
Gabriele d’Annunzio è stato uno dei maggiori scrittori italiani a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento. La sua opera d’arte principale è stata la sua vita, come ripetutamente affermava richiamandosi a Friedrich Nietzsche e a Oscar Wilde. L’impresa di Fiume è stato il punto più alto del suo impegno da “uomo d’arme”, come amava definirsi. Un impegno confermato in vari scritti, discorsi e azioni. Scritti e discorsi di grande importanza per comprendere l’intellettuale, l’uomo d’azione e l’apporto culturale che lui, scrittore di livello europeo e mondiale, dette alla cultura. Di quell’intellettuale e “uomo d’arme”, che occupa un posto speciale nell’ambito della cultura letteraria e anche politica del Novecento, sono stati ripubblicati alcuni volumi. La prima è una raccolta degli scritti principali fra la vigilia della prima guerra mondiale e la fine dell’impresa di Fiume (La Grande Italia. Scritti politici 1914-1921 (Aragno ed.). Si tratta di un libro di grande importanza perché raccoglie la testimonianza militante di un uomo speciale, dalla quale emergono aspetti non secondari che si affermarono sulla scena politica internazionale. A esempio, l’innovazione del lessico e della retorica politica. Testi di una grande modernità per l’epoca ma anche per la valenza estetica e letteraria ben lontana dal tono dei comizi, con una forza che imprimeva una netta drammatizzazione della politica, tipica di quello che fu espresso negli anni a seguire. Il linguaggio, inteso come veicolo del mito politico, espressione della necessità di suscitare emozione nell’auditorio, per coinvolgerlo e ottenere consenso. In altre parole, è la nascita della “nuova politica”, come ha sottolineato lo storico George Mosse indicando la necessità di comprendere forme e modi della mobilitazione di massa, ponendo al centro l’elemento spettacolare, iperbolico, che trasmette sensazioni, piuttosto che ragionamento, riflessione o discorsi attinti da un testo scritto. La politica nell’era delle masse, in altre parole, spingeva gli uomini verso l’ideologia, con il supporto di riti che D’Annunzio inventò, fornendo esempi, simboli e rituaria anche al Fascismo. Espressioni innovative e inedite (“Me ne frego”, “Eia eia alalà”, “La Pentecoste d’Italia”). Con la definizione del “Natale di sangue” e “Urna inesausta” la politica si ammantò anche di una testimonianza sacrificale. Il richiamo del “Presente!” per onorare la memoria del camerata morto era una testimonianza di unità, di forza, di riaffermazione della comunità di vivi che marciavano a fianco di quella dei morti, mai disgiunti. Quindi, un cambiamento culturale ma anche antropologico favorito dalla temperie di sangue e acciaio vissuta nella Prima guerra mondiale dai volontari fiumani e dagli squadristi fascisti (le due figure si sovrapposero nella Marcia su Fiume e nella Marcia su Roma e nelle piazze d’Italia, negli scontri e nelle guerre successive). Ma gli scritti e i discorsi politici coprono, come detto, un arco temporale che va dal 1915 al 1921. E sono affrontati temi che vanno dall’interventismo alla Reggenza del Carnaro, con discorsi ai giovani universitari, ai militari, al popolo italiano, il lancio del mito di Giuseppe Mazzini e della Giovane Italia, intesa da D’Annunzio come “Nuova Italia”, il discorso di Quarto, l’intervento all’Ateneo genovese e la lettera agli esuli dalmati. Discorsi e scritti impregnati di nazionalismo.
D’Annunzio e Mussolini
Altro libro importante, il Carteggio d’Annunzio Mussolini (Luni ed.). Una fitta corrispondenza che mostra bene i contatti fra due uomini molto particolari come Mussolini e D’Annunzio, lungo un ventennio. Un carteggio dal quale emergono fatti, personaggi, speranze, retroscena e delusioni: nelle lettere personali fra i due scorrono le immagini dell’impresa di Fiume, l’organizzazione, la nascita e l’avvento del Fascismo, la guerra d’Africa, la partecipazione alla guerra di Spagna, l’alleanza con la Germania di Hitler.
Dalle lettere emergono fatti grandi e piccoli, testimonianze dirette, ma è interessante cogliere lo stile, il temperamento dei due uomini, spesso con idee differenti. Un carteggio che racconta una storia d’Italia, il quadro della politica italiana del tempo ma anche, in presa diretta, lo spaccato di una società che si stava rapidamente modernizzando. Così dialogano il fondatore del Fascismo e capo dello Stato e il poeta guerriero, l’eroe di Fiume, della beffa di Buccari, del volo su Vienna, ma anche il conquistatore di donne, il grande scrittore celebrato in tutta Europa.
