Le dichiarazioni di Kerry sugli Stati Uniti che non chiederanno mai scusa per le bombe atomiche sul Giappone, sono perfettamente in linea non solo con il personaggio, ma in generale con la storia delle relazioni intercorse fra il paese del Sol Levante e gli USA.
Facciamo un passo indietro. Fino al 1549 il Giappone era un tranquillo paese feudale, in preda a lotte intestine abbastanza frequenti per il controllo dello Shogunato, la carica che potremmo paragonare a quella di un primo ministro, che gestiva il potere politico in luogo dell’imperatore, che aveva ormai una valenza di natura più spirituale. L’arrivo di San Francesco Saverio portò il cristianesimo cattolico nell’isola, con molti signori feudali e samurai che si convertirono. Successivamente, per farla brevissima, le autorità giapponesi capirono che un samurai cristiano, di fronte alla scelta di servire l’imperatore o Dio, avrebbe scelto quest’ultimo. Inoltre il cristianesimo avrebbe potuto rappresentare una porta aperta agli spagnoli che stavano colonizzando in zona. Scattò una feroce persecuzione contro i cristiani, culminata nella Shimabara no ran, la rivolta dei samurai cristiani che portò alla decimazione dell’esercito giapponese. In seguito a questi accadimenti, il Giappone si chiuse in sé stesso per due secoli, con l’editto del Sakoku. Chi entrava sul territorio giapponese finiva male e solo l’Olanda (che aveva aiutato a sterminare i cristiani, in quanto cattolici papisti e quindi meritevoli di piombo) poteva commerciare nel porto di Nagasaki a regime limitato.
Un giorno però arrivano gli americani, che all’epoca più che esportare democrazia volevano esportare libero mercato, ovviamente con le armi. Dopo aver cercato di rompere l’isolamento commerciale con alcuni stratagemmi, un giorno le “Navi nere”, cioè quattro navi da guerra comandate dal commodoro Matthew Perry, approdarono bellamente a Nagasaki nel 1853. Il commodoro aveva il democraticissimo permesso di usare la forza da parte del presidente e quindi sostanzialmente fece capire allo Shogun che se il Giappone non avesse aperto le frontiere ci avrebbero pensato le armi americane, decisamente superiori a quelle giapponesi. In sintesi, per evitare di essere sterminati e poi aprire le frontiere, i giapponesi cedettero. Ciò provocò una delegittimazione dello Shogun e un successivo periodo di problemi interni che portarono alla restaurazione dell’autorità politica dell’Imperatore.
Nell’immaginario giapponese l’episodio delle Navi Nere è un simbolo di colonialismo e perdita della propria autodeterminazione. L’arroganza statunitense non venne mai dimenticata nonostante, come ricordava Mishima, fu occasione per restaurare l’autorità imperiale. Ciò però aprì definitivamente il Giappone all’Occidente e alla perdita dell’ideale tradizionale, cambiando totalmente volto alla nazione. Lo scatto d’orgoglio della Seconda Guerra Mondiale venne punito con l’olocausto atomico e la perdita definitiva di ogni autodeterminazione, tanto che un politico straniero può andare a irriderli sul loro territorio senza subire alcuna conseguenza.