“Lettere & Arti”, supplemento de Il Giornale, è uno dei rari inserti culturali di quotidiani anni ‘80-’90. Fondato nel 1974 da Eugenio Cefis, diretto da Indro Montanelli, Il Giornale ha grandi solisti che non fanno un coro: Abbagnano, Aron, Arpino, Bettiza, Brera, Burgess, Buscaroli (dietro pseudonimo), Franco Cangini, Cantoni, Gian Carlo Calza, Pietro Cheli, Crocetti, Renzo De Felice, François Fejtő, J.K. Galbraith, Jacopetti, Laurenzi, Emilia Morelli, Federico Orlando, Pareyson, Pasolini Zanelli, Perna, Mario Praz, Sergio Ricossa, Rosario Romeo, Sergio Saviane, Vittorio Dan Segre, Sofisti, Valsecchi… E ancora: Maria Brunelli, Giorgio Blais (dietro più pseudonimi), Domizia Carafoli, Carlo Fabrizio Carli, Virman Cusenza, Aridea Fezzi Price, Paolo Isotta, Antioco Lostia, Claudio Mauri, Paolo Pittaluga, Vittorio Savini, Francesco Tedeschi, Lorenza Trucchi…
Maurizio Cabona, al Giornale lei arriva nell’86 dal Secolo XIX di Tommaso Giglio. Giornalismo d’una volta…
“… Quello in abito fumo di Londra, che solo pochi artigiani brizzolati qua e là sanno ancora fare?
Non scherzi. Lei ha visto cose che noi umani nemmeno possiamo immaginare.
“Quello sì. Ma noi superumani, da bambini, abbiamo rischiato la poliomielite. Pensi che nel 1956 ho preso l’’Asiatica’”.
Crescendo, lei s’è occupato di libri e arte sul Giornale. Lo rifarebbe?
“Perché no? Un quotidiano allora permetteva a pochi di vivere come Bond, senza esserlo, che è molto meglio. Il Giornale era il parco giurassico del Corriere e il Corriere era il parco giurassico del Times”.
Il giornalismo oggi…
“… Ha perso l’informazione e conservato la propaganda. La selezione del personale ha seguito la stessa curva. A una persona in età, l’intervistatore domanda : “Dov’era nel 1970, quando l’Italia vinse 4-3 contro la Germania?”.
Invece io le chiedo dov’era nel 1970 quando è morto Mishima?
“A casa a dormire. La notizia me la darà il Giornale Radio delle 13h”.
Lei già leggeva Mishima?
“Già lo compravo. Per farmelo leggere, c’è voluto il seppuku”.
“I primi libri di Mishima in Italia sono stati…
“… La voce delle onde, edito da Feltrinelli, Confessioni di una maschera e Il padiglione d’oro, editi da Garzanti. Tradotti dall’inglese”.
Feltrinelli faceva tendenza.
“Fino a un certo punto. L’estrema sinistra guardava al Giappone solo per gli Zenga-kuren”.
Tornando al Giornale, quando ci lavorava lei, i libri di Mishima venivano recensiti…
“… Regolarmente da uno specialista, Gian Carlo Calza, docente a Ca’ Foscari. Talora di Mishima ha scritto anche Alberto Pasolini Zanelli e i suoi articoli nipponici sono ora nel libro L’ombelico e la luna, edito da Nicola Crocetti, altro importante uomo di cultura che ha lavorato al Giornale”.
Mishima è un classico per come muore o per come scrive?
“Una morte tragica, specie se volontaria, rivaluta ogni autore”.
Nel 1970 in Italia c’è già la guerra civile per soli giovani. Il neofascismo adotta Mishima?
“Non subito, ci mette almeno circa un anno. Al contrario Mishima diventa subito motivo di imbarazzo per Gian Giacomo Feltrinelli, che dona Morte di mezza estate, già pronto per la stampa, alla Longanesi. Eppure è stato un grande editore”.
A quel punto sono i neofascisti che se ne appropriano?
“Esitando. L’omosessualità restava tabù: quella di Mishima, come quella di Pier Paolo Pasolini, era nota. Quella di Brasillach, di Bonnard e di parecchi altri era taciuta. Il pubblico politicizzato comprava libri per militanza, non per leggerli. Una dubbia virilità era una macchia”.
Se lei scrivesse la voce “Mishima” sull’enciclopedia, quale sarebbe l’incipit?
