Il modello inglese che ci piace è quello che, qualche giorno fa, ha deciso di sospendere il vergognoso aumento dei prezzi dei biglietti allo stadio. Almeno per i tifosi ospiti, ogni tagliando non potrà costare più di trenta sterline, suppergiù una quarantina d’euro. Ciò che ci piace è il fatto che, deposta la spocchia, i club si son seduti ad ascoltare le ragioni dei tifosi. Una volta tanto.
Tutto è cominciato quando i tifosi del Liverpool hanno minacciato un clamorosissimo sciopero. E contro il Sunderland, al 77esimo minuto, gli innamorati del Liver Bird hanno lasciato Anfield Road, cantando. Le società, che negli anni hanno cominciato a spremere i calciofili manco fossero limoni, hanno acconsentito a calmierare i costi dei biglietti. Almeno in trasferta. Non è tantissimo, ma già è qualcosa.
Ovviamente i dirigenti non fanno mai niente per niente, specie in Inghilterra. Senza tifo, le partite perdono fascino. Immaginatevi, per esempio, Boca-River con la Bombonera deserta. Non sarebbe molto di più di un Arzanese-Viribus Unitis, con tutto il rispetto. E senza atmosfera, il prodotto non vende, le tivvù non cacciano i soldoni dei diritti e la gente disdice gli abbonamenti. Chi il calcio lo vive sulle gradinate, ‘ste cose le deve sapere. Perchè “gioca”, evidentemente, anche lui.
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C’è pure altro. È dovuto intervenire il primo ministro David Cameron per tentare una mediazione. E questo modello inglese, con la politica che non demonizza, in automatico, le istanze dei tifosi ci piace. Quanti partiti hanno lucrato sull’emarginare curve, gruppi, ultras e non. Andare in curva, in troppi ambienti, sembra un’ammissione di una qualche colpa severa.
Dall’Inghilterra, di cui abbiamo importato solo il peggio e il monetizzabile, arriva una nuova storia sul caso del “modello”. Ascoltare i tifosi si può, non è peccato e poi ci sono soldini da perdere o guadagnare. Magari, pure a Roma.
@barbadilloit