‘Das Boot’, un racconto che non esaurisce il suo richiamo perché ritrova i temi mai conclusi nella grande narrazione storica: la Seconda guerra mondiale, i sommergibilisti, i vinti e i vincitori. Ma il successo di ‘Das Boot’, anche per la seconda stagione, vuole dire l’affermazione di un linguaggio, quello della verosimiglianza. Ancora una volta, la regia ha fissato espressioni realistiche, filmiche e narrative, di un mondo di marinai e comandanti. Già in onda in prima visione sul canale Sky Atlantic dal 26 giugno, la serie Sky termina la programmazione il 17 luglio.
Così ritorniamo dentro i riflessi delle lampade rosse dei sommergibili. Con i volti nevrotici trafitti dal sibilo del sonar. Con le vite a rischio nel buio delle profondità marine. Con la consapevolezza dell’errore che attanaglia i comandanti. Il tutto avvolto da una colonna sonora raffinata, che permane nelle orecchie e non porta con sé lo strepito delle armi, piuttosto il senso dell’attesa. In otto puntate, da ‘Missione segreta’ a ‘Fine del viaggio’, i testi non sono scontati e i giovani sommergibilisti gridano, “Siamo carne da macello.” I camerati lo sanno; ma sanno altrettanto che, accanto all’anima tragica della guerra, appare la pietas che non abbandona i cuori degli uomini di guerra. Cuori questi catturati da una fiction suggerita dai romanzi firmati da Lothar-Günther Buchheim; e questa seconda stagione è collegata al testo ‘La Fortezza’ di Buchheim, pubblicato nel 1995, un’opera che mette al centro il comandante Johannes von Reinharts (Clemens Schick), inviato in missione sulle coste statunitensi.
https://www.youtube.com/watch?v=d8uZvtF4KboPer tale viaggio prende avvio un intreccio narrativo di lupi di mare, di sommergibili che si inseguono dall’Oceano Atlantico sino a New York, dove si è rifugiato il comandante dell’U-612 Hoffmann (Rick Okon). Così tutti hanno una missione. Tutti assistono al conflitto tra le scelte individuali e quelle comunitarie. Tutti inseguono un destino; nessuno può starne fuori. Ed è questo un coinvolgimento dettato dal secolo breve attraverso le venture di marinai e di donne valorose nella Francia dal 1942 al 1944. La trasposizione dei piani narrativi coinvolge. Ecco il comandante Hoffman, salvo dopo l’abbandono in pieno Atlantico, che incontra Berger (Thomas Kretschmann), un avvocato tedesco. Poi c’è sempre Tom Wlaschiha – Jaqen H’ghar de ‘Il Trono Di Spade’- che interpreta il maggiore Gestapo Hagen Forster, il quale non comprende sino in fondo le sue scelte sbagliate.
Nella fiction, diretta da Johannes W. Betz, emerge una Germania che ha creduto, ha errato, ha sofferto. Così come ha creduto il comandante tedesco von Reinhartz, personaggio vero e tragico, destituito dal suo comando, però consapevole del fatto per cui, pure durante l’amara lotta, la coscienza non deve essere perduta. Eppure i sommergibilisti mormorano, “La coscienza appartiene ad un mondo che non esiste più.” Tuttavia le azioni, per portare avanti la dignità e la speranza, non mancano in questa epopea. La quale ci rammenta un’altra Germania, consapevole di una guerra impossibile, però sino alla fine valorosa per salvare i camerati e per conservare l’onore.