Giuseppe Del Ninno, giornalista e scrittore, presenta su Barbadillo il suo “Giornale di un viaggiatore ordinario” (Edizioni Tabula fati), da poco sbarcato nelle librerie. Un percorso dello spirito che squarcia il velo della superficialità per tessere un dialogo appassionato con le mete esplorate e le peculiarità che le attraversano…
Giuseppe Del Ninno, dall’Egitto a Praga, dalla Turchia e dalla Danimarca fino all’Ungheria, alla Russia e al Portogallo, passando per la Spagna, il Marocco e altre atmosfere sparse per il Mediterraneo occidentale, il suo “Giornale di un viaggiatore ordinario” si rivela un diario di avventure denso e profondo. Come nasce l’idea di raccogliere questo itinerario in un libro?
“Premetto che ho l’abitudine di tenere un diario dei momenti che esulano dalla routine: e allora, quale occasione migliore di un viaggio? Poi, cammin facendo, ho individuato un filo conduttore, che è appunto quello che sta alla base del libro e gli conferisce un carattere unitario”.
Le tappe scelte derivano da decisioni contingenti o racchiudono sensibilità particolari a cui ha voluto dare risposta?
“L’idea originaria, come rivelo nella prefazione, era quella di visitare i paesi rivieraschi del Mediterraneo; via via, facendo lo slalom tra gli impegni familiari e professionali e cogliendo le occasioni che mi si presentavano, si è formato un itinerario in qualche modo coerente, cercando di sintetizzare diversità e affinità rilevate nei vari paesi”.
Tra affreschi paesaggistici vari, costruzioni monumentali e città, dalle piazze ai caffè ai mercati popolari, quali le immagini che sono rimaste più impresse nella memoria?
“Starei per dire tutte quelle che ho riportato, se è vero che un libro è un po’ come un film dove, secondo Hitchcock, si riprende la vita, togliendo tutte le cose e i momenti noiosi. Tuttavia, se devo limitarmi, non posso che ricordare, al primo posto di questa graduatoria, due immagini dell’Egitto: il primo incontro con la piramide di Cheope e con il tempio di Abu Simbel, celebrazioni del grandioso nel tempo e nello spazio. E poi l’alba dalle dune di Merzuga, in Marocco e le luci del tramonto che fanno brillare i vetri delle case sulla sponda asiatica di Istanbul, e così via…”
Tradizioni, costumi, sensibilità popolari. Cosa l’ha colpita maggiormente delle comunità con cui è entrato in contatto durante i suoi percorsi?
“Molte delle impressioni riportate dipendono dal momento storico in cui si collocava il mio viaggio. Ad esempio, l’orgoglio patriottico e il sentimento antisovietico degli ungheresi, ancora a distanza di anni dalla caduta del Muro, e la rimozione generalizzata del passato franchista nella Spagna agli albori del 2000, ma anche la reviviscenza del legittimismo zarista e della religiosità ortodossa, in parallelo con il rispetto e addirittura la sottile nostalgia per il regime comunista nella Russia dei primi del nuovo Millennio”.
I percorsi e le annotazioni che attraversano il suo lavoro rivendicano una privilegiata ed intensa connessione sentimentale al Mediterraneo e alla storia che si annida tra le sue acque…
“Il Mediterraneo è la culla della nostra civiltà: un’affermazione ai limiti del banale, tuttavia troppo spesso offuscata non solo nel comune sentire, ma nella nostra politica. Se poi si aggiunge che molti di noi – ed io per primo – sulle rive del Mediterraneo, nella sua luce, e perfino nelle sue mareggiate ha lasciato ricordi come conchiglie, da raccogliere di tanto in tanto… Di fronte alle finestre della mia casa di Ischia io contemplo il mare che fu di Ulisse e di Enea, ma anche della flotta di Plinio il Vecchio, dei pirati saraceni, dei navigli aragonesi, delle navi spagnole, inglesi, borboniche: come non essere affascinato da quel mare che fu “nostrum”?”
I viaggi compiuti e riportati nel libro risalgono all’alba del nuovo Millennio. Non a caso, nella premessa segnala che gli stessi le sono serviti tra le altre cose come mezzo di paragone utile a comprendere i tratti generali di una trasformazione universale, che coinvolge anche noi. Quali?
