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Barbadillo
Home Economia

L’intervento. Ecco perché delocalizzare significa “tradire” l’Italia

by Stefano Conti
24 Ottobre 2013
in Economia
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ugltlc“Delocalizzazioni e gare al massimo ribasso”, su questi importanti temi l’Ugl ha organizzato per giovedì 24 ottobre un convegno nazionale a Milano. Il convegno ha l’obiettivo di porre all’attenzione della politica, dei lavoratori e dei media il problema sociale ed economico derivante dalle gare di appalto al massimo ribasso e della conseguenza che ne deriva, ossia la delocalizzazione delle attività e delle aziende all’estero.

Basta scorrere alcuni dati (fonte ufficio studi della CGIA di Mestre) riguardanti le delocalizzazioni per capire l’entità e la gravità di questo fenomeno. La “fuga” delle imprese italiane all’estero è aumentata del 4,5% nel periodo 2008-2011, e alla fine dell’anno scorso il numero di aziende che hanno trasferito una parte delle attività, a partire dal 2000, è di poco superiore a 27.100 unità. Nel 2011 ammontavano a poco più di 1.557.000 i posti di lavoro creati da queste aziende oltre confine.

Solo nel 2011 (fonte Il Rapporto “Italia Multinazionale”, promosso dall’ICE-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane) il fatturato di queste imprese è stato di circa 583 mln di euro, mentre dal 2000 ad oggi il totale del fatturato “delocalizzato” anch’esso ammonta ad oltre 3 mld e 700 mln di euro.

convegnanteDavanti a questi i vari Governi si susseguono martellando di tasse improbabili i cittadini in nome di una presunta stabilità economica da perseguire, mentre nessuno si è mai chiesto quanto sia stato il mancato introito del fisco italiano a fronte di questo enorme fatturato volato oltre confine. Nel solo settore delle telecomunicazioni ad esempio, più esattamente nell’area dei call center, si sono persi tredicimila posti di lavoro, materializzati in Albania, Romania, Moldavia, Tunisia.

Purtroppo questo fenomeno è il frutto di una mancanza assoluta di politiche industriali da parte delle aziende, che ormai assorbite interamente da dinamiche finanziarie cercano di massimizzare i profitti nel brevissimo periodo. Occorre dire che la politica non aiuta certo l’imprenditoria, strozzando di tasse e balzelli le aziende, senza offrire in cambio neppure la certezza del rispetto di regole e norme.

Addirittura la Pubblica Amministrazione per contenere i costi in ottica “spending review all’italiana” continua a ricorrere alla gare al massimo ribasso, ribattezzate candidamente “gare economicamente più vantaggiose”, che spesso non rispettano neanche i costi del lavoro imposti dai CCNL di riferimento, con un ricorso spregiudicato ai sub appalti  e nel migliore dei casi pagano le fatture con ritardi insostenibili, con il risultato che alla fine a pagarne sono i lavoratori e l’intero tessuto economico e sociale della Nazione.

Come Ugl Telecomunicazioni abbiamo fino ad ora raccolto oltre 12000 firme con una petizione popolare per chiedere una regolamentazione che dia la possibilità di normare un settore divenuto una jungla e cercare di contenere l’emorragia di posti di lavoro in Italia.

*segretario nazionale Ugl Telecomunicazioni

Stefano Conti

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