Dalle lettere emergono i punti di intesa e quelli di incomprensione con Mussolini. Posizioni che tuttora lasciano agli storici lo spazio per interpretare o divergere su certe prese di posizione.
Il volume riproduce il celebre saggio di Renzo De Felice su D’Annunzio, Mussolini e la politica italiana 1919-1938 mentre Emilio Mariano svolge un’analisi critica sulle strutture letterarie del carteggio.
Che D’Annunzio fosse un intellettuale e scrittore di livello europeo è un dato di fatto. Che non esistano molti lavori su questo tema è altrettanto vero. A far fronte a questa lacuna la casa editrice Pagine ha ristampato, a cura di Domenico Fisichella, gran parte degli atti di un convegno che si tenne nel 1989, D’Annunzio e l’Europa (Pagine ed.). D’Annunzio, autore definito “scandaloso”, che divise e tuttora divide critica e pubblico fu considerato uno dei maggiori scrittori europei. Questo è un testo di grande interesse se si pensa che alcuni di questi saggi trattano argomenti poco discussi, poco indagati. Così, viene analizzato il debito che ha D’Annunzio verso la cultura europea e quello che l’Europa ha verso lo scrittore abruzzese. Gli specialisti trattano D’Annunzio affrontando temi che spaziano dalla sua eredità letteraria al decadentismo, alle fonti greche, francesi, inglesi, tedesche, slave, spagnole, fino ai riflessi nella musica e nell’arte.
L’Imaginifico
Ancora. Resta da leggere, assolutamente, il volume pluripremiato di Maurizio Serra sulla vita del vate L’imaginifico. Vita di Gabriele D’Annunzio (Neri Pozza ed.) una monumentale e precisa biografia, forse la migliore in circolazione, di un uomo che è troppo poco definire intellettuale, scrittore, drammaturgo, “uomo d’arme”, conquistatore di donne ecc. Lotte, scandali, duelli, amori, figli e fughe a Parigi per debiti ma anche lo spirito di militanza che lo portò ad animare rivolte e a creare uno Stato (Fiume). Maurizio Serra, raffinato scrittore e diplomatico, sottolinea che D’Annunzio non fu un frivolo esteta che di volta in volta si m ostrava poeta, seduttore, uomo d’azione, capo. “E’ stato, dall’inizio alla fine – dice Serra – un poeta dell’azione, un aedo epico portato alle stelle dal movimento esistenziale, paralizzato dal decadimento, ucciso dall’inerzia”, cultore dell’opera di Wagner con l’intenzione di “riproporre il vate dantesco, guida lirica e sacerdotale della nazione”. Insomma, un principe dell’azione, precursore di Lawrence d’Arabia, Saint-Exupéry, Malraux, Romain Gary.
*D’Annunzio, La Grande Italia. Scritti politici 1914-1921, (Aragno ed., pagg. 333, euro 25)
*Carteggio d’Annunzio Mussolini (Luni ed., pagg. 513, euro 30)
*Aa.vv.. D’Annunzio e l’Europa, Pagine ed., pagg. 246, euro 18)
*Serra, L’imaginifico. Vita di Gabriele D’Annunzio (Neri Pozza ed., pagg. 719, euro 25)
Tutto vero, ma a parte il poeta (autentico e grande) tutte le altre tentate incarnazioni di D’Annunzio sono state velleitarie, decadenti, estetizzanti, pseudo-futuristiche, talvolta pure grottesche o buffonesche. L’Impresa di Fiume fu ‘letteratura armata’, non autentico patriottismo e tanto meno abbozzo di vera rivoluzione. Votata al fallimento dall’inizio. E trasmise al Fascismo alcuni tratti deteriori, non solo l’Eja, Eja, Alalà! Gli trasmise una teatralità di fondo che risultò avvincente, ma finì in pura messa in scena, in imprese sconsiderate, in una sopravvalutazione colpevole delle nostre possibilità e risorse e poi finì in una turlupinatura generalizzata per gli italiani e nella rovinosa sconfitta. Ha ragione Serra quando afferma: ‘E’ stato, dall’inizio alla fine un poeta dell’azione, un aedo epico portato alle stelle dal movimento esistenziale, paralizzato dal decadimento, ucciso dall’inerzia, cultore dell’opera di Wagner con l’intenzione di riproporre il vate dantesco, guida lirica e sacerdotale della nazione’. Solo che il D’Annunzio uomo d’azione alimentava il proprio narcisistico ego, non gli interessi, presenti o futuri, della nazione… che mai, a parte un gruppo ristretto di seguaci, lo sentì come una guida.