Chi ha familiarità con i racconti calcistici di Osvaldo Soriano non può aver dimenticato “El Gato Diaz”, il portiere quarantenne che entra nella leggenda parando “il rigore più lungo del mondo”. Bene, nella nostra LegaPro (la ex serie C) nemmeno l’indio dai capelli bianchi uscito dalla penna di Soriano troverebbe un posto da titolare.
Il perché è presto spiegato: dalla stagione 2013-2014 i contributi della legge Melandri ai club di LegaPro verranno elargiti secondo il parametro dell’età media, cioè premiando le squadre che schierano una formazione sotto la media dei 24 anni di età. La regola vale sia per l’undici di partenza che per i subentrati, escluso l’ultimo quarto d’ora della partita. Ciò significa che fino al 75’ le sostituzioni, comprese quelle degli infortunati, devono tenersi sotto l’asticella anagrafica. A volere questa rivoluzione, d’accordo con i club, è stato Mario Macalli, presidente della LegaPro.
La nuova norma ha già avuto una conseguenza pesante: quella di lasciare senza contratto decine di veterani della categoria, compresi molti 25-30enni pronti a scendere sul piede di guerra. La rivolta è partita sul web, dove sono nati il gruppo e la pagina Facebook PostMacalli, per chiedere un cambio di rotta ai vertici federali: il gruppo ha raggiunto in pochi giorni 1500 adesioni, in massima parte calciatori e addetti ai lavori, uniti dallo slogan “no all’età media, in campo chi merita”.
Alì Lolli, difensore svincolato con una lunga carriera in C alle spalle, è il portavoce della protesta: “La regola non piace a nessuno e non esiste in nessun altro paese. Gli allenatori dovranno vivere con la calcolatrice in panchina, i giocatori possono trovarsi tagliati fuori già a 25 anni”. Un argomento forte a favore della “linea verde” è quello economico: la crisi morde e i giovanissimi hanno contratti meno onerosi. Ma Lolli ribatte: “Il nostro non è il calcio dei ricchi e famosi. Ormai in LegaPro anche i calciatori esperti hanno capito che si può vivere con 1500 euro al mese, pur di rimettersi in gioco. Perché togliergli questa possibilità?”.
Sulla carta, l’obiettivo è fare della LegaPro “il vivaio d’Italia”. Col rischio, però, che lo spettacolo si immiserisca e che la politica delle “quote” si ritorca contro gli stessi under 24: “I giovani devono capire quanto valgono appena escono dalla Primavera, anziché venire illusi per anni e poi scaricati solo perché le società possano prendere i contributi. Senza contare che in LegaPro stanno finendo soprattutto ragazzi delle Primavere di A e B, a scapito dei vivai locali”.
Le soluzioni, secondo i calciatori, sono altre: “Non siamo contrari a premiare chi valorizza i giovani, purché non ci sia un vincolo come quello attuale. E bisogna agire sui settori giovanili, dove mancano allenatori qualificati. Un’altra nostra proposta è di assegnare i contributi tenendo conto delle medie spettatori: sarebbe un modo per incentivare i club a riportare il pubblico allo stadio”.
Finora la risposta delle autorità del calcio ha avuto accenti di rara arroganza: in giugno Macalli (76 anni, in carica dal 1997) aveva detto “in giro ci sono giocatori 38enni, vadano a fare gli idraulici”. Più diplomatico il direttore generale della Lega, il 64enne Francesco Ghirelli: “L’Italia in tutte le sue attività, compreso il calcio, respinge i giovani. Io non so se dev’essere l’età media il modo giusto ma dobbiamo aprirci ai giovani. Siamo un paese vecchio, superato, siamo dietro tutti”.
Volendo, il parallelo di Ghirelli tra “paese reale” e sistema calcio potrebbe pure reggere. Ma non perché l’Italia sia “un paese per vecchi”, quanto piuttosto perché è da tempo terra di vecchi furbi che predicano il giovanilismo in un mondo alla rovescia, dove a 25 anni si è troppo anziani per fare i terzini ma a 76 si è ancora abbastanza arzilli da reggere le sorti di un’intera sfera professionale. Macalli forse non ci ha pensato, ma alla sua rispettabile età anche un idraulico sarebbe già in pensione. Figuriamoci un calciatore.
@barbadilloit