Strani amori, sconosciuti. Hanno infiammato i cuori dall’altra parte del mondo. Dove i calciatori giocano a testa in giù, almeno è così che ce li hanno raccontati i cartoni animati. Lì è accaduto davvero. Nel Paese di Oliver Hutton e di Benji Price, dove Mark Lenders schiantava a rete gli assist chirurgici di Deny Mellow e Tom Becker faceva la seconda punta classica mentre Julian Ross combatteva contro avversari e infarto, due fratelli d’arte s’incontravano per meditare il loro riscatto. Così il segaligno Jorge, gemello dell’eroe rossoblù sardopanamense Julio Dely Valdes e il fratello strano di Diego, Hugo Maradona, decisero che tra ’97 e ’98 era giunto il momento di scrivere la storia del glorioso Consadole Sapporo.
Prologo.
Reietto, ai margini del pallone che conta in cui El Diez volle per forza inserirlo, El Turco capisce subito che è meglio pigliare altre strade, che lo portino lontanissimo dall’Europa. Fallisce ad Ascoli, fallisce nella Madrid operaia del Rayo Vallecano. Aspetta un po’ di stagioni per pigliare la via del Giappone. Qui lui, autodefinitosi “calciatore ultramoderno”, trova la dimensione ideale. Nella terra dei Samurai il pallone è manga e nostalgia per l’Italia, si lotta per esorcizzare del tutto l’anima pioneristica del football nipponico, quella dopolavoristica.
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Rimbalza dal Centro al Sudamerica e poi direttamente al Giappone, Jorge Dely Valdes da Panama. Vede il fratello sfondare (le porte avversarie) e trascinare il piccolo Cagliari dei primi anni ’90, fino alla semifinale di Coppa Uefa. Julio si accaserà al Paris Saint Germain che ancora non era un giocattolo nelle mani degli sceicchi del Qatar. Lui, Jorge, combatte sui campi dove il calcio cerca di affermarsi. Segna più gol che presenze registrate. È un girovago della pedata nipponica, ovunque vada regala caterve di reti. Al Consadole arriva per la prima volta nel ’93, proprio mentre il gemello esordisce con il Cagliari in serie A. Ci ritorna quattro anni dopo, nel ’97.
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L’incontro.
Tutti e due si ritrovano a Sapporo. Attenzione, non troverete tracce di loro nelle statistiche della massima serie giapponese. Già, perché il Consadole è precipitato nella cadetteria nipponica e tenta di risalire la china. Per farlo si affida ai due fratelli d’arte. Sarà un trionfo. Nel 1997, i rossoneri conquistano la promozione e Jorge batte la campana del capocannoniere, andando a segno ben quaranta volte in trenta partite, ventisei delle quali stravinte dai rossoneri di Hokkaido. El Turco, invece, non segna. Preferisce mandare in gol, con passaggi e cross che in quegli stadi paiono dipinti Kitagawa Utamaro, il suo amico centravanti. Insieme fanno tutto. Vincono e si accordano anche per le esultanze. Jorge comincia a festeggiare i gol fingendo una telefonata. Prima di farlo, però, si consulta con Hugo che dà la sua approvazione.
È un trionfo, dicevamo. Incroceranno i tacchetti, finalmente, con i campioni in carica del Jubilo Iwata, con gli eroi del pallone venuti a incantare le platee di Tokyo, Yokohama, Osaka.
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Sogni infranti.
La magia, però, non si ripete. Jorge è l’unico che sembra non accorgersi del dislivello. Segna ventuno gol e si piazza terzo nella classifica dei cannonieri, alle spalle del trio giapponese formato da Masashi Nakayama (bandiera del Jubito Iwata che quell’anno fa 36 reti), Shoji Jo (che dagli Yokohama Marinos se ne andrà a giocare in Spagna, al Real Valladodid) e Atsushi Yanagisawa (all’epoca punta del Kashima Antlers che poi si imbarcherà verso l’Italia, prima alla Sampdoria e poi al Messina).
Fatale al Consadole è un girone d’andata disastroso, concluso al terzultimo posto con 11 punti. E poi ci sono i drammatici playout in cui non basta Jorge né il genio di Hugo. Contro il Vissel Kobe si perde con l’aggregato di 4-1. C’è ancora la possibilità di salvarsi, spendendo nell’inferno della League 2 l’Avispa di Fukuoka che, nella “conta” finale tra i gironi d’andata e ritorno s’è classificata ultima.
Epilogo.
L’Avispa ha già messo a posto le ambizioni del Kawasaki Frontale ma ha perso malamente contro il Jef United. Lo scontro finale è con il Consadole. All’andata le Vespe si impongono per 1-0. Tutto è, sostanzialmente, ancora in gioco. Il dramma si consuma proprio nella partita di ritorno quando i rossoneri di Sapporo ne buscano tre e Jorge rimane a secco.
Con la retrocessione, la favola dei fratelli in armi finisce. Hugo se ne va a Toronto, dove poi, tramortito dai rigidi inverni canadesi, deciderà di farla finita con il calcio giocato. Jorge, invece, piglia la strada che lo porta in Colorado, ai Rapids dove diventa una specie di bandiera prima di ritornarse in Giappone. Concluderà la sua carriera all’Arabe Unido, insieme al fratello Julio.