenatori in grado di catalizzare l’opinione pubblica su di sé con frasi ad effetto, non fa capricci e non ha bisogno di campioni o di portarsi dietro i suoi pupilli pur di lavorare.
Ranieri, con il suo aplomb british-testaccino, lavora con quello che ha e parla quando è necessario. Al sor Claudio lo chiamano per ristrutturare, per risollevare le squadre fragili. Non sempre gli è riuscito, e può capitare. Come con la nazionale greca, che a dirla tutta dopo il suo allontanamento ha fatto pure peggio. O come con l’Inter, quando fu chiamato per sostituire Gasperini, e la società gli cominciò a cedere i giocatori sotto al naso. Altre volte però ha fatto impazzire le folle, come a Firenze o a Valencia, o addirittura a Londra dove con il Chelsea arrivò secondo in Premier League e in semifinale di Champions, e poi gli fu dato il benservito per far spazio a Mourinho.
La sua Roma. Una su tutti è la rimonta con la Roma, la sua squadra del cuore, e quella volta gli stava riuscendo davvero. Sono di parte, ero sugli spalti quell’anno e ricordo di essermi esaltato parecchio con una squadra molto poco spettacolare ma altamente efficace, e non posso che parlarne bene. Mr. Claudio fu chiamato per sostituire Spalletti dopo un avvio disastroso e una classifica mortificante. Pian piano la squadra cominciò a macinare incredibilmente risultati, tanto da trovarsi quarta alla fine del girone d’andata insieme al Napoli. Nel girone di ritorno l’Inter di Mourinho (che a fine anno poi face il triplete) cominciò a dilapidare punti in giro e la banda di Ranieri zitta zitta si avvicinò. A marzo la Roma vinse pure lo scontro diretto con l’Inter in un Olimpico stracolmo e festante.
Stessa scena che si ripete nel derby. La Lazio doveva salvarsi, la Roma era lanciata ma qualcosa non andò e i biancocelesti terminarono il primo tempo in vantaggio per 1-0. Ecco il colpo di genio di Ranieri, psicologo sopraffino del pallone: nella partita più sentita toglie Totti e De Rossi, i romani e romanisti. E al diavolo la stampa e le radio romane, che si stessero zitte una buna volta. La scelta fu azzeccata e i giallorossi in dieci minuti ribaltarono il risultato, con Vucinic vera e propria iradiddio in campo. La Roma salì in vetta!
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La settimana dopo, però, quel maledetto 25 Aprile all’Olimpico la Roma decise di fare seppuku regalando la rimonta dalla Sampdoria, e di fatto lo scudetto all’Inter, che non perse più un colpo e si laureò campione. L’anno dopo Ranieri decise di andar via dopo una clamorosa rimonta subìta a Marassi dal Genoa. Al 50’ perdeva 0-3, in 30 minuti il Grifone ribaltò il risultato, interrompendo di fatto l’avventura a casa sua. Una gran bella avventura.
Sassolini dalle scarpe. Se ne sta togliendo diversi, sor Claudio. Con chi lo aveva definito bollito, a casa nostra, in Grecia e in Francia. Con il suo vecchio rivale Mourinho, che lo sostituì al Chelsea, lo punzecchiò ai tempi del duello Roma-Inter, e che ora, nuovamente alla guida del Chelsea plurimilionari, lo guarda dal basso verso l’alto. Lui, Claudio Ranieri da Testaccio, va, continuando a ripetere che l’obiettivo del Leicester sono i 40 punti e la salvezza, e sabato riceverà il colosso Manchester United con cuor leggero e niente patemi d’animo, nemmeno quello della prima (possibile) sconfitta contro Van Gaal. Niente da perdere, tutto da guadagnare e gli applausi del St.James’ Park di Newcastle ancora nelle orecchie dopo la vittoria per 3-0 di sabato scorso contro i magpies decaduti. Claudio Ranieri va, le scarpe sembrano finalmente leggere.