Nato da una intuizione. Non un modo di dire, né una simpatica chiave di lettura per l’elezione del primo sindaco della Lega (e secondo del centro destra) nella città di Terni dal 1944 ad oggi.
L’intuizione di un gruppo di giovani, tutti under 35, che qualche anno fa pensarono proprio all’avvocato ternano quale possibile candidato per sfidare il centro sinistra, forza di governo cittadino, e il Movimento 5 Stelle formazione dall’evidente capacità comunicativa e di aggregazione.
La mente (se vogliamo chiamarla così) di quella proposta è il primo nucleo della Lega giunto a Terni nello stesso periodo in cui Salvini cominciava a farsi e a far conoscere i suoi progetti politici. Insomma, l’accoglienza iniziale non fu calda: indifferenza e diffidenza tanto delle sinistre quanto del centro-destra verso un partito ancora percepito come “nordico” e nato in Umbria sull’onda del “salvinismo da social”.
Tutto cambia quanto le attività incentrate su problemi “semplici”, cioè che la gente coglie perché percepisce come appartenenti al suo quotidiano, gettano le prime fondamenta di un consenso che ha lasciato senza parole Terni e l’Italia senza parole. Un sindaco della Lega nell’ultima Stalingrado. A distanza di quattro mesi uno non riesce ancora a crederci. Ma soprattutto dà l’idea di un modo diverso di fare politica: occuparsi prima di tematiche immediate: viabilità, sicurezza, rifiuti, servizi.
Ma perché proprio Latini? Avvocato sotto i cinquanta, stimato e apprezzato tanto dal centro destra quanto dagli ambienti progressisti per le sue cultura e moderazione, Leonardo Latini inizia il suo percorso nel Fronte della Gioventù. E’ giovanissimo e altrettanto giovanissimo abbandona la politica per dedicarsi allo studio e alla professione forense, senza tuttavia mai perdere l’interesse per la cultura e la storia della destra che continua a coltivare sui libri. Ecco, un’immagine bella di Leonardo Latini è la passione per i libri, testi d’area ma anche di tutt’altro segno, colore, genere. D’altronde la curiosità non spinge ad essere monotematici, semmai riflessivi e orientati all’ascolto, elementi del carattere che hanno certamente influenzato il giudizio degli elettori: nei primi tempi della campagna elettorale quella curiosità era anche animato i cittadini, specie perché Latini non era mai stato visto candidato in una lista, in un talk show locale al tavolo di un summit politico. Uno sconosciuto insomma, che tuttavia interessava e stuzzicava perché nei suoi discorsi e nel suo programma si faceva riferimento alla città, non a macro-argomenti sicuramente interessanti ma non “tangibili” per i cittadini. In altre parole, il come bloccare l’immigrazione clandestina e il traffico di uomini è un argomento di sicuro interesse ma non per un amministratore locale né per un elettorato che si domanda come la sua città possa superare i problemi del degrado e di una differenziata mai del tutto decollata.
La candidatura e l’effetto dell’elezione di Leonardo hanno dunque avuto un effetto dirompente, suscitando tuttavia anche malumori e problemi: saper intercettare e comprendere le problematiche del quotidiano è un punto di forza, ma anche di invidia per quella politica che per anni ha tentato di costruire un consenso e che in ultima battuta ha visto trionfare un primo cittadino espressione di un partito “ultimo arrivato”.