L’arrivo a Torino è previsto per le 18,30, con un volo di linea dalla Capitale. A distanza di cinque mesi Domenico Quirico tornerà questa sera nella redazione in cui lavora da oltre trent’anni, alternando i fasti (e i rischi) dell’inviato di guerra con il ben più oscuro lavoro di redazione e documentazione. Da giornalista sobrio e schivo qual è, probabilmente quando entrerà qui in redazione non gradirà applausi, brindisi, baci e abbracci. Anzi, se non sarà troppo provato dalla terribile esperienza forse si metterà subito al lavoro per raccontarci qualcosa dei 150 giorni di prigionia, ostaggio di gruppi jihadisti e criminali comuni che ieri sera, all’arrivo dalla Siria, ha lui stesso descritto come “marziani malvagi e cattivi”.
Non l’hanno trattato bene, ha ammesso senza entrare nei particolari. Il suo compagno di detenzione, l’italo-belga Pierre Piccinin, ha già anticipato qualcosa: insulti, botte, digiuni forzati e persino un paio di false esecuzioni. Ed ha aggiunto un particolare molto importante, in queste ore in cui il mondo è con il fiato sospeso in attesa delle decisioni di Obama: «È un dovere morale dirlo. Non è il governo di Bashar al-Assad ad avere utilizzato il gas sarin o un altro gas nella periferia di Damasco, lo abbiamo sentito in una conversazione che abbiamo sorpreso tra ribelli», ha affermato Piccinin. Aggiungendo: «Ammetterlo mi costa, perché da maggio 2012 sostengo con decisione l’esercito libero siriano nella sua giusta lotta per la democrazia».
Anche Domenico Quirico non ha mai nascosto le sue simpatie per i ribelli anti-Assad e nei suoi precedenti tre viaggi in Siria aveva cercato di documentare le aspettative democratiche dei ribelli a fronte della decisa chiusura del regime di Damasco di fronte alle cosiddette “primavere arabe”. Ora, dopo cinque mesi di incubo, Quirico sembra aver cambiato idea. L’ha detto ieri sera, appena sbarcato a Ciampino: «Ho cercato di raccontare la rivoluzione siriana, ma può essere che questa rivoluzione mi abbia tradito. Non è più la rivoluzione laica e democratica di Aleppo, è diventata un’altra cosa».
Poiché Domenico Quirico, prima ancora che un grande giornalista, è uomo di notevole onestà intellettuale, siamo certi che il suo racconto sarà attendibile e leale. E in questa fase della crisi siriana in cui sembrano prevalere le menzogne e gli interessi sporchi, come ha sottolineato anche Papa Francesco, la testimonianza del nostro collega andrà al di là del puro e semplice reportage giornalistico.