L’avessero detto Domenico Dolce e Stefano Gabbana sarebbero volati gli stracci. Firmati, probabilmente. Invece è stato papa Francesco a dire che la «teoria del gender è uno sbaglio della mente umana». E di reazioni, scomposte o no, neanche l’ombra. Hanno fatto notizia – forse giustamente – le suore di clausura che a Napoli hanno letteralmente preso d’assalto il pontefice argentino, manco fosse il Maradona dei tempi migliori. Tranquilli, però. È bastato un passaggio del lungo intervento del cardinale Angelo Bagnasco in apertura dei lavori del consiglio permanente della Cei per rinserrare gli schieramenti tradizionali.
«Una teoria che edifica il transumano. Una manipolazione da laboratorio», ha detto. Ed è scattata immediata l’alzata di scudi dell’associazionismo gay e l’allarmismo di stampa progressista. «Bufera su Bagnasco», avverte Repubblica. Magari l’arcivescovo di Genova voleva sfruttare lo stesso salvacondotto concesso al Papa. Chissà. Intanto la sua uscita, da strumento di riflessione e studio, è finita impallinata dal fuoco incrociato delle opposte fazioni.
Ed è infatti una certa dose di aggressività, facendo un passo in dietro sulla polemica nata intorno all’uscita pro-family dei due stilisti siciliani, ad aver oscurato il dato più importante sottolineare. Mentre l’opinione pubblica si è schierata in forma forse un po’ troppo manichea tra chi invocava il boicottaggio del loro brand e chi invece lo avrebbe difeso ad oltranza (fra questi Carlo Giovanardi, sic!), è sfuggito che in termini di scelte individuali nessuno – o quasi – si è preoccupato dell’orientamento sessuale dei due intervistati. Neanche Roberto Fiore, che anzi ha offerto loro la tessera onoraria. Segno del mutamento dei tempi.
Fatto sta che la percezione di un fenomeno, negli anni, è di fatto mutata in modo pacifico e rappacificato. Tutto ciò anche sulla scorta delle battaglie dei movimenti gay (ipocrita non ammetterlo!). Ma c’è dell’altro: la vicenda di Dolce e Gabbana ha di positivo che ha svuotato di senso la parola omofobia, mettendo in luce un dato tutt’altro che marginale: la condivisione o meno di un certo pacchetto di diritti non è affatto complementare a opzioni che di per sé sono personali e private. Insomma, essere in disappunto con chi pensa che il matrimonio fra persone dello stesso sia un provvedimento per lo meno discutibile, non è sintomo di chissà quali tare o angosce. E ci mancherebbe pure.