Avezzano è vicina. Il treno regionale lascia Civita Roveto e sosta brevemente in piccole fermate ferroviarie prima di giungere a pochi chilometri dalla piana del Fucino, a Capistrello, dove la Valle Roveto si restringe formando uno stretto imbocco.
Capistrum
Il paese venne ricostruito interamente dopo il terremoto del 1915 e l’antico borgo deve il suo nome alla posizione geografica privilegiata. Da lì è possibile dominare lo stretta entrata nella Valle Roveto, provenendo da Avezzano. Il toponimo deriva infatti dal latino capistrum, in italiano cavezza, in riferimento al piccolo ingresso. Di storia Capistrello ne ha vista tanta. Ha origini antichissime, preistoriche, e i Marsi vissero qui in pace fino alla conquista romana. Per tutto il medioevo fu un centro abitato strategico perché era attraversato dall’unica strada che, all’epoca, conduceva da Pescara a Napoli. Durante l’invasione francese del Mezzogiorno le truppe napoleoniche presero il paese dopo cruente e lunghe battaglie con la gendarmeria locale. Le autorità italiane, dopo l’Unità, ebbero un gran da fare per fermare le numerose bande di briganti che minacciavano Capistrello.
L’emissario di Claudio
Nel suo sottosuolo è conservato un reperto mirabile dell’ingegneria romana. L’imperatore Claudio volle prosciugare il lago Fucino per aumentare la produzione agricola: si sarebbero così recuperate terre fertilissime. Si progettò quindi la costruzione di un canale, a tratti sotterraneo, per far defluire le acque lacustri nel Liri. Per decenni funzionò a pieno regime fino al I secolo d.C., quando si ostruì per la pessima manutenzione. Si tentò più volte nel medioevo e nell’età moderna di rimetterlo in sesto senza riuscirci: Federico II di Svevia, prima, e i Colonna, successivamente, non portarono mai a termine i lavori di ripristino.
Avidianum, una terra fertile
Il treno regionale arriva ad Avezzano, il capolinea della Ferrovia del Liri, che si sviluppava anticamente sulle rive dell’antico lago Fucino. Il suo nome è una volgarizzazione dell’aggettivo prediale, Avidianum, ovvero un attributo che indica il possessore di un terreno: ad Avezzano infatti visse la gens Avidia. I Marsi per primi si insediarono sulle rive del Fucino e i Romani, quando vi giunsero, fondarono l’antica Ager Fucens. Constatarono la straordinaria fertilità del suolo e l’imperatore Claudio fece realizzare un canale artificiale per prosciugare il lago, recuperando così ettari di terra vergine. Le invasioni barbariche e la caduta dell’Impero Romano causarono una repentina rovina del territorio. Il lago aumentò di livello, in seguito all’ostruzione dell’emissario di Claudio, e invase i campi arati. Le incursioni dei goti e degli alamanni causarono l’abbandono di Ager Fucens e la popolazione si rifugiò in villaggi sparsi per le montagne circostanti. Quando nel 1268 Carlo d’Angiò sconfisse le truppe di Corrado di Svevia nella battaglia di Tagliacozzo, il sovrano napoletano si accinse a riordinare quella regione desolata. Venne così fondata l’odierna Avezzano.
Un lago di nebbia
Dal treno è possibile ammirare il vasto altopiano di Avezzano. Saltuariamente la nebbia ricopre la piana, come le acque del lago che fu prosciugato dal principe Alessandro Torlonia tra il 1855 e il 1876. Dopo 18 secoli il bacino lacustre, il terzo più grande d’Italia, sparì, consentendo alla popolazione locale di sfruttare circa 14.000 ettari di terre. Avezzano potè svilupparsi ulteriormente, dotandosi di infastrutture moderne, come lo scalo ferroviario, e di una grande zona industriale.
Trema la terra
La prosperità economica di Avezzano si arrestò alle ore 07:52 del 13 gennaio 1915. Un devastante terremoto colpì la città e i dintorni. Le vittime furono ingenti, diecimila sono ad Avezzano, secondo i calcoli dell’epoca, e la città venne totalmente distrutta per poi rinascere con un sembianze del tutto differenti.