“In effetti, io ho fatto molti altri viaggi, dopo quelli che racconto nel mio “Giornale”, senza contare quelli abituali in Francia e a Parigi, la mia terza città, dopo Napoli e Roma. Forse ne parlerò in altri miei libri; ma proprio le esperienze di quegli anni lontani mi hanno messo di fronte ai grandi cambiamenti di questo periodo. Sarebbe lungo e vano cercare di sintetizzare le mie impressioni di cambiamento, perciò mi limiterò a pochissime notazioni. Nel mondo islamico, ho percepito una diffusa, crescente diffidenza – quando non ostilità – verso l’Occidente, (almeno dopo l’attacco alle Twins, che mi colse in Andalusia), mentre in paesi come la Spagna e la Grecia, l’iniziale scetticismo popolare verso l’Unione Europea si è gradualmente trasformato in adesione calcolata nella prima e in rassegnata resa nella seconda. Un discorso a parte meriterebbe la Russia, ma non mi sembra questa la sede opportuna”.
Alla luce del momento storico che stiamo vivendo assumono una particolare attualità le pagine dedicate alla Russia, nell’ottica di comprenderne meglio l’anima e la conformazione non soltanto sociale.
“Nel capitolo dedicato al mio viaggio in Russia, riporto un’ampia citazione da un’opera di Dostoevskij. In essa, a distanza di 150 anni, vi è una descrizione dell’anima russa ancor oggi valida ed efficace e le impressioni riportate nei miei appunti di viaggio sono in linea con quella pagina”.
La descrizione dei luoghi esplorati e delle sue avventure si arricchisce di incursioni continue nelle dimensioni della letteratura, della storia, della religione, del cinema, del pallone, oltre che della politica e della tradizione. Che sguardo e che approccio dovrebbe assumere chi si appresta ad affrontare un viaggio?
“Un viaggio, anche quello verso mete in apparenza meno attraenti o più usurate dal turismo di massa, dovrebbe sempre essere preceduto da un’accurata preparazione, non solo libresca: ad esempio, facendo ricorso al racconto di amici o parenti che in quel paese ci hanno preceduto o attingendo alla nostra memoria e ai nostri sogni, ai libri letti, ai film visti…”
Il suo libro del resto si apre con una frase di Michel Onfray: “Il viaggio comincia in una biblioteca, o in una libreria”…
“È esattamente quello che ho fatto e continuo a fare, quando ho in programma una nuova partenza: mettere mano a libri e atlanti”.
Qual è l’eredità che questi percorsi e questo libro vogliono trasmettere al lettore?
“Più che di eredità parlerei di messaggio, di esortazione: studiate prima, mantenete svegli l’attenzione dopo, alimentate sempre la curiosità”.
Ci sono altre mete che vorrebbe esplorare o approfondire? In questa direzione si intravedono già nuovi progetti?
“Mi piacerebbe dedicarmi all’Asia, e in particolare al vicino ed all’Estremo Oriente. Ma il tempo non gioca a mio favore… Tuttavia, qualcosa spero di poter fare ancora…”
Per chiudere, la nostra domanda di rito. Quale accezione spirituale, quale significato assume per lei “il viaggio”?
“Beh, ora posso dirlo: nella mia premessa, enumero diverse specie di viaggio, ma credo che se è vero che da ogni esperienza lontano da casa e dalle proprie abitudini si torna trasformati, allora ogni viaggio è un pellegrinaggio, che lo si faccia all’interno di una devozione confessionale o con spirito laico. Preparazione, spirito di sacrificio e d’avventura, costante rispecchiamento delle realtà esterne all’interno della nostra coscienza e della nostra memoria, tutte queste attitudini mi inducono ad affermare che ogni viaggio è un pellegrinaggio da cui si torna diversi”.
*“Giornale di un viaggiatore ordinario” di Giuseppe Del Ninno, Tabula fati, Chieti, pagg. 224, euro 16,00 (https://www.edizionitabulafati.it/giornalediunviaggiatore.htm)
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