Più che una manifestazione quella di oggi è un vero e proprio grido di aiuto di 80mila lavoratori e lavoratrici dei call center in outsourcing che vedono a rischio il proprio lavoro e il proprio futuro nella società.
Il fenomeno delle delocalizzazioni da noi sempre osteggiato può essere riassunto con la metafora della “cavalletta”. Le cavallette sono le imprese, che seguendo una logica meramente finanziaria e speculativa di maggior profitto si spostano in sciami lì dove le attraggono condizioni migliori, cioè in quei Paesi europei o extra UE dove sono vigenti bassi salari e scarse tutele sul lavoro. Quando il diserbante, rappresentato dalle norme legislative, provvede a proteggere i lavoratori di un certo paese dallo sfruttamento, allora lo sciame si alza in cerca di prede più a buon mercato. Questo è quanto sta accadendo negli Stati dove per primi si è delocalizzato tipo la Romania, che a loro volta stanno subendo un fenomeno di delocalizzazione verso Paesi asiatici. È questa la storia della globalizzazione.
Analogamente anche il fattore delle gare al massimo ribasso è ormai un problema completamente fuori controllo. I grandi committenti, sia essi pubblici con gare di appalto o privati con affidamenti dei servizi, sono arrivati al punto che stabiliscono prezzi di mercato, il più delle volte non sufficienti a coprire neanche il costo del lavoro dei call center in outsourcing, non rispettando in questo modo neppure le norme che regolano i minimi contrattuali dei contratti collettivi di lavoro. Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione non è sufficiente cambiare il nome da “gare al massimo ribasso” a “offerte economicamente più vantaggiose”, per ottemperare al D.Lgs 163/2006 che disciplina il Codice degli Appalti, in quanto tutta una serie di criteri previsti quali ad esempio, la qualità del servizio erogato, le caratteristiche ambientali e il contenimento dei consumi energetici, la sicurezza sul lavoro, che dovrebbero concorrere ad ottenere punteggi per l’assegnazione delle gare, vengono accantonati per esaminare solamente il prezzo più basso offerto dall’azienda appaltatrice e recentemente sono state depositate anche interrogazioni parlamentari a tal proposito.
Per questi motivi il corteo di oggi richiama all’attenzione del Governo la situazione dei lavoratori in aziende di outsourcing, con l’auspicio che il “Tavolo sui call center” avviato al Mi.S.E. lo scorso 27 maggio e che vede anche la partecipazione del Ministero del Lavoro, possa portare ad individuare quelle norme regolatorie indispensabili, come una rivisitazione degli incentivi di legge per le nuove aziende al fine di evitare dumping commerciale e prevedere finalmente, nel caso di una perdita di un appalto da parte di un’azienda, la possibilità che i lavoratori continuino a seguire quella commessa mantenendo il posto di lavoro ed il salario.
*segretario nazionale Ugl-Telecomunicazioni
@barbadilloit