sulla storia del riscatto pagato ai terroristi islamici per la liberazione delle due volontarie italiane, Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, il nostro governo continua a non dare spiegazioni chiare all’opinione pubblica; eppure si fanno sempre più insistenti le voci secondo cui la Farnesina avrebbe sborsato ben 12 milioni di dollari ai rapitori.
Già di per sé questo fatto non rende per nulla onore a Renzi ed al suo entourage: infatti pagare un riscatto del genere potrà essere soltanto un incentivo a nuovi rapimenti, senza considerare che trattare e per di più cedere alle richieste di veri e propri assassini sanguinari è una vergogna per l’Italia intera ed un favore al terrorismo, che con quei 12 milioni comprerà nuove armi da impiegare per la jihad.
Fin qui tutto già risaputo. Peccato che i media si siano dimenticati del fatto che da quasi due anni ormai un nostro connazionale, Roberto Berardi, sia detenuto in Guinea Equatoriale, in un carcere che somiglia di più a un lager, per un crimine che non ha commesso, sol perché si è ritrovato al centro di uno scandalo finanziario in cui era coinvolto anche il figlio di Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, il potentissimo dittatore di quel paese. Berardi era un brillante imprenditore che in Africa aveva costruito strade, ponti, dighe e palazzi, creando tantissimo lavoro per le popolazioni centrafricane. Aveva insomma saputo conciliare la logica del profitto con la volontà di aiutare seriamente dei paesi in estrema difficoltà (in Guinea ad esempio si vive con meno di 2 dollari al giorno).
Finito in un carcere di massima sicurezza, in una cella di 2 metri per 3, con un solo pasto al giorno (escluso il week end in cui non riceve nulla da mangiare), picchiato e umiliato dai secondini africani quotidianamente, ha contratto malattie di ogni genere, dalla malaria alla febbre tifoide e all’enfisema polmonare, e ha perso più di 30 chili; teoricamente avrebbe già scontato la sua pena (dopo un processo farsa, è stato condannato a scontare 18 mesi di reclusione. E’ detenuto già dal gennaio 2013), ma non viene rilasciato perché la Guinea vorrebbe da lui 1,5 milioni di dollari di risarcimento (somma che i familiari di Berardi non hanno): in pratica un vero e proprio sequestro di persona. E c’è chi dice che la volontà del dittatore della Guinea sia ormai quella di farlo morire in carcere, perché, una volta uscito, potrebbe raccontare tutto ciò che sa. La Farnesina è ormai da mesi che ha annunciato la sua imminente liberazione, ma appena poche settimane fa, a novembre, l’avvocato di Berardi ha chiaramente detto di non essere mai stato contattato dalle autorità italiane e che non ha per niente l’impressione che la vicenda si concluderà nel migliore dei modi per il suo assistito. La famiglia dell’imprenditore italiano è disperata e si sente, a ragione, abbandonata dalle istituzioni (esattamente quello che con molta probabilità stanno provando i familiari dei nostri due Marò, Latorre e Girone).
A questo punto la domanda sorge spontanea: perché il nostro governo ha trovato 12 milioni di dollari per liberare due “volontarie” che sono andate in Medio Oriente ad aiutare i Siriani sbagliati (cioè quelli dell’Isis), e lo stesso governo non ha mai minimamente pensato a pagare meno di 2 milioni di dollari per riportare a casa un innocente, detenuto ingiustamente da quasi due anni in Guinea Equatoriale? La vita di alcuni Italiani, come quella di Roberto Berardi, vale forse meno di quella di altri Italiani?
* “Noi con Salvini”, Palermo