C’è un’Italia che in Europa non ha paura di giocare a viso aperto, per vincere. Il modello è quello della Juventus. La Vecchia Signora, al ritorno in Champions dopo tre anni di digiuno, ha dimostrato contro un Chelsea stellare di poter giocare alla pari, mettendo in difficoltà i campioni d’Europa con gli schemi e con la grinta, insomma con una studiata organizzazione del gioco.
Il merito è di Antonio Conte. L’allenatore salentino, sfiorato dalle vicende del calcioscommesse e costretto a guardare per qualche mese le gare dalle tribune, ha segnato un cambio di mentalità nel calcio italiano che si approccia alle sfide europee. La Juve vista a Stamford Bridge ha giocato un calcio aggressivo, con un possesso palla (50%) che conferma come le idee non solo vengano declamate ma anche messe in pratica sul rettangolo verde. Le geometrie di Pirlo e Marchisio, la rudezza positiva di Barzagli e Chiellini, il genio di Vucinic e Quagliarella sono assemblati in un meccanismo perfezionato nel quale ogni giocatore deve semplicemente coniugare l’estro con schemi provati e riprovati migliaia di volte in allenamento.
L’Inter di Mourinho ha vinto la Coppa. Questa Juve è solo alle prime battute della competizione e non è detto che arrivi in fondo. Ma i bianconeri incarnano – rispetto al calcio essenziale basato sulle ripartenze e sulle individualità di Special One – un modello di calcio insieme spettacolare e redditizio, autoritario e imprevedibile. Insomma Conte, come Prandelli negli ultimi Europei, ha scelto la strada impervia del calcio propositivo. Si tratta di un percorso lungo, ma come è stato per il Barcellona di Guardiola, sono questi esempi che rivoluzioneranno la mentalità utilitaristica del calcio italiano vecchio stile. Di cui non sentiamo alcuna nostalgia.