La corruzione e i complotti in politica sono diventati così surreali tanto da ispirare il cinema e la tv. Dopo i recenti thriller politici capolavoro come quello di George Clooney con le Idi di marzo, sarà un altro suo amico, Kevin Spacey, a interpretare il nuovo progetto di David Fincher, maestro del dramma umano, in House of Cards. D’altra parte le analogie col film diretto da Clooney sono molte, su tutte la domanda: cosa si è disposti a fare per inseguire il potere? Domanda che è stata alla base di molti noti sociologi in passato, da Max Weber a Pareto, trova poi risposta nel diario di bordo di questo politico americano dei giorni nostri, il machiavellico Francis Urquhart, una sorta di Grande Fratello alla Orson Welles che sa tutto di tutti, nascosto – ma neanche tanto – tra l’entourage repubblicano della Camera dei rappresentanti. Ed è lui, personaggio interpretato da Spacey, che raccoglie e custodisce informazioni, segreti e fragilità sui parlamentari del suo partito.
La serie che ha tenuto incollato alla tv lo stesso Obama, tra una guerra e l’altra, è ispirata – verrebbe da dire alla politica odierna ma – a un noto romanzo inglese pubblicato per la prima volta nel 1989 da Lord Michael Dobbs – nato nel 1948 e capo dello staff di Margaret Thatcher fino al 1987, anno dell’ultima vittoria della Lady di ferro – un successo immediato da oltre 3 milioni di copie. Il romanzo è ambientato in Inghilterra, nei mesi immediatamente successivi all’ennesima rielezione del primo ministro già in carica. Francis Urquhart, il Chief Whip (una sorta di segretario parlamentare), è pronto a usare tutte le armi in suo potere per rovesciare l’esecutivo e diventare premier britannico. In lunghi anni di lavoro dietro le quinte, infatti, è riuscito ad ammassare un’enorme mole di dati incandescenti su molti colleghi e, tramite ricatti e intimidazioni, crea una rete di collaboratori che, inconsapevolmente, lo aiutano a realizzare il suo disegno.
Libro e serie evento arrivano per la prima volta in Italia: il primo è sugli scaffali dal 28 marzo per Fazi Editore (con la traduzione di Stefamo Tummolini, pp. 447, 14,90 euro), mentre il telefilm sbarca su Sky Atlantic HD, il nuovo canale di intrattenimento della pay tv che si accenderà il 9 aprile – insieme a un altro canale cult dedicato agli heroes movie – proprio con il ‘political dramà, prima produzione originale per Netflix, premiato agli Emmy e agli ultimi Golden Globe. Già adattato negli anni ’90 dalla Bbc con successo di pubblico e critica, il thriller di Dobbs è diventato poi un serial prodotto da Netflix, il primo espressamente creato per la tv online. Nella versione attuale Westminster viene sostituita dal Campidoglio a Washington dove Robin Wright è Claire Underwood, moglie di Frank/Kevin Spacey, mentre Kate Mara è Zoe Barnes, la reporter che scende a patti con il politico per avere informazioni utili al suo lavoro. Dopo Steve Buscemi, Robin Williams, il premio Oscar Kevin Spacey non è dunque il primo, tra i big di Hollywood, a cimentarsi nelle serie tv di qualità, cui evidentemente Sky si sente di dedicare un intero canale a tema. Lo stesso canale ospiterà infatti una sorta di “corrispettivo” partenopeo più recente, serie tv ispirata ad alcuni capitoli del romanzo Gomorra di Saviano già trattato da Garrone per il cinema. E chissà se dopo il grande successo di “Romanzo criminale” potremmo vedere una serie tv sulla cronaca politica ambientata perché no, a Montecitorio. Di materiale ce ne sarebbe parecchio, come già raccontato in diversi romanzi che fondono politica e intrattenimento. Purtroppo ogni esperimento in questo senso non ha resistito alla deriva del cliché commedia, da Albanese a Placido. Ma House of cards, proprio come la Grande Bellezza per il cinema che torna a far riflettere, ha spalancato un portone grosso quanto il Colosseo, perché, per dirla alla Francis Urquhart “l’unico modo per mangiare una balena è iniziare con dei piccoli morsi.”