Il Comune di Napoli s’è dotato di uno sportello online in cui chiunque, compilando un modello online, può denunciare tutti coloro che a suo giudizio offendono e infangano la reputazione della città di Napoli. Tutte le segnalazioni, poi, saranno prese in carico dall’avvocatura dell’ente che valuterà – caso per caso – se procedere o meno con la querela. Ogni risarcimento così incamerato da Palazzo San Giacomo verrà monetizzato e i soldi serviranno a finanziare intervento di igiene e decoro urbano.
Le reazioni all’iniziativa, a dir poco sghemba, della giunta De Magistris non sono mancate. E dato che tutto viaggia online, tutto corre sul web, il Corriere del Mezzogiorno ha lanciato la provocazione, anzi la “trollata”: dato che invitò i giovani a scappare da Napoli, scrive il quotidiano, ci vien voglia di denunciare Eduardo De Filippo. Sissignori, proprio lui.
La politica l’ha presa a ridere, deo gratias. Come Antonio Bassolino che ha citato Totò: “Ma ci faccia il piacere”.
Il cortocircuito è di quelli gustosi, la chiave di lettura è giusta e divertente. Si potrebbe allargare a dismisura il novero dei pericolosi maldicenti. Eduardo, ma pure Annamaria Ortese (scrittrice carissima proprio a sinistra) che ne dipinse le tinte foschissime e grette dei vasci, il marchese de Sade che dipinse Napoli come “città senza galanteria, in cui la brutalità dei costumi non punta che al godimento”. E non si salverebbe da qualche zelante (e un po’ ciuccio) postulatore della santa causa, nemmeno Benedetto Croce che riprese un vecchio detto e ne fece il titolo di un suo libro, Il paradiso abitato dai diavoli.
Certo, la questione – come si sarebbe detto in altri tempi – è un po’ più complessa. Su Napoli si riversa una valanga di luoghi comuni che si traduce, ogni giorno, in fior di porcherie vomitate un po’ ovunque da chi ritiene che offendere le persone senza ragione e senza costrutto sia “politicamente scorretto” e non semplice e inescusabile imbecillità. Più inescusabile del piagnisteo a intermittenza che ambisce alla restaurazione assistenzialista, quello che ancora si abbevera a un (presunto) folklore che deturpa i racconti di Marotta e fa di Napoli un’insopportabile caricatura pulcinellesca. Due mali non si annullano, non è semplice matematica dove meno per meno dà segno più.
Tra Napoli e il Nord si sta allargando uno iato incolmabile. Il Sud è alla ricerca di una nuova identità, che sia altra rispetto a quella nazionale. Lo aveva capito a modo suo Diego Armando Maradona a Italia ’90 (ricordate Italia-Argentina al San Paolo?) e lo ha capito ancor meglio adesso Luigi de Magistris che, da populista di sinistra, cavalca l’indignazione e il sentimento ferito dei cittadini onesti che non ne possono più di essere definiti canaglie dai tizi incazzosi del Nord.
Ha capito poi, l’ex piemme, che oggi tutto fa identità, più il calcio che una scheda elettorale, e che a questo ci si aggrappa con forza. L’arancione “rivoluzionario” scolorisce su uno sfondo azzurro. A piazza Bellini si invita a essere civili evocando l’esser tifosi. “Difendi la città”, slogan che dà nome all’iniziativa dello sportello anti-offese, è mutuato pari pari dal lessico ultrà della Curva B.
Ecco, in tutto ciò vi è l’immagine del fallimento storico e culturale a cui sta andando incontro la destra italiana. Fondata sul concetto di nazione, che di questa giura di fare valore suo fondante, assiste incapace e muta allo sfaldamento dell’Italia. Le responsabilità ci sono e non sono da poco. E sono nel viaggio a ritroso dalle stanze di governo fino agli angusti (e augusti?) confini capitolini, nel senso che non pare interessata a ciò che accade al di là del Grande Raccordo Anulare. La destra, ormai da quasi trent’anni si atteggia a fenomeno romano che ha la cattiva abitudine di ritenere esaurite alla capitale, tutte le istanze nazionali e di patria, soprattutto riguardo a simboli e fascinazioni.
A nulla, perciò, vale oggi tentare di dare addosso a DeMa che vuole far tesoro (elettorale ed economico) delle scemità che ogni giorno si dicono sul web. Gli si potrebbe obiettare, semmai, che Napoli dovrebbe essere orgogliosa non di Sentinelle in Chat e miliziani online che segnalano al Comune (che si fa maestrina deamicisiana) le offese di bifolchi più o meno forestieri, ma che deve riconoscersi quale è, e cioè come capitale europea delle arti, della musica e della politica. Altro che indolenza e fatalismo, altro che miti incapacitanti: qui, dove riposa Virgilio, hanno sopportato tantissimo ma hanno pure preso a calci nel sedere tutti, persino la Santa Inquisizione.
Del resto, questo è ciò che ci si attenderebbe da destra. Certo, ci si doveva pensare prima e ci si deve pensare adesso, mettendo subito in piedi una piattaforma per ricucire l’Italia e scriverne un racconto nuovo, più fedele e più equo da ricollegare a un dialogo nazionale che non può essere confinato (solo) alle colonne di Roma. Come giustamente ha avuto a sottolineare qualche giorno fa Viespoli in un’intervista rilasciata qui, del Mezzogiorno ci si vergogna, anche solo a parlarne. E allora è normale che pure un’iniziativa come quella di De Magistris finisca per assumere un valore positivo per i napoletani.