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Calcio. L’ubiquo Claudio Lotito: l’iperattivismo presidenziale declinato con la Salernitana

by Giovanni Vasso
28 Gennaio 2013
in Pallone mon amour, Personaggi
0

Lo splendido parvenu del calcio italiano: una sorta di Romeo Anconetani che sogna i fasti sportivi di Silvio Berlusconi, l’eterno ‘uomo della Provvidenza’ in cerca di un pubblico che lo ami, riconosca i suoi sforzi e che gli dimostri la sua altrettanto eterna gratitudine recandosi in massa a staccare migliaia e migliaia di biglietti al botteghino dello stadio. E che dall’Olimpo biancazzurro di Roma è stato capace di scendere nell’inferno di Salerno. Claudio Lotito è uno di quegli uomini di calcio senza tempo, quasi una ‘maschera’ intramontabile nel mondo dorato della pedata.
Ha un fiuto calcistico che lo tradisce poco ed ha l’istinto per gli affari che lo porta a scoprire, o rinfrescare, calciatori e intere società acquistati nel momento peggiore della loro storia sportiva e non. Ma ha pure la vocazione al risparmio, alla verifica della spesa ed alla valorizzazione dell’esistente: non piazza mirabolanti colpi di mercato e non fa sconti a nessuno. Soprattutto ai tifosi che lo ricambiano di cuore, ‘Lotirchio’.
E’ in pratica il ‘salvatore’ che arriva a togliere le castagne dal fuoco per restituire la dignità, la storia, i colori, la tradizione a pubblico e tifosi. Lo ha fatto a Roma, con la Lazio, lo ha ripetuto a Salerno con la Salernitana.
Il suo arrivo alla guida della Lazio è storia fin troppo nota: Lotito subentra a quello spendaccione di Sergio Cragnotti ed introduce nel lessico calcistico italiano un’espressione che diverrà magica negli anni successivi: “rateizzazione del debito”. I tifosi biancazzurri, dopo anni di orgasmi precampionato hanno sperimentato – anni prima del truce professor Mario Monti, ma questa è un’altra storia – la cura della sobrietà e del sacrificio. Non ci sono più le estati romane di Christian Vieri, Marcelo Salas, Sergio Conceicao, Gaizka Mendieta, Claudio Lopez, Ivan De La Pena: adesso ci sono Hernanes, Mauro Zarate, Libor Kozak, Liechsteiner. Prima arrivavano a suon di miliardi e se ne andavano (quasi) tutti brocchi e scornati. Adesso arrivano brocchi e scornati e se ne vanno (quasi) tutti a suon di miliardi.
A Salerno, invece, l’andamento è a ritroso: ha subito allestito in due anni, due corazzate con l’obiettivo dichiarato di vincere il campionato. Ma, ovviamente, in Lega Pro è tutto più facile: specialmente se hai tanta gente stipendiata dalla ‘tua’ Lazio da valorizzare, da collocare o da verificare, testare sul campo. Ma Lotito non è ‘sceso’ di categoria per recitare il ruolo dello zio d’America. Resta un puntiglioso sergente di ferro, uno che non si fa saltare la mosca al naso Claudio Lotito. Non solo esonera ma denuncia pure: così, infatti, ha dato il benservito al ‘salernitano’ Beppe Galderisi. Dopo una serie di sconfitte umilianti – da quattro ‘pappine’ alla volta – Lotito decide di silurare l’allenatore e annuncia a reti (locali) unificate di essere intenzionato a trascinarlo davanti al tribunale per chiedergli i danni. Adesso, affidandosi di nuovo a quel che c’è in casa (e cioè al tecnico Carlo Perrone già allenatore della Primavera della Lazio ed al timone del Salerno Calcio l’anno prima) la Salernitana è tornata a fare ciò che doveva, cioè la corazzata. Consentendogli di bastonare senz’appello i tifosi che non fanno il loro dovere quando, per una partita dell’ex Serie C2, non si presentano allo stadio almeno in 10mila. E poco importa se il biglietto costa poco meno di quello che si paga per vedere un match di serie A. ‘Patron’ Lotito, finissimo conoscitore della mentalità del tifoso, sa già come rispondere: “Se ci tenete andate a vedere il Napoli”. Il solo richiamo alla rivalità più forte e sentita degli anni della grandeur salernitana, unita agli imperativi ed alle parole d’ordine del ‘remare tutti insieme per riportare la squadra e la città dove merita’ riesce a placare anche il più avaro dei supporters, il più smaliziato dei giornalisti. In fondo, è sempre un pezzo grosso. Uno così, che conta davvero e non fa niente per nasconderlo, a Salerno, non è mai venuto manco quando la città era capitale d’Italia nel ’48.
Sa parlare alla pancia, Lotito, ma non cede all’istinto: è un corteggiatore smargiasso, come quei ragazzoni di periferia che si presentano davanti scuola con la moto fiammante. Ma che poi ti può chiedere da un momento all’altro di mettere cinque euro di benzina nel serbatoio. E’ capace di correre in mezzo al campo per festeggiare una promozione in seconda divisione, ma solo se a guardarlo ci sono almeno 6-7mila spettatori paganti. Perché sa che anche lui – un po’ come la buon’anima di Romeo Anconetani a Pisa – è parte dello spettacolo.

Giovanni Vasso

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