“Kimitake Hiraoka – questo il vero nome – nasce nel 1925 e ha una certa idea del Giappone quando il 1° gennaio 1946 l’imperatore Hirohito rinuncia alla sua divinità per imposizione del governo d’occupazione americano…”.
La fine della divinità imperiale è decisiva per Mishima?
“Essa segue di poco un disonore: nel 1945 Mishima è riformato alla visita di leva. Ha vent’anni e non è amato dal padre. Arriva all’età adulta e si sente abbandonato perfino dall’imperatore!”.
E’ successo qualcosa di simile a generazioni di italiani.
“La morte fisica del padre, sommata a quella anche solo simbolica del capo politico, devasta. In una civiltà tradizionale, come il Giappone, dove il capo politico è di natura divina, è peggio ancora: crollano le fondamenta del viver comune”.
Eppure nel 1945 un haiku di Hirohito, imperatore del Giappone, diceva: “Valoroso è il pino che non cambia colore col peso della neve”.
“Anche per questa metafora Kimitake Hiraoka, divenuto scrittore, prende lo pseudonimo di Yukio (nevoso) Mishima (una città fra il Fuji e il mare). Ma col tempo s’accorge che il pino cambia davvero colore”.
Gli americani però si ritirano nelle loro basi e il disarmo avvantaggia il Giappone.
“Ma la Costituzione resta quella, pacifista, scritta dai giuristi di Harvard. Mishima, che attende l’occasione di riscatto personale e nazionale, propone ai militari di non definirsi più Forza di autodifesa”.
Mishima è stato un fascista giapponese?
“Fascista giapponese è sia un’endiadi, sia un ossimoro. I militanti comunisti giapponesi somigliavano più a Mishima che a un comunista russo o italiano. Ma un tradizionalista non è un fascista”.
Come definirebbe Mishima?
“Un patriota che attende la rivincita del suo Paese. Si addestra sugli F-104 dell’aviazione, per l’esercito è una sorta di ufficiale in borghese. Dalla sua gracilità infantile è emerso un corpo perfetto. Lo si vede in una foto dove Mishima impugna una spada e in un’altra dove è trafitto da frecce. L’idea di farsi ritrarre infilzato gli è venuta dal Martyre de San Sébastien di Gabriele d’Annunzio, che ha tradotto dal francese”.
Per Alberto Moravia, Mishima…
“… Amava d’Annunzio non perché del passato, ma perché del presente”.
Il Mishima europeo è Dominique Venner?
“Sì, con una sfumatura diversa. Autore di nicchia, Venner si dà la morte nel 2013, a quasi ottant’anni. Romanziere di fama mondiale, Mishima lo fa nel 1970, a quarantacinque anni. E Mishima è anche regista”.
Infatti anche il cinema è importante per Mishima.
“Come racconta il film Mishima di Paul Schrader (Festival di Cannes, 1985), prodotto da George Lucas e Francis Ford Coppola, lo scrittore e quattro militanti prendono in ostaggio un generale. Poi Mishima apostrofa dalla terrazza una truppa che già pensa alla libera uscita. Loro lo deridono, lui ne trae le conseguenze”.
I fatti di Tokyo del febbraio 1936 si ripetono in sedicesimo nel novembre 1970.
“Si replica nella realtà la finzione di Patriottismo (1966), il film di (e con) Mishima, ambientato proprio a fine febbraio 1936”. Qui si può vederlo:
Racconti questo film.
“Su Tokio cade la neve. Cento giovani ufficiali insorgono contro ministri imperialisti e corrotti in nome dell’imperatore. Ma Hirohito li sconfessa. Nella notte, per non disobbedire all’imperatore e per non tradire i camerati che dovrebbe arrestare la mattina dopo, una guardia imperiale (Mishima stesso) torna a casa e si sventra. Sua moglie si sgozza”.
Ma il 25 novembre 1970 la moglie di Mishima…
“… Non c’è. C’è il seguace che lo decapiterà e poi si ucciderà al suo fianco”.
Un libro per avvicinarsi a Mishima?
“Quello sobrio e rispettoso curato da Alex Pietrogiacomi, scrittore e karateka: Mishima. Martire della bellezza (pp. 160, Alcatraz Edizioni, euro 12), manuale di citazioni che introduce alle idee dell’autore. Idee che anche gli scettici possono solo rispettare, perché sono state vissute”.
Bravo Maurizio!