Se a Napoli il centrodestra piange, a Milano di certo non ha molto da ridere. È stato un fine settimana tragicomico. Gli audio del medico Luca Bernardo, che ha richiesto soldi ai partiti altrimenti avrebbe ritirato la sua candidatura, hanno lasciato una profonda ferita su (quanto rimane) della presentabilità della coalizione. Che, fin dall’inizio, è apparsa rissosa, nervosa e irascibilissima. C’è stata poi l’intervista che Vittorio Feltri, capolista FdI, ha rilasciato a Il Fatto Quotidiano. Pesantissimo, come una lapide, il giudizio sul candidato sindaco: “Non è all’altezza”. E sulla coalizione s’è lasciato andare a un commento ancora più colorito evocando similitudini falliche.
La “mossa” di Feltri ha messo in imbarazzo la stessa Giorgia Meloni. Che è dovuta correre ai ripari. Ha detto, in buona sostanza, che Feltri è un indipendente che tutti conoscono per la sua “parresia”, cioé per la sua estrema libertà nel dire ciò che pensa. Ciò, però, non implica che lei – cioè Meloni – condivida per forza il giudizio del suo capolista. Bernardo, invece, s’è trincerato dietro l’ormai trito e insostenibile “mito” della superiorità della società civile. Su twitter, il pediatra ha ringraziato Feltri per aver ricordato a tutti che lui non proviene dal mondo della politica. E che, anzi, lui sarebbe espressione della società civile milanese sostenuta da una coalizione politica. Cioé, per dirla in termini banali, la politica – scegliendo lui – ha deciso coscientemente di farsi da parte sostenendo e dunque ammettendo la primazia “civica”. Persino nella richiesta dei fondi c’è un fondo di fortissima idiosincrasia, sfiducia e aperta diffidenza riguardo ai partiti.
Il punto è che, da Milano a Napoli, i partiti del centrodestra hanno scelto la strada della subalternità. Hanno scelto di bocciare dirigenti ed esponenti locali per offrire la candidatura a chi, come Maresca ieri e oggi Bernardo, sembra non fare nulla nemmeno per nascondere la lontananza (se non in certi casi una specie di dissimulato disprezzo…) nei confronti di quegli stessi partiti. La candidatura è interpretata da chi ne è investito come fosse una graziosa concessione. E così le coalizioni – già divise e traballanti – esplodono.
In sostanza, si finisce per consegnare la vittoria direttamente nelle mani degli avversari. Che, in questo preciso momento storico, non è che appaiono proprio in formissima. Dal momento che Beppe Sala, a Milano, s’è dovuto (quasi) inventare un’appartenenza ai Verdi e Manfredi a Napoli ha dovuto fare un’infornata di liste inconcludente, che unisce praticamente tutto il mondo politico dai dissidenti di Forza Italia fino al M5s. Peccato.
Vincerà il meno debole, in un quadro di debolezza generale. Del resto, parliamoci chiaro. Siccome i politici vengono quotidianamente presi a pesci in faccia, si fanno le pulci anche alle loro cugine di II grado, sono sfottuti e spesso perseguitati dalla giustizia di sinistra, ma chi te lo fa fare di finire in una coalizione che sarà poi minacciata di nefandezze, fascismi, estremismi ed altre piacevolezze del genere? Nessuno fa politica per servire il popolo o la patria, ma per ambizione personale. Ma se il prezzo è troppo alto… prevalgono incertezze, doppiezze, debolezze varie… Addio!!!