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La Lega in Veneto si scopre antifascista (per affossare Durigon)

La polemica a Padova un esempio perfetto di strategia politica. Il sottosegretario è con un piede fuori dal governo e l'ala vicina a Zaia vuole occupare il suo posto

by Simone Donati
21 Agosto 2021
in Politica, Tarantelle
3

La Lega in Veneto si scopre antifascista (pur avendo avuto a lungo un leader che veniva dal Msi, come Fabrizio Comencini). Ma di ideologico, al solito, c’è poco e nulla. Obiettivo è chiaramente dare un colpo a Salvini e un altro alla botte, cioé a Claudio Durigon. Che, da pollo, si è fatto infilare in una polemica toponomastica che poteva evitarsi tranquillamente. E ora, da tutte le parti, è invitato a lasciare il posto da sottosegretario nel governo Draghi. A favore, magari, di un “collega” di partito. Più moderato, più “presentabile”. Magari veneto, magari l’ex sindaco di Padova e già sottosegretario all’Economia Massimo Bitonci.

Il caso Padova

Il fatto pare un esempio da manuale, perfetto, di strategia politica. Roberto Marcato, assessore regionale veneto allo sviluppo economico, ha voluto salutare con un post su Facebook la morte del medico Gino Strada, fondatore di Emergency. Il post social ha attirato, fatalmente, decine e decine di commentatori di destra – o almeno sedicenti tali – che hanno preso a insultare lui e la memoria del fondatore dell’Ong che, peraltro, è stato buon amico e collaboratore del governatore Luca Zaia. L’assessore ha reagito, la polemica è uscita dai canali social ed è arrivata fuori allo stadio Appiani. Dove è apparso uno striscione “Meglio un giorno da leone che cento da Marcato”. Con tanto di simil-fascio a firmarlo. Il casus belli è servito. Un assist a porta vuota, per dirla calcisticamente. Tre piccioni con una fava: legittimazione democratica, epurazione dei rami secchi dal partito, mazzata in fronte alle ambizioni di Durigon.

“Fuori i fasci (e i terroni?) dalla Lega”, la nostalgia di Bossi

Marcato è partito subito, lancia in resta, alla guerra santa dell’antifascismo. “Fuori i fasci dalla Lega”, ha tuonato. Seguito, in ciò, dalla sezione veneta del partito di Salvini. Che a Salvini rimprovera la calata al Sud. Meglio quel bel partito di una volta, che fa nostalgia persino al Fatto Quotidiano. Te lo ricordi, Umberto Bossi? Era antifascista, certo, ma aveva un “camerata” come Marcello Staglieno (amico di Ernst Junger) da indicare alla vicepresidenza del Senato. Antifascista, il Senatur. Soprattutto quando litigava, ai tempi, con Gianfranco Fini. Ma il razzismo anti-meridionale, a causa del quale la Lega in Campania non avrà il coraggio di presentare il suo simbolo alle amministrative, quello pure va rimpianto? Comunque sia, il vento del Nord è arrivato fino a Roma, allungandosi un po’ oltre, nell’Agro pontino.

Qui c’è un altro veneto (di origini) che s’è allargato un po’ troppo. E non solo fisicamente. Durigon già da mesi è nel mirino. Finora era stato il fuoco esterno a tentare di impallinarlo. Adesso è il fuoco “amico” che rischia di stroncarne le ambizioni. Strattonato dai dirigenti del Nord, “scaricato” da Giancarlo Giorgetti e i suoi, l’ex dirigente dell’Ugl s’è andato a impelagare in una polemica tutta localistica, seppur sentita a Latina. Il parco cittadino era in origine intitolato ad Arnaldo Mussolini, poi è stato dedicato alla memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Non proprio due illustri sconosciuti e, inoltre, nomi che non possono nemmeno lontanamente immaginarsi divisivi come, appunto, quello di Arnaldo Mussolini. Durigon è finito tra i “nostalgici” della vecchia denominazione. Fuori anche lui, quindi. E subito.

Capolinea progetto nazionale, scacco di Zaia a Salvini?

Intanto pare che l’avventura da sottosegretario di Durigon sia finita. Nei giorni scorsi, Dagospia dava per imminente il suo addio alle armi. A Draghi, che mai parla con la stampa, dà fastidio che i suoi esponenti di governo finiscano nelle diatribe dei giornali. Dal Veneto, come scrive il Corriere del Veneto, arriva l’idea che a sostituirlo possa essere un uomo della Liga Veneta, Massimo Bitonci. Già sindaco di Padova, Bitonci è stato sottosegretario all’Economia ai tempi ruggenti del primo governo Conte. Quel che sarà, sarà.

Eppure le pedine in campo sembrano restituire il senso di un partito, la Lega, che ritorna al Nord. Magari terrà il Sud ancora per un po’, giusto per mantenere quel consenso maturato nel tempo che consente al Carroccio di non scendere sotto il 20% dei sondaggi. La fine del progetto “nazionale” pare già una notizia vecchia. Ora c’è la federazione Lega-Forza Italia. E quella sarà la vera partita dei prossimi mesi.

@barbadilloit

Simone Donati

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Tags: BarbadillodraghidurigonlatinalegasalviniSimone donatizaia

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Comments 3

  1. Guidobono says:
    1 anno ago

    Ma da dove han tirato fuori Durigon, uno che non ha il minimo senso dell’opportunità politica?

  2. Luciano Zippi says:
    1 anno ago

    Lasciare solo Durigon anche da parte di FDI non è proprio dimostrazione di coraggio. Se Durigon uscisse dal governo, solo FDI potrebbe dargli asilo. Ma il problema di fondo resta quello storico: nel 1993 furono eletti sindaci del MSI che non si vergognavano di essere rimasti fedeli alle loro origini e non c’era solo Ajmone Finestra proveniente dalla RSI. È stato Belusconi che, con i suoi soldi, ha fatto fuori il MSI e rinfocolato quell’antifascismo che, nel 1993, gli elettri avevano cancellato. Oggi ne paga le conseguenze persino un leghista, ma il male nasce allora.

  3. Guidobono says:
    1 anno ago

    Se si son fatti comprare dai soldi di Berlusconi è perchè in fondo valevano poco…

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