Vasco Rossi legge Margaret Mazzantini e compone “Un senso”. Vasco Rossi è amico di Marco Materazzi che gli legge la letterina d’affetto. Vasco Rossi è un uomo solitario che porta su di sé il dolore del mondo. Vasco Rossi è uno che fa gruppo e tiene a mente le istanze sociali. Vasco Rossi è un letterato finissimo che bada alla sostanza. Se è questo Vasco Rossi, scusateci tanto ma non c’abbiamo mai capito una mazza.
Il Vasco di RaiUno non è quello della combriccola del Blasco, quello trasgressivo e nervoso che “non siamo mica gli americani”, il cantore dell’anima frustrata di quell’immenso paesone di provincia che è l’Italia. Paolo Bonolis ha intermezzato i brani del concerto al Modena Park con lodi sperticate, tanto da risultare posticce aprendo il suo lunghissimo spettacolo con una (non richiesta) esegesi antirazzista di “Colpa d’Alfredo”. Un concerto di banalità e buoni sentimenti (quello del presentatore), parole messe in fila per giustificarlo in prima serata Rai al vasto pubblico delle buone vecchiette, condito di qualche intemerata molliccia anti-Gasparri, bacini politicanti all’Emilia di Articolo Uno.
Insomma, un ritratto da panegirico dell’ultramoderno. Ci mancava solo la veglia per la costituzione (anziché le lotte radicali e antiproibizioniste che effettivamente fece, di riffa o di raffa). Vasco imprigionato dalle letture salottiere, eppure ce l’eravano sempre immaginato su un Volkswagen Golf a sgasare, far l’amore o farsi le canne nelle campagne.
Poi però è successo che mentre Bonolis si sperticava a parlar d’amicizia e di rispetto, le ragazze in prima fila si son slacciati i reggiseni sulle note di “Rewind”. Poppe al vento, con l’unica voglia di trasgredire e sedurre, contro i singhiozzi dell’esorcismo buonista dell’icona più trasgressiva e arrabbiata del pop nazionale. Auguri.