Ammetto che il trailer di Diavoli mi aveva convinto da subito: non solo per quella parte del mio animo complottista, che era rimasta immediatamente affascinata da possibili retroscena sull’affossamento della Grecia che ebbe luogo qualche anno fa, ma perché il mondo dell’alta finanza, un po’ come quello dell’alta moda, ha una patina incredibile, che un tempo era appannaggio dei grandi salotti o dei circoli letterari. Non voglio fare qui una disamina sul nostro tempo e sullo spostamento dell’élite che lo caratterizzano, ma solo dire che guardare serie come Diavoli mi fa un po’ sentire come se stessi sbirciando da una finestra di una casa signorile della Londra di fine Ottocento, assistendo a una festa sontuosa con danze e rinfreschi.
Le alte torri dove prende piede la vicenda sono a Londra, una City in parte reale, in parte ricostruita in maniera magistrale (e qui vanno i doverosi complimenti alla produzione: una joint-venture italiana, francese e britannica che ci ha consegnato un prodotto visivamente ineccepibile); la storia si concentra sulle vicenda di un giovane ma già affermato finanziere, Massimo Ruggero, ma non ci inseriamo qui nel filone Wall Street o in quello del più recente The Wolf of Wall Street; non vedremo l’ascesa di una giovane promessa della finanza o lo spietato gioco al massacro della borsa americana. Qui si è in Inghilterra e nel ventunesimo secolo: si tira di fioretto. Inoltre, quella del protagonista sembra più una discesa agli inferi che una scalata: I “diavoli” del titolo potrebbero essere tanto il mondo dell’alta finanza che lo circonda quanto i suoi demoni personali e interiori.
La vicenda, per come ci viene presentata in questi due primi episodi, è abbastanza semplice: Massimo è in lizza per il posto da vice CEO della NYL (una fittizia banca internazionale di investimenti) che gli viene però conteso da un altro collega. Quest’ultimo si suiciderà misteriosamente alla fine del primo episodio, innescando propriamente l’azione, perché mentre tutti guardano con sospetto Massimo, sarà lui a decidere di non fermarsi alle apparenze e di scavare più in profondità, iniziando a rivelare verità presumibilmente scomode sulla banca in questione, servendosi in questo anche dell’aiuto di un gruppo di hacker (e qui il mio animo complottista, lo ammetto, ha esultato).
Diavoli ha quindi più trame e livelli: il primo è appunto quello personale del protagonista, la sua storia (che ci viene in parte narrata con flash back, in parte fatta intuire); poi il livello dell’intrigo finanziario strettamente legato al mentore di Massimo e CEO della NYL, Dominic Morgan (interpretato da Patrick Dempsey) e infine un terzo e più ampio, in questi due episodi solo lasciato intravedere, di un intrigo internazionale che coinvolge il crollo di Lehman Brothers, la crisi finanziaria delle Grecia e lo scandalo dell’arresto di Dominique Strauss-Kahn, allora presidente del Fondo Monetario Internazionale.
Ha uno strano tempismo, Diavoli. Esce in un momento in cui l’affaire Grecia suona come un monito, quasi un campanello d’allarme. Specialmente se si lascia intendere che dietro a ogni mossa apparentemente “casuale” – ma, verrebbe da chiedersi, esiste realmente il caso? – si nascondono interessi, fili tirati da persone in carne e ossa.
“Il più grande inganno del diavolo non è farci credere che non esista” chiosa il protagonista alla fine del primo episodio “è lusingarci per non farci vedere che il diavolo siamo noi.” Non ci è dato sapere se con quel “noi” si stia riferendo al mondo dell’alta finanza o al genere umano. In entrambi i casi, ne emerge un’idea del diavolo come egregore, come un parto delle menti umane. E allora il parallelo tra il diavolo e il denaro, soprattutto ora che la finanza è sempre meno legata al mondo reale, non è lontano. Forse sarebbe da chiedere all’autore del libro da cui la serie è tratta, Guido Maria Brera, che non sappiamo se identificare più con Massimo o con lo spietato Dominic.
Diavoli è una bella serie, mi è piaciuta e continuerò a guardarla. È così avvincente che ti convince quasi che quella che stai vedendo è pura fantasia: che sia questo l’inganno vero del diavolo?