Il 1° maggio di quest’anno si annuncia come il peggiore nella storia dell’ Ugl, l’ erede del “sindacalismo nazionale”, quello d’impronta anticlassista e partecipativo. Neppure durante gli “anni di piombo” venne impedito all’allora Cisnal, espressione di un’idea sindacale e politica “alternativa” al sistema dominante, di celebrare la “festa dei lavoratori”.
Ora è la stessa Confederazione, guidata da Giovanni Centrella, a dare forfait , giustificando l’annullamento della manifestazione del 1° maggio, già prevista a L’Aquila, per non chiari “motivi organizzativi”. Dietro la formula di circostanza non c’è alcun rischio-contestazione. Non ci sono problemi di ordine pubblico. In realtà a preoccupare i vertici dell’ Ugl sono le tensioni interne, provocate, iniziate lo scorso 14 aprile, dopo la perquisizione alla sede nazionale della Confederazione, in Via delle Botteghe Oscure, da parte della Guardia di Finanza, mandata dalla magistratura ad acquisire documenti e bilanci, a seguito di un’inchiesta sulla presunta sottrazione di 500.000 euro dalle casse del sindacato e su 37 carte di credito prepagate utilizzate dallo stesso Centrella. Evidente l’imbarazzo per una vicenda che getta ombre inquietanti su un sindacato, a torto o a ragione considerato “di destra”, comunque vicino al mondo della destra politica, al punto da rappresentare per essa una sorta di “riserva umana” (tra i tanti quadri sindacali passati all’impegno politico Renata Polverini, trasferitasi dai vertici dell’Ugl a quelli della Regione Lazio per poi diventare deputata di Forza Italia).
Che il disagio sia grande, fino ad arrivare ad annullare la tradizionale manifestazione del 1° maggio, lo confermano i documenti e gli ordini del giorno che stanno circolando tra i quadri della Confederazione, alcuni con la semplice richiesta di convocare gli organi dirigenti, altri con l’invito di dimissioni per il segretario indagato e con l’indicazione di una sorta di “reggenza” a più nomi. Intanto mercoledì 30 aprile gli autoconvocati dell’ Ugl si sono dati appuntamento a Roma, in Piazza SS. Apostoli, per chiedere chiarezza ed iniziative. Più che di “valori”, di lotte sociali, di idee partecipative, di proposte contro la disoccupazione, sul 1° maggio 2014 dell’Ugl pesano le domande di chi chiede chiarezza nei bilanci, trasparenza sull’uso dei fondi, destinazione dei famosi “rimborsi spese”.
Non è un bel vedere per un mondo che aveva sempre rivendicato, con orgoglio, la propria diversità ideale. Ciò che fa più male è la scritta, tracciata su un muro da un gruppo di disoccupati napoletani, i quali hanno poi occupato la sede Ugl della loro città: “Fascisti tangentisti”. Un ossimoro traumatizzante per chi aveva sempre creduto nell’inconciliabilità dei due termini, il quale segna la fine di un’epoca e può preannunciarne una nuova, solo a patto di rompere la stretta soffocante dei silenzi imbarazzanti, facendola finita con un immobilismo giustificazionista. Di Patria e di autentica socialità c’è, oggi, un gran bisogno, a patto però di trovare chi sappia coniugarli in modo credibile, non facendoci “la cresta”.