Noi pugliesi nostalgici della “Fiamma” non ci siamo ancora ripresi dopo la brutta sconfitta e già siamo chiamati al “tristo uffizio” non già della sepoltura di ciò che resta della “gioiosa macchina da guerra” (sono costretto a citare Occhetto ma la sua disfatta appare simile alla nostra tanto per i favorevoli auspici della vigilia così come per l’inglorioso epilogo) bensì a quello della “analisi del voto”. Perché di sconfitta si tratta come evidenziato da Matteo Salvini, al di là dell’inguaribile ottimismo (di facciata?) espresso da Giorgia Meloni all’indomani.
La schiera di liste di Emiliano
E allora appare evidente come la moltitudine di liste e candidati messa in gioco da Emiliano, frettolosamente etichettata come esibizione di simboli “vuoti”, possa ritenersi essa stessa una delle chiavi del successo di Michelone.
Quelle liste si sono dimostrate piene e hanno portato in consiglio comunale, oltre il mastodontico governatore, una variopinta popolazione di consiglieri regionali e candidati che, da Nord a Sud della Puglia, va dal sindaco di Lucera Tutolo (quello delle dirette Covid che tenevano incollate al computer una marea di casalinghe), passando per il prof. Lopalco-elettorale (forte della sua presenza mediatico-virolologica divenuta essa stessa virale) sino alla signora Giulia Puglia, candidata del sindaco di Nardò Pippi Mellone, con i suoi 6mila voti. Un sindaco, Mellone il quale merita una menzione particolare, non avendo mai tenute nascoste le proprie simpatie per Casapound.
Una marea di voti, di facce e di simboli che hanno ribaltato pronostici e sondaggi, i quali davano favorito Raffaele Fitto ed il centrodestra, ma spiazzando gli stessi sondaggisti fermi al quesito se fosse da preferirsi Fitto a Emiliano, anziché chiedersi se e quali candidati consiglieri e programmi dei rispettivi schieramenti fossero da ritenersi più graditi agli elettori.
Allargare da sinistra a società e destra
Mentre il centrodestra sceglieva i propri candidati negli ingessati organici dei partiti, sterilmente ancorati a logiche vetuste e ammuffite sacrestie, Emiliano furbescamente dava spazio a tutte, ma proprio a tutte, le istanze provenienti dalla vita reale: dagli animalisti, ai socialisti, ai meridionalisti, ai civici di Italia in Comune, sino ai simpatizzanti della destra eretica, come Pippi Mellone. Forse esagerando secondo i palati più sopraffini (i quali gridavano “al populista!”) ma assicurandosi la vittoria.
Mentre Raffaele Fitto cercava di combattere una guerra convenzionale, con il suo esercito di partiti schierati secondo canoni ordinari, Michele Emiliano vinceva adottando uno schieramento non convenzionale che efficacemente si valeva della strategia della guerriglia. Una guerra asimettrica, come la definirebbero gli odierni analisti di cose belliche.
La lezione
Da ciò andrebbe tratta una lezione, per non ripetere errori fatali. Quale sia la strada da intraprendere è quesito non facile da risolvere. L’auspicio è che si dia spazio alle istanze genuinamente “sovraniste” le quali soltanto giustificano a parere di chi scrive la stessa sopravvivenza della destra. Perché altrimenti non si comprende cosa cavolo sia questa “destra storica”.
Se ed in quale misura ciò sia possibile è una domanda che difatti si sta ponendo lo stesso Matteo Salvini il quale a chiare lettere a affermato di voler “chiudere con il passato” e di volersi “aprire alla società civile”. Insomma una partita aperta sulla quale si gioca il futuro della Puglia e lo stesso futuro del sogno sovranista, rimandato a tempi migliori.
Pur essendo un vecchio sono d’accordo con il giovane Ettore (nomen omen) Orlando.