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La lettera. Lo scomunica di Fini, Meloni&Salvini e la ripartenza dalle idee

by Giuseppe Mainiero*
27 Febbraio 2015
in Parola ai lettori
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tricoloriGianfranco Fini insulta Giorgia Meloni, definendola la “mascotte” di Matteo Salvini. Parla di una destra da ricostruire, partendo dal rifiuto del profilo populista, anti euro e vetero-xenofobo espresso dal leader della Lega Nord. Una destra europea, liberale, democratica che non corra dietro Marine Le Pen perché, dice l’ex presidente della Camera, il lepenismo non è riproducibile in Italia. Come spesso è accaduto nel passato, alcune delle diagnosi di Fini sono corrette e condivisibili, peccato però che la cura nel suo caso si riveli sempre fallimentare. Personalmente credo ad esempio che abbia ragione quando avverte che provare a riprodurre in salsa italiana il lepenismo è attività tanto velleitaria quanto dannosa per la destra. Concordo con lui. Il movimento di Marine Le Pen ha storia e caratteristiche anche culturali molto diverse da quelle di chi ha le radici in quella che fu Alleanza Nazionale.

La destra italiana, d’altro canto, è stata cosa molto diversa dal Front National. La ricetta che Fini propone, però, e veniamo alla cura, a mio avviso non è quella giusta. Non dover replicare riti e grammatica politica di Marine Le Pen non può significare respingerne le tesi e gli argomenti. L’ex presidente di An li bolla come “populisti”. Ma come la lezione politologica di Marco Tarchi ci ha insegnato, bisogna intendersi su quale significato ed accezione assegnare a questa categoria politica. Io non mi sono mai iscritto al partito di coloro i quali fanno coincidere il populismo con l’idea del “male assoluto”. Al contrario, sono profondamente convinto che populismo non sia necessariamente una parolaccia. È una categoria che senza dubbio fa storcere il naso ai frequentatori di qualche salotto buono, alle nomenclature della finanza e a quelli che Ezra Pound avrebbe definito camerieri delle banche, ma che può servire per indicarci una direzione di marcia, un percorso di riavvicinamento ai bisogni, ai drammi, alle le ansie e anche alla rabbia dei cittadini, per poter tracciare una direzione di marcia che dia nuova linfa alla speranza di un Popolo. E allora credo che il nostro mondo, quello che ha scelto di proseguire il suo cammino all’interno di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale, debba aprire una seria riflessione sul suo futuro.

In questo momento, checché ne dica Fini, l’avvicinamento a Salvini sta dentro una condivisione di macrotemi. Non è una scelta tattica né un modo che provare ad intercettare la “scia” del consenso salviniano. È la costruzione di una opzione politica. La stessa che, per certi versi, portò An a costruire una sintonia – poi trasformata in alleanza organica – con Forza Italia. Ovvio che dalle nostre parti si preferisca avere accanto il rampante politico lombardo piuttosto che la corte delle Olgettine di Silvio Berlusconi, il cui distacco è stato per me una specie di liberazione per avere abbandonato un’alleanza che ho sempre percepito come forzata e contro tutto ciò in cui credevamo e crediamo in termini culturali, politici ed ideali. E tuttavia anche sullo schema che ci vede oggi al fianco di Salvini dobbiamo intenderci. Matteo Salvini per me è un compagno di viaggio, nulla di più. Penso che Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale resti una cosa completamente diversa dalla Lega. Credo che il nostro partito debba avere l’ambizione di costruire una proposta politica nazionale che si muova lungo le direttrici più generali sulle quali opera il Front National, essendo dunque alleato di Salvini ma realizzando un percorso proprio. Non perché Giorgia Meloni debba smarcarsi dall’accusa di esserne la mascotte – insulto che solo Fini poteva partorire – ma perché investire sulla nostra elaborazione può permetterci di esercitare un’egemonia su quest’area, che resta il campo nel quale dobbiamo condurre la nostra battaglia politica. Il recinto che indica Gianfranco Fini, invece, non solo è quello che ha condotto la destra a disperdersi e ad essere residuale, ma è il terreno occupato stabilmente da Matteo Renzi, sempre più epigono ed erede del berlusconismo. Ripartiamo da qui, allora. Ripartiamo dal patrimonio di idee, progetti, intuizioni che è nella nostra storia. Ricominciamo a tessere la trama di un disegno politico capace anche di influenzare e condizionare lo stesso Salvini. Ripartiamo dai contenuti prima ancora che dal leader. È la grande scommessa a cui siamo chiamati.

*Capogruppo Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale al Comune di Foggia e componente dell’Assemblea nazionale di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale

Giuseppe Mainiero*

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