Si è scritto tanto del Grande Torino e di Superga, degli “Invincibili”, del “solo il fato li vinse”, degli eroi che, come la tragedia greca insegna, muoiono giovani. Sono passati 66 anni da quello schianto, ma ancora forte è il legame tra i tifosi e quella magnifica squadra, diventata mito ed essenza dell’amore verso il Toro.
Quella contro il Benfica di Lisbona è stata l’ultima partita prima di imbarcarsi per il volo fatale. I tre giorni in Portogallo rappresentano per certi versi il tassello mancante di tutta la storia.
Il risultato è Benfica-Torino 4-3, fu una partita che, come molti riportano, pensavamo fosse stata organizzata per l’addio al calcio di Francisco Ferreira, stella del Benfica e della Nazionale e amico di Valentino Mazzola, che aveva conosciuto tempo prima a Genova per l’amichevole Portogallo-Italia. E invece no, l’incontro, come scrivono i giornali portoghesi dell’epoca, era un semplice omaggio a Ferreira, che continuò a giocare ancora per parecchio tempo e magari poteva farlo anche al Toro, visto che a quanto pare era stata avviata una trattativa per portarlo in Italia.
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Allora i giocatori non erano professionisti, non c’erano sponsor e queste amichevoli di lusso venivano organizzate per guadagnare qualcosa in più grazie agli incassi.
Toro dunque battuto, in quell’amichevole, ma mai domo: passa in vantaggio con Ossola, subisce la rimonta, va in gol anche Bongiorni, poi chiude Menti, allo scadere, su rigore, per il definitivo 4-3. Sarà quello dell’ultimo gol della storia del Grande Torino.
Prima di quella partita i giocatori si erano rilassati a Estoril, dove alloggiavano all’Hotel Palace trascorrendo diverso tempo alle terme. Proprio allo stadio Paraya di Estoril tennero il loro ultimo allenamento. Dopo la partita le due squadre si riunirono per una “cena della fratellanza” nel prestigioso ristorante Alvalade di Lisbona. Tra gli ozi di Estoril e la cena di gala, il match. I portoghesi conoscevano bene il Torino, e c’era molta attesa per quella partita, ci fu anche una signora che andò allo stadio da un paesino vicino Lisbona a piedi. A proposito dello stadio, si è scritto è che l’amichevole fosse stata giocata al De Luz, che però fu costruito nel ‘55. Il match si disputò invece all’Estadio Nacional do Jamor.
Di quella partita ci sono le testimonianze dei giovani giocatori del Benfica di allora, le riserve Artur Santos e Josè Bastos, e soprattutto quella di Rogerio Lantres de Carvalho detto Pipì, funambolica ala destra, autore del quarto gol dei lusitani, l’ultimo subito da Bacigalupo. Pipì ha sempre ricordato quella partita spettacolare, giocata senza marcature strette e con pochi falli. Ma soprattutto ha sempre ricordato la tragedia, il grande dolore personale, come se avesse perso un familiare.
Anche Lisbona in quei giorni si commosse per quanto successo a Superga, in centinaia manifestarono la loro vicinanza al dramma davanti all’ambasciata italiana. Sull’onda emotiva si pensò di realizzare una statua che ricordasse quella partita, ma poi non se ne fece nulla. Tuttavia c’è un qualcosa di curioso che ancora oggi lega quella tragedia al Portogallo. In Alentejo, nel sud del Paese, una squadra di Torrão cambiò il proprio nome da Torpedo Torranense a Torino Torranense, e così si chiama ancora adesso.
Anche nel museo del Benfica ci sono testimonianze tangibili della partita. C’è la “Coppa Olivetti”, il trofeo messo in palio per l’occasione da una società portoghese legata proprio all’Olivetti, ci sono una statuetta della Mole Antonelliana, un cofanetto e un portasigarette, dono della delegazione torinese, il gagliardetto dei granata di quella partita e alcune foto di quei giorni appartenute a Ferreira.
@MarioBocchio