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Marco Tarchi: “Meloni-Schlein scontro tra conservatorismo e progressismo”

L'intervista (integrale) del politologo dell'Università di Firenze: dalla destra di governo alla Schlein, passando per il tema dell'egemonia

by La Stampa-Marco Tarchi
12 Aprile 2023
in Le interviste
2
Marco Tarchi

La destra è da sei mesi al governo. Che giudizio dà di questa novità assoluta nel panorama politico italiano?
“Un giudizio interlocutorio. Da un lato sono emersi alcuni elementi di improvvisazione e qualche passo indietro, se non inversione di rotta, rispetto alle intenzioni avanzate in campagna elettorale (sull’immigrazione si è passati dalla richiesta di blocco navale all’accettazione di fatto di sbarchi continui; con la Commissione europea, i fieri propositi di riforma sono sfumati in sorrisi più o meno di circostanza). Dall’altro, su qualche punto qualificante del programma conservatore che Meloni aveva annunciato, come le norme riguardanti i cosiddetti temi etici, il governo sembra intenzionato a tenere duro. E, malgrado la manifesta ostilità di una parte di Forza Italia, pare che la compagine rimanga solida. Viste le premesse, non è poco”.
Negli ultimi tempi si stanno susseguendo dichiarazioni da parti di figure istituzionali e di primo piano nella compagine politica da La Russa a Meloni, che secondo la sinistra stanno riscrivendo la storia della Resistenza. Che cosa ne pensa? Fa parte davvero di un disegno politico?
“Lo scontro a fini politici della storia – e della memoria storica – non è certamente una novità, ed è anzi attorno ad esso che, gramscianamente, si costruisce un’egemonia culturale come parte integrante di un disegno di conquista e gestione del potere. Qualunque opinione se ne abbia, è innegabile che le sinistre, in questo ambito, nell’Italia repubblicana hanno accumulato un enorme vantaggio, anche per l’interpretazione delle vicende del fascismo e dell’antifascismo che hanno proposto. Basti pensare ai duri attacchi che Renzo De Felice – non certo un nostalgico della dittatura mussoliniana – subì per aver documentato l’esistenza di un ampio consenso al regime fino all’inizio della guerra. Che l’elettorato delle destre non condivida gran parte di quella lettura del fenomeno fascista, è sicuro. Ed è evidente che, riportando lo scontro su quel tema, entrambe le parti pensano di avere qualcosa da guadagnare, soprattutto in termini di mobilitazione dei propri sostenitori. Resta il fatto che il grosso dell’opinione pubblica, secondo i sondaggi, dimostra un sempre più marcato disinteresse verso i fatti di ottanta o cento anni fa”.
Il populismo in Italia è passato da Grillo a Salvini. Nella fase attuale c’è un’evoluzione rispetto a quei toni? Si usano parole e argomenti diversi?
“Sia il Movimento Cinque Stelle che la Lega di Salvini hanno, chi più chi meno, moderato i toni rispetto a qualche anno fa, accantonando gli attacchi più diretti all’establishment. Si è passati dalle invettive alle proposte, spinti un po’ dal clima del dopo-Covid e della guerra russo-ucraina, un po’ da esigenze di coalizione (anche se quella degli ex grillini con il Pd appare ancora problematica e incerta). Ma se riesplodessero fattori di forte crisi sociale, si può supporre che certi modi di fare politica tipici del populismo tornerebbero a galla”.
C’è ancora uno spazio elettorale al centro come scommette il Terzo Polo?
“Solo se la polarizzazione sempre più in atto tra i due maggiori schieramenti e i loro sostenitori superasse il livello di guardia e si arrivasse a un deterioramento dell’ordine pubblico o delle dinamiche istituzionali – qualcosa di simile, per fare due casi, a quanto sta accadendo in Francia o in Israele. Ma per adesso ne siamo ben lontani, e il margine di manovra per soggetti che, per loro natura, si assegnano ruoli di mediazione è molto ridotto”.
L’arrivo di Elly Schlein può radicalizzare il panorama politico con una sfida tra due donne lontanissime tra di loro?
“Sì, e non solo e non tanto per il loro profilo femminile, ma perché lo spostamento già evidente dell’asse del conflitto politico dal consueto spartiacque destra-sinistra, che ormai si era in gran parte svuotato degli originari connotati ideologici, alla discriminante conservatorismo-progressismo, che mette di fronte due antitetiche visioni del mondo, della società e dell’uomo, spinge verso un contrasto tra scelte politiche profondamente diverse. In cui i terreni di scontro si moltiplicano, toccando questioni da molti sentite con particolare intensità. Penso soprattutto a temi come i flussi migratori di massa, e quindi al problema della natura multietnica e multiculturale delle società, nonché – quando intervengono fattori religiosi – dei modi di vita della popolazione, o dei già citati temi etici, da una parte visti come diritti civili di origine naturale e dall’altra come espressione di semplici desideri individuali di limitate minoranze che cercano un riconoscimento pubblico da parte dello Stato”.
Che consigli dà alla destra italiana?
“Non facendone parte, sarebbe improprio che mi mettessi in cattedra. Mi limito a dire che se si vuol condurre una battaglia per la contro-egemonia, come è stato detto più volte da Meloni e dai suoi, bisogna disporre di idee e uomini adatti. E, per averli, occorre studiare. Molto”. (da La Stampa)

@barbadilloit

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Tags: culturaDestramarco tarchimelonischleinsinista

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Comments 2

  1. pasqualeciaccio says:
    1 mese ago

    Marco Tarchi ha ragione sui temi trattati. In particolare sull’ immigrazione anche se c’e’ da dire che L’Italia da sola non c’è la puo’ fare per l’ inerzia della Ue. Per il resto e’ palese che si va verso una contrapposizione piu’che fra destra e sinistra fra conservatorismo per cio’che e’ possibile e il pensiero liquido rappresentato dalla Schlein. Si’ ” si deve studiare molto”

  2. Carlo says:
    1 mese ago

    Tarchi ha ragione. Bisogna disporre di idee ed uomini adatti. Di persone che parlino dopo aver studiato.
    Le stupide dichiarazioni di La Russa sull’attentato di Via Rasella (secondo la Russa i soldati del Bozen erano dei musicanti semi-pensionati, mentre erano fra i 26 ed i 43 anni), da un lato, squalificano chi le fa e, dall’altro, rafforzano chi vuole fare dimenticare che una parte della Resistenza sosteneva Stalin. Basterebbe questo fatto elementare a mettere in evidenza la falsità del mito della Resistenza.

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